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10/07/2017

Usb: attaccano il lavoro e vogliono abolire il diritto di sciopero

Fattosi aprire la strada da una pletora di critiche feroci di partiti e giornali contro il diritto di sciopero e il sindacato, ora è lo stesso Renzi a dichiarare apertamente che è ora di farla finita con le “microsigle sindacali che bloccano i cittadini”.

Così come per la questione dell’accoglienza dei migranti, l’obiettivo è il facile consenso, la generalizzazione, la strumentalizzazione, fake news, come le chiamano ora, cioè false notizie che se ripetute all’infinito, sembrano diventare vere ai più disattenti.

Il dato sul quale si spinge l’acceleratore è il numero degli iscritti ai sindacati che indicono lo sciopero, ben sapendo che limitando la possibilità di indire uno sciopero soltanto a chi dichiara più iscritti (Cgil, Cisl e Uil), si eliminerebbe di fatto il diritto costituzionale dello sciopero.

Ma, a ben vedere, a Renzi si può facilmente controbattere con dati reali e non con parole al vento.

1. I dati degli iscritti applicati ai partiti

Italia: circa 61 milioni di abitanti. PD circa 450.000 iscritti pari allo 0,75% degli italiani. Se il dato che vale è quello dell’adesione diretta attraverso l’iscrizione, questo 0,75% è un numero sufficiente per guidare un Paese? E se è vero che messi tutti insieme gli iscritti ai partiti non raggiungono forse neanche l’1% del popolo italiano, di che cosa stiamo parlando?

Qualcuno dirà, “ma poi ci sono le elezioni”. E’ vero, ma tutti, se organizzati in partito o movimento, possono partecipare alle elezioni. A livello sindacale non è così. Non è così a livello aziendale e locale e soprattutto non è così a livello nazionale. Se si potesse votare a livello nazionale per un sindacato o per l’altro si otterrebbero ben altri risultati di quelli che emergono dal solo dato degli iscritti.

E comunque la legge elettorale che il PD e altre forze politiche volevano far passare avrebbe permesso a chi rappresenta meno del 20% di tutti gli elettori di guidare il paese. Questa è la democrazia che si invoca e non si pratica.

2. Gli iscritti ai sindacati

Renzi sa ma fa finta di non sapere che il numero degli iscritti a Cgil, Cisl e Uil, cioè quelli sui quali si fa affidamento per non scioperare e per far scomparire il conflitto sociale, derivano soprattutto da tre fattori che nulla hanno a che vedere con la reale rappresentanza del mondo del lavoro.

a. Il rapporto preferenziale con governi e aziende che li utilizzano nel migliore dei casi come notai per far passare tutte le richieste ed i peggioramenti normativi e salariali.

b. La concreta impossibilità di contarsi a livello nazionale e locale con regole certe, trasparenti e democratiche. In questa “sottrazione” di rappresentatività certe sigle sono apertamente e spudoratamente spalleggiate da Confindustria e forze politiche.

c. La maggioranza degli iscritti a questi sindacati sono pensionati che in gran parte continuano ad essere iscritti soltanto per usufruire di servizi fiscali, sconti e convenzioni. E non finisce qui: il sistema dei fondi pensione, degli enti bilaterali e del welfare aziendale, crea meccanismi automatici di consenso coatto e di evidente clientelismo.

La risposta a questi dati è chiara. La rappresentatività di un sindacato si misura non soltanto attraverso la quantificazione del numero degli iscritti ma soprattutto valutando la capacità di mobilitare i lavoratori, la reale aderenza alle aspettative del mondo del lavoro, la effettiva misurazione del rapporto di forze che si instaura con le controparti attraverso la contrattazione reale e la contrapposizione, anche attraverso lo sciopero.

A questo punto c’è da chiedersi: ”Chi difende il lavoro?”.

Chi rappresenta lavoratrici e lavoratori quando perdono il posto di lavoro, quando sono licenziati senza più neanche l’articolo 18?

Chi difende salari, pensioni, reddito e stato sociale in un paese dove si perde lavoro, dove la precarietà è diventata la “normalità”, dove il potere d’acquisto si riduce ogni giorno e la disoccupazione giovanile raggiunge il 40%?

Senza il diritto di sciopero, il mondo del lavoro sarebbe ancora più debole ed è questo l’obiettivo di tante forze politiche e delle forze padronali. E così, mentre il governo lega le mani a lavoratrici e lavoratori, le aziende potrebbero continuare a colpire senza alcun freno e a tramortire definitivamente qualsiasi aspirazione di cambiamento.

E’ ora di cominciare a costruire un grande movimento che riprenda parola e cominci da subito a farsi sentire, così come fatto per la difesa della costituzione che ha portato alla grande vittoria del Referendum del 4 dicembre dello scorso anno. Un movimento di popolo che difenda complessivamente il mondo del lavoro, la sua dignità, la sua possibilità di risposta rappresentata oggi anche dal reale esercizio del diritto costituzionale allo sciopero.

Il diritto di sciopero, è bene ricordarlo ancora una volta, è garantito dalla Costituzione che oggi viene nuovamente attaccata in uno dei suoi principi fondamentali. Quella italiana è la Costituzione di una repubblica fondata sul lavoro e quindi anche sul conflitto sociale e lo sciopero, che sono gli strumenti per difenderlo.

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