di Michele Giorgio il Manifesto
Hassan Rohani punta su un
«ruolo costruttivo» dell’Europa per accrescere l’isolamento di Donald
Trump. «Spero che tutti i Paesi membri dell’Ue giochino un ruolo
costruttivo per il mantenimento dell’accordo e approfittino delle
opportunità di collaborazione», ha detto ieri il presidente iraniano
tornando a commentare le parole di Donald Trump che non ha certificato
l’accordo sul programma nucleare iraniano.
Rompere l’intesa «equivale a mettere a repentaglio la sicurezza e la
stabilità della regione e del mondo. Auspichiamo che l’Unione Europea
impedisca mosse errate che pregiudichino la pace e la cooperazione
internazionale», ha spiegato il presidente iraniano.
Tehran è in allarme. Il passo americano non ha raccolto appoggi nel
Vecchio Continente ma Rohani sa che Trump ha aperto una breccia nella
corazza dell’accordo e che le nuove sanzioni contro l’Iran decise da
Washington presto potrebbero moltiplicarsi.
Non è da escludere inoltre l’adesione di altri Paesi a una
politica più rigida nei confronti della produzione militare
convenzionale dell’Iran, missili balistici in testa. Ne sono consapevoli
Israele e Arabia Saudita che, al contrario dell’Europa, hanno accolto
con grande favore la mossa anti-Iran dell’Amministrazione Usa.
«È stata una decisione coraggiosa di cui mi congratulo con il presidente
Trump», ha commentato venerdì sera Benyamin Netanyahu. La Casa Bianca,
dice il premier israeliano, ha creato un’opportunità vera per aggiustare
un «accordo cattivo». Gioisce anche l’Arabia Saudita che ha offerto
pieno appoggio a Trump di cui ha detto di apprezzare la «visione chiara»
e l’impegno a cooperare con gli alleati nella regione.
Sui riflessi per la popolarità di Rohani della mancata certificazione
dell’accordo da parte degli Usa e sulle contromosse diplomatiche di
Tehran, abbiamo intervistato Ali Hashem, esperto di Iran per la stazione
tv al Mayadeen e collaboratore del portale di informazione al Monitor.
L’Iran sceglie la prudenza dopo la decisione di Donald Trump di non certificare l’accordo del 2015.
Tehran si muove con cautela perché vuole proteggere un accordo
costato negoziati estenuanti e che ha permesso la fine delle sanzioni
internazionali e la ripresa delle relazioni economiche e politiche tra
l’Iran e il mondo. Rohani e il suo entourage sanno che rispondere con il
pugno di ferro al passo fatto da Trump significherebbe fare il gioco
dell’avversario e condannare a morte l’accordo. Per questo il presidente
iraniano ha ribadito la volontà del suo Paese di rispettare l’intesa e
ha lanciato segnali rassicuranti all’Ue.
Rohani vuole un ruolo costruttivo dell’Ue. Cosa chiede esattamente?
L’intervento immediato a difesa dell’accordo fatto dalla
rappresentante della politica estera dell’Ue, Federica Mogherini, è
stato molto importante e Tehran l’ha accolto con soddisfazione. I leader
iraniani però chiedono qualcosa di più di semplici dichiarazioni. In
sostanza si aspettano che i Paesi europei rafforzino le relazioni
economiche e politiche con Tehran, che facciamo passi concreti per
revocare le rimanenti sanzioni contro l’Iran e che prendano ancora più
apertamente le distanze da Trump.
Quanto la decisione di Trump rilancia l’opposizione a Rohani,
quella parte dell’establishment che non ha mai creduto agli Stati Uniti, neppure quando Barack Obama era al potere?
Trump ha fornito altre munizioni a chi in Iran non ha mai voluto e
creduto nell’accordo e la posizione di Rohani, che di quell’intesa è
stato uno degli artefici, si è fatta delicata. Le dichiarazioni di
Federica Mogherini sono state ossigeno puro per il presidente perché
hanno chiarito ai cittadini iraniani che l’Europa non sta tutta dalla
parte dell’Amministrazione Usa e che l’Occidente non vuol dire gli Stati Uniti. Ciò però non basta a rafforzare il presidente.
La firma nel 2015 dell’accordo aveva alimentato, sull’onda delle
promesse di Rohani, parecchio entusiasmo tra gli iraniani. La fine delle
sanzioni internazionali era stata presentata come l’inizio di una
ripresa economica vertiginosa. I programmi di sviluppo però sono stati
realizzati solo in parte e gli investimenti internazionali se da un lato
sono stati significativi dall’altro sono rimasti sotto le aspettative. E
ora l’accordo viene attaccato e gli Usa impongono nuove sanzioni.
Il siluro sganciato da Trump non avrà affondato Rohani ma l’ha messo
in una posizione decisamente più precaria, più difficile. E quando, come si
prevede nei prossimi mesi, gli Usa approveranno altre sanzioni e misure
punitive contro l’Iran, diventerà fondamentale il giudizio della Guida
Suprema Ali Khamenei. Il suo sostegno alla linea morbida di Rohani
potrebbe non essere più così scontato.
Nessun commento:
Posta un commento