L'Istat pubblica i dati sull'andamento dell'occupazione e subito i media di regime cercano il numero o la frase che possa giustificare “l'ottimismo” del governo. Stamattina hanno dovuto faticare un po' più del solito, perché il dato è a prima vista inspiegabile.
A settembre 2015, infatti, la stima degli occupati diminuisce dello 0,2% (-36 mila), equamente ripartita tra dipendenti (-26 mila) e indipendenti (-10 mila). Il tasso di occupazione perciò diminuisce di 0,1 punti percentuali, arrivando al 56,5%.
Al tempo stesso, però, la stima dei disoccupati a settembre diminuisce dell'1,1% (-35 mila). E quindi il tasso di disoccupazione, pari all'11,8%, cala di 0,1 punti percentuali, proseguendo il calo di luglio (-0,5 punti) e agosto (-0,1 punti).
Domanda: com'è possibile che diminuiscano contemporaneamente si gli occupati che i disoccupati?
Bisogna inevitabilmente addentrarsi nei segreti e nei paradossi della statistica applicata alle popolazioni, là dove gli strumenti di rilevazione hanno a che fare non con “cose” inanimate, ma con persone in carne e ossa, dai comportamenti dunque non altrettanto seriali e scontati.
Buona parte del mistero è risolta dal dato sui cosiddetti inattivi. La stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni aumenta nell'ultimo mese dello 0,4% (+53 mila persone inattive). Il tasso di inattività, è quindi pari al 35,8%, in aumento di 0,2 punti percentuali.
Significa che è aumentato il numero di quanti non lavorano ma non si sono neanche iscritti ai Centri per l'impiego, e dunque sfuggono alla rilevazione statistica. La differenza tra ambiti considerati, dunque, è fonte di apparenti paradossi abbastanza facili da spiegare, ma ancora più facili da “comunicare”. Basta enfatizzare uno dei tre dati – e il governo preferisce ovviamente la diminuzione dei disoccupati ufficiali, quelli registrati – e il gioco è fatto.
Chi vuol capire davvero cosa sta succedendo, invece, deve tener conto di tutti e tre. E quindi: meno occupati, meno disoccupati uguale più inattivi (ovvero disoccupati non rilevati). Ne deriva che la politica economica del governo non è per nulla efficace nel far calare la disoccupazione reale, e le ragioni sono decine (basta rileggere le considerazioni di Pierluigi Ciocca).
La conferma arriva dall'analisi ristretta alla sola disoccupazione giovanile. Il tasso di disoccupazione qui scende al 40,5%, in calo di 0,2 punti percentuali da agosto. In un mese ci sono 14 mila ragazzi tra i 15 e i 24 anni in meno che cercano un'occupazione. Hanno trovato lavoro? Non tutti, anzi pochissimi. A fronte di questo "miglioramento", c'è infatti anche un calo degli occupati (11 mila) dovuto all'aumento degli inattivi.
Come volevasi dimostrare.
Il rapporto completo dell'Istat.
Le serie storiche.
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