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19/03/2017

Come la sabbia promessa nel Sahel dei Mirage

Chi l’avrebbe mai detto. Navigavamo nell’oro senza saperlo. La sabbia promessa che cercavamo altrove ora è qui, poco lontano. Dopo che anche il monumento (di sabbia) ai migranti è tornato alla polvere tutto è come prima. I migranti si vendono bene alle frontiere e tutti ci guadagnano, meno loro. Confusi tra la sabbia dei camion e nelle stazioni di polizia possono consolarsi coi centri di accoglienza ideati, organizzati, gestiti e promossi dall’OIM.

L’Organizzazione Internazionale è quella delle Migrazioni che assomigliano a spogliazioni umanitarie ben concertate. Una sabbia invadente, costante, fedele e soprattutto promessa ai migliori acquirenti e commercianti. I droni sono quelli PREDATOR degli USA, ormai sorpassati da altri modelli, stazionati e funzionanti a seconda del vento e della polvere. Le Basi Militari e la lotta al terrorismo sono le risorse da proteggere. I Mirage Francesi sorvolano con noncuranza il cielo e lasciano dietro un fumo sottile che scende e si nasconde tra le dune.

Una sabbia promessa a cui non avevamo prestato attenzione. Facilita e rilancia le crisi alimentari, i progetti di sviluppo, le politiche contraccettive in città e soprattutto nei villaggi. Iniezioni gratuite per bloccare la fertilità delle contadine, una vera minaccia del sistema.Tre mesi di libertà dalla concezione all’insaputa dei mariti. Abbassare il tasso di fertilità dei poveri che si sa bene sono pericolosi. Le classi lasciate da parte o fortunate ostaggio umanitario. Magari qualcuno dei figli in arrivo potrebbe diventare un migrante, raggiungere la spiaggia di sabbia dall’altra parte e disturbare i turisti che hanno il diritto di godere del paesaggio marino.

La stessa si trova sulle strade di Niamey, la sabbia che dà lavoro agli spazzatori a contratto determinato ad ore di polvere. La sabbia usata per coprire con un pietoso manto i milioni di euro nascosti da un ministro su una banca di Dubai. L’altra sabbia, stavolta quella dell’uranio di Areva, la compagnia francese di sfruttamento (parola che è da prendere proprio così come suona).

La preziosa sabbia del Sahel è convertibile anche nelle valute locali. L’oro, le cipolle, le ONG, le frontiere, i progetti mai terminati, le conferenze sullo sviluppo, i corsi di aggiornamento e i piani quinquennali che puntano sulla resilienza delle popolazioni locali. Tutto è impastato di sabbia, come le parole e i quotidiani appelli alle preghiere, smarrite pure loro prima di attaccarsi al cielo. Le politiche europee di controllo insabbiate nelle illusorie promesse delle cancellerie che in Turchia hanno dato egregi risultati.

Un laboratorio annunciato per stare tranquilli e che i rifugiati si limitino, se hanno pazienza, ai corridoi umanitari quando ci sono. Una sabbia promessa ai migliori offerenti sul mercato dell’umanitario dei poveri che, a loro volta, cercano di ben giocare il loro ruolo di vittime prescelte e incoraggiate. Figuriamoci se non ci fosse tutta questa sabbia: bisognerebbe quanto prima inventarla. Sulle guide turistiche più aggiornate non se ne parla di certo in questi termini ma la sabbia è un affare.

I Mirage francesi si avvalgono dell’operazione Barkhane che, come una duna mobile, passa da un gruppo armato all’altro. Finita in fretta l’operazione Serval che nel vicino Mali ha facilitato alleanze sigillate dal nulla. Che poi sono quelle dei gruppi jihadisti che si moltiplicano e fanno sparire gli ostaggi nella sabbia. Non c’è più religione, adesso anche le donne fanno parte degli rapimenti, la sabbia trasforma gli usi e i costumi più ostinati. Solo il denaro rimane tra le sabbie mobili delle agenzie di notazione e la Goldman Sachs che sforna i discepoli dell’unica religione operante nel Sahel. La sabbia promessa racconta i segreti che i migranti si guardano bene dal confessare. Quel giorno il deserto scriverà un libro su pagine di sabbia.

Niamey, marzo 017

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