Ghouta est sembra senza via di uscita. Ad ogni “buona” notizia
seguono scontri pesanti e l’evaporazione della speranza di una fine
dell’assedio. Ieri le Nazioni Unite avevano annunciato l’ingresso del
primo convoglio di aiuti, 46 camion con a bordo cibo e medicine per
27.500 civili, a cui ne dovrebbe seguire un secondo l’8 marzo.
Ma dopo aver denunciato confische da parte governativa – con Damasco
che ha smentito e la Russia che ha accusato le opposizioni di requisire
cibo e pass di uscita ai civili – il convoglio, che aveva
raggiunto la città di Douma, dopo nove ore trascorse all’interno e la
consegna di una parte degli aiuti, ha fatto marcia indietro in serata a
causa dei pesanti scontri che lo sovrastavano, tra bombe governative e missili e colpi di mortaio delle opposizioni islamiste.
Stamattina l’esercito russo ha offerto ai miliziani anti-Assad
l’evacuazione sicura dalla Ghouta orientale, un accordo sulla falsa riga
di altre intese siglate in passato e che hanno portato decine di
migliaia di islamisti verso la provincia nord-occidentale di Idlib. Il
ministero della Difesa russo ha offerto l’immunità e l’uscita sicura –
con famiglie e armi, a bordo di veicoli – alle migliaia di miliziani dal
sobborgo di Damasco, casa-prigione per 400mila civili. Non ci sono però
dettagli su quali gruppi sarebbero coinvolti, se tutti o solo
una parte: al momento sarebbero 20mila gli uomini presenti, tra le
milizie salafite di Ahrar al-Sham e Jaysh al-Islam, i qaedisti dell’ex
Fronte al-Nusra e islamisti legati all’Esercito Libero Siriano.
La proposta giunge mentre l’esercito governativo avanza dentro Ghouta
est. Avrebbe ripreso circa il 35% del sobborgo, tra cui due basi
militari. Dentro restano intrappolati centinaia di migliaia di civili,
sotto il fuoco incrociato. Secondo l’Osservatorio Siriano per i
diritti umani (organizzazione di base a Londra, dal 2011 parte del
fronte anti-Assad), sarebbero 780 le vittime dal 18 febbraio, un
bilancio calcolato sulla base delle fonti delle opposizioni. Ieri
sarebbero stati 68 i morti nell’enclave. Solo 2mila al momento i
civili fuggiti da Ghouta est, con i corridoi umanitari preposti dalla
Russia la scorsa settimana che restano quasi deserti.
Intanto a nord della Siria prosegue con tutta la sua brutalità la
campagna militare della Turchia contro il cantone curdo-siriano di
Afrin. Nel silenzio internazionale l’aviazione di Ankara continua i
bombardamenti, negli ultimi giorni concentrati sulla cittadina di
Jinderese. E ieri mattina si è registrato un altro massacro: i
jet turchi hanno colpito alcune case uccidendo 13 civili, di cui tre
bambini, facendo salire a quasi 200 il bilancio dei civili uccisi dal 20
gennaio, dal lancio dell’operazione “Ramo d’Ulivo”. In serata altri tre morti in raid turchi nel villaggio di Firêriye.
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