Continuiamo ad assistere da anni, anzi da decenni, ad una specie di delirio collettivo, che invece di quietarsi come succede prima o poi alle leggende metropolitane, cresce di anno in anno.
Si tratta delle bufale e della dietrologia sul sequestro di Aldo Moro. Sono ormai talmente tante e variegate, che ho in mente di raccoglierle ed analizzarle in un saggio. Ad oggi, il suo titolo sarebbe: “Aldomorologia, analisi di un delirio. Dal lago della Duchessa fino alle puttanate di Santoro.” Ma dovrò cercare un titolo più neutro, perché l’epidemiologia ci insegna che l’enorme bufala sparata giovedì da Santoro non sarà l’ultima.
Per chi – fortunato lui – non ha visto giovedì sera quel fescennino televisivo, in buona sostanza Santoro si inventa che Franco Piperno fece nel febbraio '78 un viaggio negli USA per “incontrarsi con la CIA e progettare il sequestro Moro”.
Si ride per non piangere: chi sa un minimo la storia, sa che Piperno aveva vinto una posizione come “visiting scientist” al MIT (una posizione non altrettanto degna dei quasi-soggiorni di studio di Conte, o della padronanza di Renzi della lingua inglese, ma accontentiamoci). Proprio a causa della recrudescenza repressiva conseguente al sequestro Moro, Piperno dovette rinunciare alla prestigiosa posizione. Piperno, poi, non aveva alcun ruolo nelle BR: soltanto più dei tardi epigoni sciocchi del generale Dalla Chiesa si convinsero che Autonomia Operaia e Potere Operaio c’entrassero qualche cosa con le BR.
La lista delle GMD (Grandi Minchiate Dietrologiche) sarebbe lunghissima. Ancora oggi è duro a morire il convincimento che Moretti fosse “un uomo dei servizi segreti”, le BR fossero eterodirette (da chiunque, si va dai servizi segreti italiani, a quelli israeliani, alla RAF, a quelli bulgari: finora nessuno ha messo di mezzo Putin, e me ne stupisco), in Via Fani ci fossero dei cecchini abilissimi e misteriosi, e via farneticando di questo passo.
Non sono bastate una mezza dozzina abbondante di Commissioni Parlamentari che hanno sostanzialmente contribuito all’industria della carta e dell’inchiostro. Non sono bastati saggi precisi fino quasi alla pedanteria (come ad esempio quello di Persichetti e coautori, e molti altri) che su quei 55 giorni ci hanno raccontato tutto il raccontabile, chiarendo ogni dubbio chiaribile a distanza di 40 anni: contando che anche i protagonisti e deuteragonisti di allora erano esseri umani, per cui certamente resterà ignoto cosa mangiarono a cena i custodi di Moro il 28 aprile del 1978, ed altri tenebrosi e importantissimi misteri.
Terminando di celiare, ho provato a trovare una ragione in questo delirio: che è delirio soltanto apparentemente. Provo a proporre la mia interpretazione.
Si sa che le BR passarono da richieste molto importanti per la liberazione di Moro (liberazione di 13 detenuti con pesanti condanne e imputazioni) fino – negli ultimi tempi – a richieste più miti: pare che sarebbe stata sufficiente un’apertura verso la liberazione di un solo detenuto, oltre ad un “riconoscimento implicito” delle BR come controparte, a impedire o perlomeno sospendere l’uccisione di Moro: quando si tratta, non si spara, disse appunto Moretti.
Il “fronte della fermezza” fu invece imperforabile. I democristiani – Andreotti in testa – dettero Moro per perduto, specialmente dopo le durissime lettere che egli scrisse ai suoi compagni di partito (si pensi alla requisitoria contro Taviani o le missive a Zaccagnini): un Moro libero sarebbe stato, per la DC, una vera mina vagante. Qui citiamo un’altra GMD: il Moro che scrisse quelle lettere “non era lui”, sicuramente era stato torturato fisicamente e psicologicamente dai suoi carcerieri, o addirittura drogato.
Sull’inesistenza di queste affermazioni si pronunciò persino Mario Sossi, sequestrato e liberato dalle BR quattro anni prima, e certamente noto per non essere un giudice con simpatie di sinistra.
In cauda venenum. Il “fronte della fermezza” ebbe i suoi alfieri più duri negli esponenti del PCI. Probabilmente, per riaccreditarsi completamente come “forza democratica” ed affidabile all’occidente in vista di un prossimo ingresso al governo, nulla c’era di meglio che dimostrarsi intransigenti, più realisti del re. Se il viaggio di Piperno nel febbraio '78 è una fola, realtà invece fu il viaggio di Giorgio Napolitano negli USA nell’aprile ‘78, durante i giorni del sequestro. Oltre a rendere omaggio in segreto a Gianni Agnelli, Napolitano riscosse vasto apprezzamento negli ambiente politici statunitensi: probabile che il placet – o perlomeno il nulla osta – degli Stati Uniti all’ingresso del PCI al governo comportasse come partita di giro l’intransigenza totale verso le BR, pazienza se giocata sulla pelle di Aldo Moro.
Se infatti nel PCI si reagì nei primi anni dicendo che le BR erano fascisti, in seguito si rifiutò – come li invitò con onesta perspicacia Rossana Rossanda – di guardare “nell’album di famiglia” del marxismo-leninismo per riconoscere nei volti di alcuni BR dei volti familiari.
Vengo quindi alla spiegazione dell’aldomorismo e dell’epidemiologia delle GMD. Vediamo infatti che ne sono particolarmente affetti gli esponenti della cosiddetta “sinistra”: per capire quanto sia questa definizione sedicente, ci basti ricordare che uno dei suoi migliori rappresentanti sia appunto Michele Santoro.
Tutto questo apparente delirio si spiega con un concetto psicologicamente semplice: si chiama cattiva coscienza. Una interpretazione di quanto successe in quei 55 giorni vede quindi il PCI pagare con la pelle di Moro la sua definitiva “redenzione” dalle sue origini rivoluzionarie: chi conosce la storia della Resistenza e della post-resistenza dei primi anni può comprendere di che si parla.
Sic stantibus rebus, risulta conveniente – per gli epigoni della “sinistra” aspirante al governo o per i suoi tardi epigoni di governo – soffiare più fumo e nebbia possibili su quei fatti e quei giorni, propagandare misteri e mezze rivelazioni. È un processo ben noto in psicologia: si chiama self deception o autoinganno. Se dietro il rapimento Moro ci sono forse la CIA e il Mossad e i servizi segreti, ben fecero allora i compagni del PCI a comportarsi con quella linea, no? Ad essere “nazionalmente solidali” coi democristiani.
Chi è responsabile dell’uccisione di Aldo Moro e della sua scorta lo si sa, al di là di ogni dubbio ragionevole. Hanno tutti pagato con il carcere. Alcuni sono tutt’ora soggetti a misure detentive, a cominciare da Mario Moretti (dal 1981...).
Questi, i fatti. A distanza di 40 anni, forse possiamo cominciare ad accogliere con ilarità il proliferare dell’Aldomorologia. Tanto, sperare che si possa finalmente considerare chiusa questa vicenda, abbiamo visto essere impossibile.
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