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07/09/2016

La sinistra, il M5s ed il sistema politico: ringraziate il cielo che c’è

Come si sa, gran parte della sinistra non ama affatto il M5s al quale non risparmia le critiche più velenose.

Capiamoci: quando parlo di sinistra non parlo certo del Pd che è un partito a destra di Forza Italia, parlo di quel che rimane di Rifondazione, Sel eccetera o dei militanti di base del Pd che pensano di stare in un partito di sinistra.

In genere, si tratta di critiche su questo o quell’aspetto della politica del M5 a torto o a ragione ritenuto sbagliato, per giungere alla conclusione di un giudizio negativo sul fenomeno M5s in quanto tale e qualcuno giunge a definirlo movimento “di destra” o di “estrema destra”. Siamo sicuri che sia l’atteggiamento giusto?

Non credo che mi si possa accusare di eccessiva indulgenza verso il M5s al quale non nego critiche molto nette (come per l’atteggiamento verso gli immigrati) e, per chi non mi segue regolarmente, basti scorrere gli articoli e la categoria dedicata proprio al M5s su questo sito per convincersene. Anzi, mi dicono di molti malumori nel M5s, soprattutto nel gruppo parlamentare, perché mi si rimproverano troppi “attacchi” (sbagliano anche loro a ritenerli attacchi, ma di questo parlerò in altro pezzo).

Dunque, non ho nessuna difficoltà a riconoscere la gran quantità di errori, sciocchezze, ritardi, omissioni che il M5s va facendo e, pertanto, molti dei rilievi che gli vengono mossi li condivido. Quello su cui non siamo d’accordo è il giudizio complessivo e vi invito a riflettere con serenità (se vi riesce) su alcuni dati di fatto.

Il caso del M5s è unico in Occidente dove il protrarsi della crisi ha delegittimato i tradizionali assetti di potere e prodotto una violenta ondata populista contro il fallimento delle èlites tecnocratiche.

Quasi dappertutto questa ondata ha assunto una decisa coloritura di destra, anche se non dichiaratamente fascista, salvo parziali eccezioni di Syriza in Grecia, Podemos in Spagna (che però viaggia su percentuali abbastanza modeste) e forse Portogallo (dove si profila una imitazione un po’ più pallida di Podemos) e, appunto, il M5s in Italia. Nel complesso, il M5s è l’unico ad avere una percentuale così elevata che dura nel tempo (salvo il particolare caso di Syriza di cui parleremo a parte).

Il M5s si differenzia tanto dai movimento di destra come il Fn, Alternative fur Deutschland (su cui segnalo il recentissimo articolo di Elia Rosati dopo le elezioni dei giorni scorsi), l’Ukip, i Veri finlandesi e anche Trump, ecc, quanto da quelli più  di sinistra cui abbiamo fatto cenno (Syriza e Podemos), non tanto perché si proclama “né di destra né di sinistra” ma perché realmente, sia nel suo programma politico, quanto nella composizione del suo elettorato, convivono elementi tanto di sinistra quanto di destra.

Sotto il profilo programmatico, posizioni apertamente neo liberiste si affiancano ad una schietta ostilità verso i poteri finanziari, sulla questione dell’immigrazione il movimento è spaccato fra un atteggiamento “chiuso” che prevale nel gruppo parlamentare, con l’appoggio tanto di Beppe Grillo quanto (sinché è vissuto) di Gianroberto Casaleggio, e quello “aperto” della base che nella consultazioni on line  ha costantemente espresso un orientamento più aperto.

In politica estera il M5s ha posizioni ostili alle tesi americane su questioni come gli F35, il Muos o il Ttip, ma non è favorevole all’uscita dalla Nato, a volte manifesta interessa per i Brics, ma nel parlamento europeo è insieme all’Ukip, e così via. In qualche modo è il riflesso della composizione del suo elettorato che ha una zolla maggioritaria di provenienza di sinistra (Rifondazione, Sel, Pd), una zolla meno consistente ma non irrilevante di provenienza leghista ed una terza che ingloba quasi per intero l’ex elettorato dell’Idv dove, a sua volta, confluivano ex elettori Pd-Rifondazione con ex elettori di An e Lega.

Questo induce la direzione del movimento a scansare ogni identificazione con uno dei due poli, per non perdere i consensi sull’altro versante, e, conseguentemente, il M5s rifiuta di essere di destra o di sinistra perché si propone come “Partito di tutto il popolo”. Questa retorica “Popolare” ha l’ulteriore corollario in una centralità esclusiva del movimento, che rifiuta ogni alleanza, proprio per evitare di essere identificato con questo o quello schieramento.

In questo, il M5s ha una certa specularità con il “Partito della Nazione” di Renzi (che pure teorizza l’esclusiva centralità del suo partito), ma con l’importante differenza di proporsi come partito di “alternativa di sistema” (quel che è espresso in particolare in tema di europeismo e moneta unica), per cui potremmo definirlo paradossalmente come “antipartito della Nazione”, sia nel senso di partito che propone una idea opposta di popolo e nazione a quella renziana, sia come soggetto politico che rifiuta la forma organizzativa partitica in favore di quella di movimento non formalizzato e non gerarchizzato (per lo meno nelle proclamazioni).

Dunque, pur se in un continuo sovrapporsi di posizioni contrastanti, sembra difficile sostenere che il M5s sia un movimento di destra, anzi, nel complesso, prevalgono atteggiamenti di sinistra. Basti fare una verifica empirica: contate le battaglie del M5s comuni a quelle del gruppo di Sel-Si (riforma bankitalia, “buona scuola”, art. 18, jobs act, riforma elettorale, riforma costituzionale, decreto salvabanche, leggi annuali di stabilità, Muos, F35, grandi opere, Ttip ecc.) e constaterete sono molte di più rispetto a quelle che vedono opposti i due gruppi parlamentari (ad esempio sull’immigrazione). Diverse di queste battaglie sono condivise anche dalla Lega, ma in un numero decisamente minore di casi e con motivazioni diverse. Peraltro vorremmo ricordare che il principale fondamento ideologico del M5s è la democrazia diretta che non ci risulta essere mai stata una idea di destra.

Poi bisogna ragionare su un’altra cosa: le aperture che la nascita del M5s ha prodotto nella situazione politica italiana, nella quale c’è stato un “prima del febbraio 2013” ed un “dopo febbraio 2013” con uno spartiacque definitivo.

Ricordate il duopolio Berlusconi-Pd? Sembra sia passata un’era, ma sono solo tre anni: tutti ormai riconoscono il ruolo politico del web, il sistema è ormai articolato in tre aree elettorali, nonostante persista una assurda legge elettorale maggioritaria che dovrebbe indurre ad un sistema bipolare, anche gli altri partiti hanno iniziato ad adottare forme di comunicazione e linguaggi furtivamente ripresi dal nuovo venuto.

Basti ricordare la serie di ricadute a catena di quelle elezioni che segnarono il tramonto dell’egemonia bipolare: il nuovo biennio di Napolitano, il governo Letta e l’intesa fra Pd e Berlusconi, poi l’ascesa di Renzi ed il patto del Nazareno, con il conseguente declino inarrestabile del Cavaliere, l’imprevedibile elezione di Mattarella, il fallimento del centro di Monti e lo scioglimento del centro, con la trasformazione della geografia elettorale sia nelle europee che poi nelle regionali dell’anno dopo, eccetera eccetera.

Tutte conseguenze dirette o di secondo grado di quel terremoto elettorale che Casaleggio aveva innescato. E non mi pare che, da un punto di vista di sinistra, queste siano state novità negative.
Non so (e nessuno può saperlo) cosa sarà del M5s in futuro, anche se, almeno per ora, sondaggi ed elezioni parziali confermano che si tratti di una “zolla stabile” del sistema, attestata bel oltre il 20% nelle elezioni politiche. Può anche darsi che nel medio periodo il movimento cambi natura, cresca, vada al governo o, al contrario, resti all’opposizione o magari si divida dando vita a forze politiche diverse o persino si dissolva. Tutto può darsi, ma sin da ora risulta inimmaginabile il ritorno al vecchio schema bipolare.

Un vecchio uomo di palazzo come Casini, un paio di anni fa, disse: “abbiamo tentato per anni di fare il terzo polo, ora lo ha fatto Grillo”. D’altro canto, quel che sarà o non sarà il M5s dipenderà anche dalla capacità degli altri di dare risposte ai problemi che si pongono.

E’ difficile dire se questo calderone ribollente riuscirà a unificare tutto in una cultura politica originale o magari si dividerà in più soggetti, o se riemergeranno le soggettività precedenti, pur contaminate fra loro. Ma su una cosa si può essere ragionevolmente sicuri: il M5s avrà ragione di esistere sinché si manterrà forza alternativa al sistema. Vice versa, se dovesse trasformarsi in un ennesimo partito di sistema, segnato solo da una sempre più sbiadita retorica dell’onestà, si avvierebbe lungo un assai breve viale del tramonto.

Quanto ai motivi di tanto rancore della sinistra verso il M5s, ne scriverò in altra occasione, per ora mi limito ad osservare che in tutto questo c’è il forte sentore di un complesso di inferiorità che merita d’essere analizzato. Ne parliamo?

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