Anche la coperta delle rendite finanziarie è sempre più corta, a livello europeo, e dunque si è da tempo aperta una “lotta di classe” all’interno stesso del mondo dorato delle imprese finanziarie.
E il “nazionalismo”, che doveva essere sepolto dall’entrata a regime delle “regole europee”, è invece stato risuscitato proprio da quelle regole. Le quali, guarda caso, sono state scritte in modo da favorire alcuni aggregati finanziari contro altri in base anche alla “nazione“ di appartenenza.
A dirlo, da mesi, sono anche alcune testate economiche mainstream, che hanno proprio nel mondo degli affari sia gli azionisti che i lettori.
Oggi, per esempio, Milano Finanza dà conto dell’allarme di banche e assicurazione per il proposito (tedesco, ancora una volta) di imporre la “ponderazione di rischio” per i titoli di Stato. Che sono ovviamente “nazionali” perché emessi dai singoli Stati (non ci sono ancora, invece, gli “eurobond”, che avrebbero risolto almeno questo problema, ma tramite una “condivisione dei rischi” che Germania e Grande Nord rifiutano assolutamente).
Cos’è la “ponderazione dei rischi”? È una valutazione, arbitraria come ogni giudizio non di mercato, sulla “solidità” delle finanze pubbliche dei singoli paesi. Maggiore è la “sensazione di debolezza” che viene loro affibbiata, minore sarà il prezzo di quei titoli sul mercato e dunque più alto sarà il “premio” (gli interessi da pagare per “attirare investitori”).
Non serve un matematico di lungo corso per capire che così facendo i paesi meno forti (per ragioni molto diverse) vengono spinti verso il baratro. Perché se devono pagare interessi più alti aumenta in proporzione anche il loro debito pubblico, nonostante cerchino di ridurre la spesa statale tagliando pensioni, sanità, istruzione, welfare, o svendendo le aziende pubbliche.
L’altro punto, diciamo così, di “perplessità” per i finanzieri italiani, è che la pratica della “ponderazione” non esiste altrove. Spiega Maria Bianca Farina, presidente dell’Ania (l’associazione delle compagnie di assicurazione, un bel club di avvoltoi...): «la ponderazione peraltro non esiste in alcun Paese del mondo; né nel settore bancario né in quello assicurativo, e sulla quale sarebbe opportune interrompere ogni discussione».
Altro che Salvini o Meloni, insomma. Solo che la presidente Farina guarda non solo al MES (Meccanismo europeo di Stabilità, ormai vicino all’approvazione finale in sede governativa ed europea), ma anche al tavolo continentale in cui si va discutendo di Solvency II, sui requisiti di capitale delle compagnie di assicurazione.
Anche a quel tavolo, infatti, la Germania e i paesi del Grande Nord (Olanda, Finlandia, ecc.) chiedono di introdurre la “ponderazione del rischio” per i soli titoli di Stato, tacendo pudicamente sui “prodotti derivati illiquidi” – carta straccia pura – che invece intasano le proprie banche nazionali. A cominciare dal più grande zombie che circola per l’Europa: Deutsche Bank.
Perché è tanto devastante una ponderazione del rischio così asimmetrica? Per un motivo ovvio, se si conoscono i comportamenti dei “mercati”: un titolo più “rischioso” deve costare meno e rendere di più, dicevamo. E questo è un problema che riguarda sia lo Stato emittente i titoli, sia le istituzioni finanziarie che li acquistano. E in una condizione di stagnazione come l’attuale – in cui nulla sembra muoversi sul pelo dell’acqua mentre potenti “perturbazioni” si preparano nemmeno tanto in profondità – introdurre un differenziale automatico tra i vari titoli di Stato mette in moto meccanismo che nessuno può pensare di controllare.
Nel caso dell’Italia, insomma, il problema MES-Sovency II riguarda non solo le casse pubbliche, ma anche quelle di banche e assicurazioni. Nel momento in cui comincia – e comincerà certamente, se viene fatta la “ponderazione” che penalizza i titoli di Stato rispetto al resto degli “attivi” – la corsa alla vendita di quei titoli, quindi al loro deprezzamento, altrettanto avverrà per i bilanci di chi li possiede.
Qualcosa che oggi vale e si vende a 100 euro (il prezzo nominale di ogni titolo di Stato, di qualunque Stato) scenderà velocemente o lentamente a 95, 90, 85,80... e il patrimonio dei titolari (banche assicurazioni, correntisti che hanno acquistato Btp o Bot, ecc.) scenderà in proporzione.
Insomma, mentre lo Stato si indebita sempre di più (anche senza spendere di più per il resto!), chi ha comprato quei titoli si impoverisce. E al 70% i titoli di stato italiani sono posseduti da investitori “nazionali”. Il circolo vizioso diventa un vortice da maelstrom...
Unendo insomma MES e Solvency, Germania e Grande Nord dichiarano una guerra finanziaria dentro l’Unione Europea, esplicitamente contro l’Italia e i paesi in condizioni simili. L’obiettivo è conquistare il risparmio accumulato nelle istituzioni finanziarie “nazionali” (quello italiano è notoriamente altissimo, molto più di quello francese o tedesco, in proporzione) ed anche queste stesse istituzioni, a prezzi decisamente ribassati grazie a quei due nuovi “accordi internazionali”.
Questo spiega a sufficienza perché buona parte della borghesia italiana abbia trovato in Salvini, se non altro, un “guastatore” utile per rallentare la corsa verso il proprio baratro. Si illudono, certamente, ma dal loro punto di vista altro non passa, nel “mercato politico”.
Naturalmente, nessun lavoratore intelligente (o pensionato, studente, paziente della sanità pubblica, ecc.) può ricavare alcun beneficio dal supportare questa innaturale “rappresentanza politica”. Se non altro perché la “buona società finanziaria” italiana, messa nella scomoda posizione di diventare preda di avvoltoi più grandi, pensa sempre di “rifarsi” spolpando quanti sono posti più in basso nella piramide della ricchezza sociale.
Insomma: stanno già interrogandosi sul come farci pagare i loro annunciati fallimenti.
Questa è l’Unione Europea reale. Niente a che vedere con la retorica di Mattarella e le bandiere.
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