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17/06/2016

Tesi di laurea sui No Tav, antropologa condannata

Una tesi di laurea sulle iniziative e le lotte del movimento No Tav è costata due mesi di reclusione (con la condizionale) ad una studentessa dell’università Ca’ Foscari di Venezia.

Mercoledì scorso il tribunale di Torino ha infatti dichiarato la tesista colpevole di concorso morale in alcuni dei reati contestati agli attivisti valsusini.

Con le stesse accuse era imputata anche una ricercatrice di sociologia all’università della Calabria che però è stata fortunatamente assolta.

I fatti contestati si riferiscono in particolare ad una manifestazione realizzata nell’estate del 2013 in località Saltbertrand (Torino). La manifestazione cominciò con un volantinaggio e poi gli attivisti presero di mira la sede di Itinera, una delle ditte che fornivano materiali per il cantiere/fortino dell’Alta Velocità: un camion fu bloccato, furono tracciate alcune scritte con lo spray.

L’avvocato della ragazza, Valentina Colletta, aveva chiesto il rito abbreviato con l’obiettivo di uscire subito dal processo, anche perché la sua cliente era lì soltanto per motivi di studio: la tesi in antropologia, d’altra parte, prevede una certa quantità di lavoro da svolgere sul campo, la cosiddetta ‘osservazione partecipante’.

Incredibile la risposta del pm Antonio Rinaudo: l’uso della prima persona plurale utilizzata per raccontare i fatti nella tesi sarebbe la prova del concorso morale con gli attivisti No Tav, il che renderebbe la studentessa responsabile penalmente. Una scelta stilistica che diventa motivo di condanna, e la cosa ancora più incredibile è che la procura per lei aveva chiesto ben nove mesi di reclusione.

I due mesi comminati alla fine del procedimento sono da leggere come un fatto puramente simbolico: basta scrivere una tesi per andare a sbattere sulla giustizia: «L’uso del noi era un espediente narrativo – ha detto l’avvocato Colletta –, è assurdo che la ragazza sia stata condannata sulla base di questa osservazione. Anche perché i filmati dimostrano che entrambe le ricercatrici hanno sempre avuto un atteggiamento defilato rispetto alla manifestazione».

Una situazione simile a quella del giornalista di Agora Vox Davide Falcioni, anche lui sotto processo per essere andato a documentare una manifestazione del movimento valsusino che si oppone alla devastazione del territorio interessato dalla costosissima quanto inutile e dannosa ‘grande opera’.

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