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05/01/2017

L’Italia in deflazione

Questa è la premessa doverosa - Banche in paradiso, contribuenti all'inferno: salvate dallo Stato eludono il fisco

Dall’istituto di Siena a Intesa, da Unicredit a Mediolanum: ecco come i grandi gruppi del credito eludono il fisco italiano attraverso le loro controllate in Lussemburgo, a Bermuda e nelle Cayman. Ma quando le cose vanno male, lo Stato deve intervenire con miliardi di soldi pubblici

Segue la notizia: Italia in deflazione

Nel suo comunicato di oggi sui prezzi, l’ISTAT dice che il 2016 è stato per l’Italia il primo anno di deflazione dal 1959. Nell’anno appena terminato, in Italia i prezzi sono calati dello 0,1 per cento rispetto al 2015. Nel 1959 calarono dello 0,4 per cento rispetto all’anno precedente. Durante una deflazione i prezzi calano, in genere perché la domanda di beni e servizi è bassa: è un segno che l’economia è ancora debole (qui avevamo spiegato cosa significa). Altri paesi europei, come la Germania, hanno mostrato prezzi più dinamici, con l’inflazione che è cresciuta dello 0,5 per cento.

La deflazione è il contrario dell’inflazione: tecnicamente si verifica quando il tasso d’inflazione – cioè l’aumento dei prezzi – scende sotto lo 0 per cento. Sono anni che l’inflazione è bassa in tutta Europa, a causa della lenta ripresa dalla crisi economica. Nel 2016 la crescita è stata inferiore alle aspettative, e in molti esperti avevano previsto l’entrata di uno o più paesi europei in una situazione di deflazione vera e propria: la notizia, quindi, non è una grande sorpresa. Il compito di cercare di regolare l’inflazione spetta alla Banca Centrale Europea, che ha l’obiettivo di mantenerla intorno al 2 per cento, il valore considerato sano dagli economisti. Nonostante gli sforzi compiuti in questi anni, però, la BCE non è mai riuscita ad avvicinarsi a questo risultato (al punto che oggi si parla di utilizzare soluzioni molto creative dalle quali sarebbe ben diffidare considerate precedenti esperienze, ad esempio quelle riguardanti i subprime e dei prodotti derivati).

Alcune sommarie considerazioni.

Il processo deflattivo in corso, al di là delle percentuali, dimostra la debolezza strutturale dell’economia italiana e del suo apparato produttivo; sicuramente non affrontabile come ha fatto il precedente governo attraverso un coacervo di incentivi, agevolazioni, sviluppo di precarietà, voucher, tutele crescenti, tutti provvedimenti spostati da parte delle imprese senza che minimamente si sia almeno pensato di affrontare il tema decisivo che è quello di una politica industriale, di recupero di presenza nei settori strategici, di riequilibrio sul terreno di infrastrutture e di assetto del territorio, attraverso la ripresa del concetto di programmazione e di gestione pubblica (fondamentale in questo campo il mutamento d’asse nel settore bancario).

Un quadro complessivo che richiede un vero e proprio rovesciamento rispetto alla politica liberista ormai comune a tutti gli schieramenti politici in un Paese dove il numero dei poveri riconosciuti è ormai salito a 4 milioni: questione certo non affrontabile scegliendone 1/4 cui elargire 400 euro, proseguendo in una politica negative di mance e di carità.

Da aggiungere ancora, per descrivere lo stato di cose in atto, il tema dei migranti: dramma umano e politico che, In Italia, sembra rappresentare l’occasione di una gigantesca speculazione da parte di voraci cooperative e di altrettanto voraci “imprenditori” che stanno accumulando profitti esercitando un duplice livello di sfruttamento sulle persone in cerca di asilo e sui lavoratori addetti a far funzionare i lager nei quali i migranti si trovano rinchiusi.

Mentre si discute su ciò che, sul piano istituzionale, conviene a chi già detiene il potere e intende mantenerlo attraverso qualche astuzia formale la realtà è quella di un disastro che continua e che queste poche righe hanno cercato molto parzialmente di descrivere.

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