Come si sa, gran parte della sinistra non ama affatto il M5s al quale non risparmia le critiche più velenose.
Capiamoci: quando parlo di sinistra non
parlo certo del Pd che è un partito a destra di Forza Italia, parlo di
quel che rimane di Rifondazione, Sel eccetera o dei militanti di base
del Pd che pensano di stare in un partito di sinistra.
In genere, si tratta di critiche su
questo o quell’aspetto della politica del M5 a torto o a ragione
ritenuto sbagliato, per giungere alla conclusione di un giudizio
negativo sul fenomeno M5s in quanto tale e qualcuno giunge a definirlo
movimento “di destra” o di “estrema destra”. Siamo sicuri che sia l’atteggiamento giusto?
Non credo che mi si possa accusare di eccessiva indulgenza verso il M5s
al quale non nego critiche molto nette (come per l’atteggiamento verso
gli immigrati) e, per chi non mi segue regolarmente, basti scorrere gli articoli e la categoria dedicata proprio al M5s su questo sito per convincersene.
Anzi, mi dicono di molti malumori nel M5s, soprattutto nel gruppo
parlamentare, perché mi si rimproverano troppi “attacchi” (sbagliano
anche loro a ritenerli attacchi, ma di questo parlerò in altro pezzo).
Dunque, non ho nessuna difficoltà a
riconoscere la gran quantità di errori, sciocchezze, ritardi, omissioni
che il M5s va facendo e, pertanto, molti dei rilievi che gli vengono
mossi li condivido. Quello su cui non siamo d’accordo è il giudizio
complessivo e vi invito a riflettere con serenità (se vi riesce) su
alcuni dati di fatto.
Il caso del M5s è unico in Occidente
dove il protrarsi della crisi ha delegittimato i tradizionali assetti
di potere e prodotto una violenta ondata populista contro il fallimento
delle èlites tecnocratiche.
Quasi dappertutto questa ondata ha
assunto una decisa coloritura di destra, anche se non dichiaratamente
fascista, salvo parziali eccezioni di Syriza in Grecia, Podemos in
Spagna (che però viaggia su percentuali abbastanza modeste) e forse
Portogallo (dove si profila una imitazione un po’ più pallida di
Podemos) e, appunto, il M5s in Italia. Nel complesso, il M5s è l’unico
ad avere una percentuale così elevata che dura nel tempo (salvo il
particolare caso di Syriza di cui parleremo a parte).
Il M5s si differenzia tanto dai movimento di destra come il Fn, Alternative fur Deutschland (su cui segnalo il recentissimo articolo di Elia Rosati dopo le elezioni dei giorni scorsi),
l’Ukip, i Veri finlandesi e anche Trump, ecc, quanto da quelli più di
sinistra cui abbiamo fatto cenno (Syriza e Podemos), non tanto perché si
proclama “né di destra né di sinistra” ma perché realmente, sia nel suo
programma politico, quanto nella composizione del suo elettorato,
convivono elementi tanto di sinistra quanto di destra.
Sotto il profilo programmatico,
posizioni apertamente neo liberiste si affiancano ad una schietta
ostilità verso i poteri finanziari, sulla questione dell’immigrazione il
movimento è spaccato fra un atteggiamento “chiuso” che prevale nel
gruppo parlamentare, con l’appoggio tanto di Beppe Grillo quanto (sinché
è vissuto) di Gianroberto Casaleggio, e quello “aperto” della base che
nella consultazioni on line ha costantemente espresso un orientamento
più aperto.
In politica estera il M5s
ha posizioni ostili alle tesi americane su questioni come gli F35, il
Muos o il Ttip, ma non è favorevole all’uscita dalla Nato, a volte
manifesta interessa per i Brics, ma nel parlamento europeo è insieme
all’Ukip, e così via. In qualche modo è il riflesso della composizione
del suo elettorato che ha una zolla maggioritaria di provenienza di
sinistra (Rifondazione, Sel, Pd), una zolla meno consistente ma non
irrilevante di provenienza leghista ed una terza che ingloba quasi per
intero l’ex elettorato dell’Idv dove, a sua volta, confluivano ex
elettori Pd-Rifondazione con ex elettori di An e Lega.
Questo induce la direzione del
movimento a scansare ogni identificazione con uno dei due poli, per non
perdere i consensi sull’altro versante, e, conseguentemente, il M5s
rifiuta di essere di destra o di sinistra perché si propone come
“Partito di tutto il popolo”. Questa retorica “Popolare” ha
l’ulteriore corollario in una centralità esclusiva del movimento, che
rifiuta ogni alleanza, proprio per evitare di essere identificato con
questo o quello schieramento.
In questo, il M5s ha una certa
specularità con il “Partito della Nazione” di Renzi (che pure teorizza
l’esclusiva centralità del suo partito), ma con l’importante differenza
di proporsi come partito di “alternativa di sistema” (quel che è
espresso in particolare in tema di europeismo e moneta unica), per cui potremmo definirlo paradossalmente come “antipartito della Nazione”,
sia nel senso di partito che propone una idea opposta di popolo e
nazione a quella renziana, sia come soggetto politico che rifiuta la
forma organizzativa partitica in favore di quella di movimento non
formalizzato e non gerarchizzato (per lo meno nelle proclamazioni).
Dunque, pur se in un continuo sovrapporsi di posizioni contrastanti, sembra difficile sostenere che il M5s sia un movimento di destra,
anzi, nel complesso, prevalgono atteggiamenti di sinistra. Basti fare
una verifica empirica: contate le battaglie del M5s comuni a quelle del
gruppo di Sel-Si (riforma bankitalia, “buona scuola”, art. 18, jobs act,
riforma elettorale, riforma costituzionale, decreto salvabanche, leggi
annuali di stabilità, Muos, F35, grandi opere, Ttip ecc.) e constaterete
sono molte di più rispetto a quelle che vedono opposti i due gruppi
parlamentari (ad esempio sull’immigrazione). Diverse di queste battaglie
sono condivise anche dalla Lega, ma in un numero decisamente minore di
casi e con motivazioni diverse. Peraltro vorremmo ricordare che il
principale fondamento ideologico del M5s è la democrazia diretta che non
ci risulta essere mai stata una idea di destra.
Poi bisogna ragionare su
un’altra cosa: le aperture che la nascita del M5s ha prodotto nella
situazione politica italiana, nella quale c’è stato un “prima del
febbraio 2013” ed un “dopo febbraio 2013” con uno spartiacque
definitivo.
Ricordate il duopolio Berlusconi-Pd?
Sembra sia passata un’era, ma sono solo tre anni: tutti ormai
riconoscono il ruolo politico del web, il sistema è ormai articolato in
tre aree elettorali, nonostante persista una assurda legge elettorale
maggioritaria che dovrebbe indurre ad un sistema bipolare, anche gli
altri partiti hanno iniziato ad adottare forme di comunicazione e
linguaggi furtivamente ripresi dal nuovo venuto.
Basti ricordare la serie di ricadute a
catena di quelle elezioni che segnarono il tramonto dell’egemonia
bipolare: il nuovo biennio di Napolitano, il governo Letta e l’intesa
fra Pd e Berlusconi, poi l’ascesa di Renzi ed il patto del Nazareno, con
il conseguente declino inarrestabile del Cavaliere, l’imprevedibile
elezione di Mattarella, il fallimento del centro di Monti e lo
scioglimento del centro, con la trasformazione della geografia
elettorale sia nelle europee che poi nelle regionali dell’anno dopo,
eccetera eccetera.
Tutte conseguenze dirette o di secondo
grado di quel terremoto elettorale che Casaleggio aveva innescato. E non
mi pare che, da un punto di vista di sinistra, queste siano state
novità negative.
Non so (e nessuno può saperlo) cosa sarà del M5s in futuro,
anche se, almeno per ora, sondaggi ed elezioni parziali confermano che
si tratti di una “zolla stabile” del sistema, attestata bel oltre il 20%
nelle elezioni politiche. Può anche darsi che nel medio periodo il
movimento cambi natura, cresca, vada al governo o, al contrario, resti
all’opposizione o magari si divida dando vita a forze politiche diverse o
persino si dissolva. Tutto può darsi, ma sin da ora risulta
inimmaginabile il ritorno al vecchio schema bipolare.
Un vecchio uomo di palazzo come Casini, un paio di anni fa, disse: “abbiamo tentato per anni di fare il terzo polo, ora lo ha fatto Grillo”.
D’altro canto, quel che sarà o non sarà il M5s dipenderà anche dalla
capacità degli altri di dare risposte ai problemi che si pongono.
E’ difficile dire se questo calderone
ribollente riuscirà a unificare tutto in una cultura politica originale o
magari si dividerà in più soggetti, o se riemergeranno le soggettività
precedenti, pur contaminate fra loro. Ma su una cosa si può
essere ragionevolmente sicuri: il M5s avrà ragione di esistere sinché si
manterrà forza alternativa al sistema. Vice versa, se dovesse
trasformarsi in un ennesimo partito di sistema, segnato solo da una
sempre più sbiadita retorica dell’onestà, si avvierebbe lungo un assai
breve viale del tramonto.
Quanto ai motivi di tanto
rancore della sinistra verso il M5s, ne scriverò in altra occasione, per
ora mi limito ad osservare che in tutto questo c’è il forte sentore di
un complesso di inferiorità che merita d’essere analizzato. Ne parliamo?
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