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02/04/2016

Iraq - Rimpasto di governo, il parlamento si spacca

Il rimpasto di governo in Iraq promesso dal premier al-Abadi e chiesto da parte dei partiti politici del paese è stato realizzato. Il parlamento è chiamato entro sabato prossimo a votare o meno la fiducia o a proporre cambiamenti dei candidati ministri. Tra loro un ministro che piace molto all’Occidente e alle istituzioni finanziarie: Ali Allawi, sciita educato negli Stati Uniti, è stato nominato ministro delle Finanze, facendo felice così il Fondo Monetario Internazionale che ha in ballo un consistente prestito da 15 miliardi di dollari alle casse irachene.

Le pressioni sul primo ministro si erano fatte molto più forti nel corso delle ultime settimane, soprattutto da parte del blocco sadrista al-Ahrar che con sit-in e proteste ha chiesto la formazione di un nuovo esecutivo di tecnici, incaricato di portare avanti le riforme anti-corruzione che da agosto languono in parlamento.

La lista presentata da al-Abadi è composta da 16 ministri, 6 in meno del precedente governo. Tranne i titolari di Interni e Difesa, gli altri cambiano tutti. C’è chi plaude e chi oppone resistenza. Il religioso sciita Moqtada al-Sadr ha interrotto il sit-in nella Zona Verde di Baghdad dopo aver ottenuto quanto richiesto, definito il rimpasto “coraggioso” e promesso di votare sì alla fiducia. Una vittoria significativa quella incassata dal movimento sadrista che, nonostante una presenza limitata in parlamento (34 seggi su 328), fuori gode di un consenso sempre più ampio, dimostrato dalla partecipazione alle manifestazioni di protesta cominciate a febbraio e dall’autorità crescente ricoperta dalle Brigate dalla Pace. Di certo il ruolo sempre più radicato del religioso modifica almeno in parte gli equilibri interni, spostando l’asse della bilancia un po’ più lontano dall’Iran, che sta nella pratica gestendo le operazioni militari in corso nel paese.

Ma simili reazioni non sono giunte dal resto dello spettro politico iracheno che teme di perdere l’influenza e l’autorità guadagnata con politiche clientelari e corruzione. Tra i contrari ci sono i partiti kurdi che nei giorni scorsi avevano posto come precondizione alla fiducia almeno il 20% dei ministeri di Baghdad. Al-Abadi ha scelto proprio un kurdo, il geologo Nzar Saleem Numan, come ministro del Petrolio, un posto chiave soprattutto alla luce delle rotture tra Erbil e Baghdad in merito alla vendita del greggio all’estero e al conseguente blocco dei trasferimenti del budget nazionale. Eppure Numan ha rifiutato attribuendone la ragione “all’attuale situazione politica nel paese”: “Non c’è un ampio accordo politico sulla formazione del nuovo gabinetto iracheno”, ha commentato, riferimento chiaro alla contrarietà dei partiti kurdi in parlamento.

La strada resta in salita, danneggiando ulteriormente gli sforzi militari anti-Isis di Baghdad, troppo divisa per riuscire a rispondere con forza alle sfide che si presentano. A partire dalla ripresa di Mosul e dalla lotta alla corruzione.

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