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11/09/2015

Ugo Boghetta (Prc): “L’Ue è irriformabile, Syriza ha sbagliato”

Incontriamo il compagno Ugo Boghetta, membro del Comitato Politico Nazionale del PRC, per una chiacchierata a proposito delle conseguenze  politiche – in Europa ma, soprattutto in Italia – della recente vicenda greca e dei suoi esiti complessivi.

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RdC: Abbiamo letto il tuo intervento in merito alla discussione tenutosi nella direzione nazionale del partito dove muovi delle critiche all’operato del governo greco, in relazione a come ha gestito la cosiddetta trattativa con la troika fino alla stipula del pesante Terzo Memorandum, ed alle modalità con cui il tuo partito ha affrontato questo dibattito che, come è noto, non è un mero passaggio ordinario della crisi greca e degli assetti dell’Unione Europea.

Puoi riassumerci il senso delle tue critiche e se queste sono state recepite o, almeno, poste alla discussione?


La vicenda greca è la verifica che l'Unione Europea è irriformabile. Non si può giustificare Tsipras affermando che i rapporti di forza erano sfavorevoli, che la Grecia è un paese piccolo e che non ci sono stati movimenti consistenti a sostegno. Questi erano dati noti. Per questo motivo si doveva predisporre un piano B: l'uscita dall'Unione e dall'euro. Questa transizione sarebbe stata proprio consentita dal risultato referendario. L'altro aspetto inaccettabile è che Tsipras è andato contro i deliberati congressuali, il programma elettorale, la democrazia interna ed ha sfasciato il partito.

Per quanto riguarda il PRC, giustificare Tsipras significa uscire dalla linea definita congressualmente che certo non prevede la cogestione delle politiche europee e della troika. E prepara una svolta moderata. Su ciò il dibattito è aperto. Ci sarà un Comitato Politico Nazionale nelle prossime settimane. Poiché si tratta di questioni di fondo – Costituente di Sinistra inclusa – è necessario, un dibattito approfondito, ed un congresso a breve. Infatti non serve più un piano B. Serve un piano A.

RdC: Da tempo la Rete dei Comunisti – sulla base di un’analisi che interpreta l’Unione Europea, l’Euro e l’insieme dei dispositivi politici, giuridici e militari che costituiscono questo blocco come un vero e proprio polo imperialista nell’ambito di un’accentuata competizione globale internazionale – avanza la necessità politica della rottura dell’UE. Quest’analisi è, anche alla luce del corso della crisi e dei recenti avvenimenti nei vari paesi, nettamente antitetica con quanti alludono alla possibilità di costruire un’improbabile “Europa sociale”. Inoltre, sul versante delle proposte politiche, la RdC, assieme ad altre organizzazioni politiche e sociali, prospetta l’obiettivo della costruzione di un’ALBA Euro/Mediterranea tra i paesi della zona Pigs come primo atto di un processo di emancipazione e nuova cooperazione solidale tra i popoli ed i paesi più colpiti dall’azione della borghesia continentale europea.

Puoi precisarci il tuo punto di vista in merito e se ritieni che occorra dar vita ad un vero e proprio movimento politico e sociale che possa farsi carico di una mobilitazione contro l’Unione Europea?

Certo, il problema è la rottura dell'Unione e non solo la modifica delle politiche di austerità. Ma su questo sono d'accordo in molti. Il problema è come e per andare dove. Si rimane, ad esempio, dentro la logica della costruzione di uno stato federale: il superstato europeo, oppure si è per un altro assetto istituzionale? Penso sia necessario pensare ad un modello alternativo agli Stati Uniti d'Europa. Si tratta, infatti, di mettere insieme i popoli proprio a partire dalle diversità storiche e sociali. Le proposte possono essere varie: confederale, se si rimane sul piano dell'Europa in generale, oppure quella mediterranea ponte fra il Nord Africa, il Medio Oriente e la stessa Russia.

Tuttavia l'aspetto principale riguarda la capacità di agire nei propri paesi, comprenderne le tensioni, le propensioni, le esigenze. La rottura dell'Unione, infatti, può realisticamente avvenire da rotture “locali”. Anche questo ci dice la vicenda greca. L'Italia, in questo senso, è un terreno potenzialmente fertile poiché in fase di grave declino complessivo.

L'esempio da seguire è l'America Latina, dove obiettivi e riflessioni comuni si accompagnano a processi politici e sociali diversi nelle varie realtà. E l'America Latina, con l'eccezione del Brasile, ha in comune la stessa lingua, la stessa nazione colonizzatrice, e una storia “breve” rispetto all'Europa.

Rdc: Nel dibattito della sinistra italiana, anche in seguito all’oggettivo inasprirsi dell’azione antisociale del governo Renzi, emergono periodicamente proposte di “nuovi soggetti politici”. La discussione che accompagna questi tentativi – che ci appaiono, francamente, come una sorta di Sinistra Arcobaleno 2.0 – sconta grandi deficit non solo di analisi teorica e politica sulle varie questioni ma, soprattutto, è priva degli indispensabili coefficienti di autonomia ed indipendenza che dovrebbero caratterizzare una formazione anticapitalista. Inoltre, da quel che intravediamo, sembra che ai comunisti, ben che vada, sia concesso un miserevole ambito di nicchia pseudo/culturale smarrendo ogni necessaria funzione di soggettività organizzata.

Come ti collochi nei confronti di questo che sembra essere un processo già in atto, fuori e dentro il PRC, e che punta già ad essere presente alle prossime elezioni amministrative tra qualche mese?


Le questioni poste sono molto diverse e bisogna affrontarle in modo differenziato. Se prima dei fatti di Atene poteva anche essere tollerata una generica unità della sinistra elettoralmente autonoma dal PD, ora questo non è più ammissibile: la linea politica, è discriminante. Costruire una sinistra qualsiasi interna all'unionismo è inutile: Fassina dixit. Se poi pensiamo che alcuni ripropongono ancora il rapporto elettorale col PD, questa diventa addirittura negativa. Ciò che si profila è una forza oggettivamente e soggettivamente di centrosinistra in quanto incapace di pensare ad un'altra Europa, incartata dal tabù dell'Euro come se fosse questo ad unire, e di staccarsi anche elettoralmente dal PD. Un soggetto che si autodefinisce di sinistra ma incapace, per collocazione, contenuti, linguaggio, di parlare ai lavoratori e al popolo italiano.

Ma criticare non basta. Non serve più. Chi è per l'alternativa deve formulare proposte o, almeno, impostare la ricerca della soluzione. Rimangono due temi. Il soggetto dell'obiettivo di fase ed i comunisti.

Il soggetto politico non può essere un obiettivo in sé; deve essere pensato per il raggiungimento dell'obiettivo di fase. Se l'obiettivo è la rottura dell'Unione e dell'Euro, questo soggetto deve essere il più largo possibile e qualificato almeno in termini antiliberisti. Ciò è necessario per chi pensa che l'uscita dall'Unione/Euro sia la condizione non la soluzione in sé. Si può ipotizzare, ad esempio, un Fronte di ampiezza Costituzionale. La forma di questo Fronte è tutta da indagare ed approfondire. Così è per il blocco sociale e storico. In questo quadro va ripensata anche la questione elettorale.

L'asticella è a questa altezza. Si supera o si è squalificati.

Il problema dei comunisti, a mio modo di vedere, è in parte simile a quello della sinistra. Anche noi rischiamo l'autoreferenzialità nominale: siamo comunisti e questo basta. La questione principale, invece, è quello di pensare la rivoluzione in occidente, la transizione al socialismo. Problema enorme. Ma come si può essere comunisti se non sappiamo proporre e far vivere l'alternativa alla crisi del sistema capitalista oggi e in Europa, e se questa alternativa non la nominiamo come socialismo?! Tutto ciò rende deboli noi e le critiche alla sinistra.

Il ruolo dei comunisti può ritornare ad essere importante se sappiamo dotarci di un progetto all'altezza delle contraddizioni. Il socialismo è il nostro marchio di fabbrica: base del radicamento nel proprio paese e di un effettivo internazionalismo. Il compito dei comunisti è dunque doppio. Da una parte alimentare la rottura dell'Europa dove possibile. E dentro questa azione far cresce la proposta della transizione al socialismo. Traguardo rispetto a cui misurare ogni passo parziale. Altrimenti tutto è opinabile.

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