Per l’ex parlamentare Gero Grassi il sequestro Moro sta diventando
una vera iattura. L’ex membro della seconda commissione parlamentare
d’inchiesta sul rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, che ha chiuso i
battenti nella passata legislatura, è incappato in una nuova querela (vedi qui la prima).
A denunciarlo stavolta è stata la giornalista Birgit Kraatz,
corrispondente in Italia per oltre trent’anni delle più importanti
testate giornalistiche tedesche. Nella denuncia per «diffamazione
aggravata a mezzo stampa e internet» e per altri reati che la procura
potrebbe ulteriormente individuare, la giornalista contesta a Gero
Grassi di aver sostenuto in più occasioni la sua appartenenza al «gruppo
eversivo tedesco denominato 2 giugno, noto specialmente in Germania per
avere compiuto negli anni '70 atti di terrorismo», insinuando che nel
1978, quando la giornalista abitava a Roma, in Via Massimi 91, avrebbe
fiancheggiato «l’attività delle Brigate Rosse durante la prigionia
dell’onorevole Aldo Moro». Tale affermazione, precisa ulteriormente la
giornalista nella sua denuncia, viene poi ribadita da Grassi con ampio
risalto in alcune pagine del volume (pp. 143 e 159) «Aldo Moro la verità negata,
terza edizione, edito nel 2019 col patrocinio della Regione Puglia e
dell’Anci, da Pegaus Edizioni (scaricabile gratuitamente anche dal suo
sito: http://www.gerograssi.it),
nelle quali si riferisce la vicinanza della Kraatz «ai terroristi
tedeschi», la sua appartenenza al gruppo 2 giugno e si afferma che dalle
finestre della sua casa «Franco Piperno avrebbe da lì osservato i
movimenti di Moro e della sua scorta». Come se non bastasse, più avanti –
scrive sempre la giornalista – «sono stata descritta come membro della
Raf (organizzazione terroristica analoga alle Brigate rosse) avente
ruolo di probabile appoggio logistico nelle vicende relative al tragico
sequestro» (p.159 e 160).
Un racconto grossolanamente falso e
inverosimile, protesta la Kraatz che nella querela riassume la sua
esperienza lavorativa e di vita in Italia ricordando di essere arrivata
nel 1968 come corrispondente del settimanale Die Weltwoche; di aver successivamente lavorato per la Zdf (il secondo canale della televisione tedesca) e poi, nel 1976, di essere divenuta capo della redazione romana di Stern e dal 1980 fino al 1990 di aver assunto la stessa posizione per Der Spiegel. In seguito, racconta ancora la donna, «ho collaborato come corrispondente diplomatico per Rai 3
in occasione del processo politico di riunificazione tedesca,
effettuando varie interviste e reportage». Iscritta alla Spd dal 1974 –
come si può facilmente leggere nella biografia presente su Wikipedia – la
Kraatz di fatto ha curato i rapporti della socialdemocrazia tedesca
con la sinistra italiana, in modo particolare col Pci, intervistando nel
1976 lo stesso segretario nazionale Enrico Berlinguer (è citata persino
nella biografia scritta da Chiara Valentini). Ha pubblicato per Editori
riuniti un libro intervista col premier e capo della socialdemocrazia
tedesca fautore della Ostpolitik, Willy Brandt, Non siamo nati eroi.
Nel corso della sua carriera ha intervistato anche Helmut Schmidt, Theo
Waigel, Oskar Lafontaine. Per la sua attività lavorativa gli sono stati
riconosciuti alcuni premi giornalistici, come il Premiolino
nel 1974 e il Città di Roma. Insomma una professionista affermata e
molto conosciuta nei circoli della stampa e del mondo politico romano,
compagna di Lucio Magri con cui ha avuto una figlia nel 1974. Nella
denuncia, Birgit Kraatz precisa anche di «aver sempre abitato da sola in Via dei Massimi 91, con la figlia Jessica, all’epoca di 4 anni, e la
governante che accudiva la bambina quando era fuori per lavoro»,
sottolinea inoltre che all’epoca del sequestro Moro «non aveva alcun
rapporto sentimentale con il prof. Franco Piperno che aveva conosciuto
anni prima durante una intervista». Circostanza che aveva già riferito
ai consulenti della commissione presieduta da Giuseppe Fioroni, il
magistrato Guido Salvini e il tenente colonnello dei carabinieri Massimo
Giraudo, che l’avevano ascoltata in una caserma dei carabinieri il 20
febbraio 2017. Dichiarazioni riprese a pagina 261 del testo della terza
relazione della Commissione: «La stessa Kraatz ha ricordato la sua
relazione con il Piperno, ma ha escluso che si trattenesse nel
condominio».
L’impossibile difesa di Gero Grassi
In una intervista a Radio radicale del 22 ottobre scorso (ascolta qui),
Gero Grassi ha tentato una disperata difesa sostenendo di essersi
soltanto limitato a riportare quanto sostenuto nella terza relazione
della commissione, approvata dalla camera il 13 dicembre 2017 (in
commissione era passata col voto contrario di Fabio Lavagno ascolta qui la sua intervista)
e dunque di non avere colpa se quanto vi era sostenuto, sulla scorta
del lavoro prodotto dai suoi consulenti, non risponde al vero. Un
tentativo di trincerarsi dietro l’immunità che protegge i lavori della
commissione parlamentare. In realtà, le contestazioni mosse all’ex
parlamentare dalla signora Kraatz fanno riferimento ad affermazioni e
testi successivi alla decadenza del mandato parlamentare, ma soprattutto
reiterate quando ormai era nota e comprovata la loro infondatezza. Già
il 26 aprile 2018, sul quotidiano il Dubbio era apparsa una
intervista a Franco Piperno nella quale erano presenti numerose
informazioni che smentivano le affermazioni della Commissione. Il 4
ottobre successivo, in una dichiarazione fatta al Senato durante la
presentazione del suo libro sui lavori della commissione da lui
presieduta, Giuseppe Fioroni spiegava, dopo le insistenze di alcuni
giornalisti, che ad agosto 2018 era pervenuta una nuova informativa che
smentiva il coinvolgimento della Kraatz nell’organizzazione 2 giugno.
L’Ansa del giorno successivo riprendeva le sue parole: «Sull’adesione di
Birgit Kraatz all’organizzazione estremista tedesca del ‘2 Giugno’, “ci
sono degli atti che lo dicono e che noi abbiamo ereditato, ma c’è anche
un documento di due mesi fa che dice che lei non c’entra niente“». In
difficoltà per la micidiale bufala scolpita ad memoriam nella
relazione della commissione, Fioroni balbettava che «il riferimento alla
giornalista era per il rapporto avuto con Piperno (“assolutamente
legittimo”, secondo Fioroni) e in primis per l’eventuale presenza di
Piperno nel palazzo romano. “A noi interessa solo per le relazioni
sentimentali che aveva – ha concluso l’ex deputato – abbiamo inserito
lei nel testo solamente per dimostrare che c’era Piperno che frequentava
quella casa. Poi se era dell’organizzazione del 2 giugno o altro, a me
non serviva a niente”».[1]
Nonostante questa importante rettificata che avrebbe dovuto metterlo
sull’avviso, indurlo a maggiore prudenza svolgendo le necessarie
verifiche, Gero Grassi dava alle stampe a dicembre e diffondeva
spavaldamente su internet la terza edizione del suo libro su Moro, nel
quale tirava nuove bordate contro la Kraatz ribadendo la sua promiscuità
con la formazione della sinistra armata tedesca e la sua complicità
logistica col sequestro di Aldo Moro. In una successiva intervista
all’Agi del 5 marzo 2020, chiamava ancora una volta in causa la donna
evocando lo stabile del Vaticano in Via dei Massimi 91 «frequentato da Piperno,
Faranda e da una terrorista della Raf». Ma non è finita qui!
La verità non detta di Fioroni
Nella
querela, Birgit Kraatz elenca i ripetuti tentativi fatti per informare
il presidente della commissione Fioroni dell’errore commesso e chiedere
la dovuta rettifica. Intanto va ricordato che la signora Kraatz, del
tutto ignara delle reali ragioni che avevano portato la commissione ad
interessarsi della sua persona, si era dimostrata assolutamente
collaborativa quando il 20 febbraio del 2017 era stata convocata per
essere escussa da alcuni suoi consulenti che nel porgli le domande
restarono evasivi sul nodo essenziale che giustificava il loro interesse
nei suoi confronti. Si limitarono a cercare conferma della sua
residenza nel 1978 in un appartamento di Via dei Massimi 91 e delle sue
relazioni con Franco Piperno. Un modo assai strano di accertare la
realtà dei fatti che impedì fin da subito alla Kraatz di fornire
elementi obiettivi per smontare le grossolane fandonie raccolte sul suo
conto. Ricordiamo che la commissione disponeva di poteri giudiziari ed i
suoi consulenti erano nella stragrande maggioranza magistrati o
ufficiali di polizia giudiziaria, un ruolo che li obbligava al dovere di
agire secondo criteri di correttezza giuridica nella escussione dei
testi.
Avuta notizia di quanto veniva affermato nei suoi confronti in
alcune pagine della terza ed ultima relazione della commissione, il 22
febbraio 2018 Birgit Kraatz inviava una prima raccomandata al presidente
Fioroni nella quale ricordava tra l’altro di aver frequentato per il
suo lavoro uomini del mondo politico e della cultura, «come La Malfa,
Berlinguer, Napolitano, Reichlin, Pertini, Amendola, Craxi, Cossiga,
Galloni, Spadolini, Lama, Trentin, Agnelli, de Benedetti, Scalfaro,
Scalfari, Fellini, Rosi, Moravia, Eco, a tal punto da essere ricevuta da
costoro anche più di una volta per interviste esclusive. Alcune di
queste personalità hanno anche frequentato la mia casa». Precisava
inoltre che dalle finestre della sua abitazione «l’entrata del garage di Via dei Massimi 91 non era né visibile né raggiungibile, come sarebbe
stato facile verificare con un semplice sopralluogo».
La raccomandata non riceveva risposta anche perché nel frattempo la
commissione aveva concluso i suoi lavori e le camere erano state sciolte
in attesa di nuove elezioni politiche indette per il 4 marzo 2018. Il
22 febbraio si era tenuta l’ultima seduta della commissione che aveva
deliberato criteri e modalità di pubblicazione degli atti e incaricato
una struttura tecnica composta da alcuni ex consulenti di seguire questo
lavoro. È più che probabile che la raccomandata della signora Kraatz
sia giunta a questo ufficio e che l’ex presidente Fioroni ne abbia avuto
cognizione. Anche se aveva terminato l’incarico non è pensabile che le
relazioni con i suoi ex collaboratori si fossero interrotte, come
dimostrano le stesse parole di Fioroni, riprese dall’Ansa del 5 ottobre,
su un nuovo documento – giunto nel frattempo – che smentiva
l’appartenenza della Kraatz alla “2 giugno”. Certo è che nel suo volume,
Moro, il caso non è chiuso. La verità non detta, scritto con
la giornalista Maria Antonietta Calabrò, dato alle stampe nell’aprile
2018 (edizioni Lindau), Fioroni mostrando grande scaltrezza evita
improvvisamente di definire Birgit Kraatz una esponente del «movimento 2
giugno», parlando di una semplice «giornalista tedesca». Tuttavia l’ex
presidente della Commissione Moro 2 – in piena coerenza col sottotitolo
del suo volume – evitava di spiegare ai lettori il perché di quella
repentina e significativa correzione rispetto a quanto era stato
sostenuto nella pagine della relazione, nelle note dei consulenti e
nelle numerose dichiarazioni pubbliche rese durante i lavori della
commissione.
Il 18 ottobre 2018 gli avvocati di Birgit Kraatz
inviavano una seconda raccomandata al presidente Fioroni contenente un
documento della Bundeskriminalamt (Ufficio federale della
polizia criminale). La più alta autorità pubblica tedesca in materia di
polizia affermava che la signora Kraatz: «non ha mai avuto contatti o
altro legame col gruppo “2 Giugno” che vadano aldilà dell’attinenza del
lavoro giornalistico allora svolto sull’argomento di sinistra in
Germania e in Italia». I legali chiedevano anche di correggere i passi
errati della relazione riferiti alla Kraatz e di far cancellare i
medesimi passaggi dai motori di ricerca di Internet. Fioroni ancora una
volta taceva: nessuna richiesta di scuse o gesto di cortesia perveniva
alla signora Kraatz dall’ex presidente della Commissione Moro 2, nessuna
dichiarazione pubblica che correggesse quel grossolano errore, nessun
suggerimento a Gero Grassi affinché abbassasse i toni e correggesse le
sue affermazioni. L’ex parlamentare Giuseppe Fioroni ha dimostrato fino
all’ultimo di sentirsi sollevato da ogni responsabilità politica e
morale nei confronti della signora Kraatz, anzi, ancora recentemente, lo
scorso 16 ottobre presso la biblioteca e archivio storico del Senato in
occasione della presentazione del libro di Gero Grassi oggetto della
querela, invece di cogliere l’occasione per correggere l’errore sulla
Kraatz ribadiva che in Via dei Massimi 91 «c’era di tutto e di più...
c’era qualche fiancheggiatrice della 2 giugno» (ascolta qui dopo il minuto 41.10). [2]
La commissione Moro 2, ovvero l’officina delle fake news
Il motivo del coinvolgimento della Bundeskriminalamt
nel clamoroso errore commesso dalla Commissione Moro 2 sulla
giornalista Birgit Kraatz è dovuto al fatto che in una vecchia relazione
del 31 luglio 2000, presentata da due parlamentari della destra
postfascista, il senatore Alfredo Mantica e il deputato Enzo Fragalà,
membri della commissione Stragi presieduta dal senatore Pellegrino,
appariva in modo del tutto abusivo il nome di Birgit Kraatz. A seguito
di una rogatoria diretta alle autorità tedesche, presentata dal giudice
Francesco Amato sui nomi di alcuni esponenti vicini al movimento
eversivo 2 giugno, la polizia tedesca inviava in risposta una relazione.
Senza alcuna giustificazione comprensibile, l’Ucigos – l’Ufficio
centrale della polizia politica destinatario della relazione – riportava
il nome di Birgit Kraatz nella lettera che accompagnava il testo della Bundeskriminalamt.
Nome che non era presente all’interno del documento della polizia
tedesca e che mai più riapparirà. Nella successiva minuta della Digos di
Roma, che riceve la documentazione dall’Ucigos e la rigira al
magistrato, non vi è infatti più alcuna traccia della Kraatz. Nonostante
questa evidente anomalia, i due parlamentari senza svolgere verifiche
riportano il nome della donna nella loro relazione, indicandola come una
esponente del gruppo “2 giugno”. Alcuni consulenti della commissione
Fioroni che lavoravano da tempo sulla palazzina di Via dei Massimi 91,
ossessionati dall’idea che fosse un luogo chiave del sequestro Moro,
scandagliano i materiali digitalizzati delle precedenti commissioni
avvalendosi di parole chiave. Intercettano in questo modo il nome della
Kraatz incrociandolo con quello delle persone che risiedevano all’epoca
nella palazzina dello Ior. Nasce così il grossolano errore: nessuno
legge attentamente le carte e si domanda perché il nome della Kraatz sia
assente dalla relazione inviata della polizia tedesca ma compaia nella
minuta che l’accompagna. Non si svolgono le necessarie verifiche, non si
cercano risposte a questa incongruenza, non si fanno approfondimenti su
altre fonti di informazione. In poche parole non si utilizza una
corretta metodologia. Stupisce anche che autori di indagini giudiziarie
che da decenni traversano gli anni '70 non abbiano avuto le capacità di
arrivare a comprendere chi fosse veramente Birgit Kraatz, certamente non
una personalità sconosciuta. Emerge un modo di lavorare superficiale,
viziato dal pregiudizio, orientato unicamente a trovare conferma delle
proprie convinzioni, evitando sistematicamente ogni indizio, segnale, o
prova che sollevi dei problemi, inceppi o allontani dalla meta
prefigurata o peggio smentisca i teoremi precostituiti. Insomma un
metodo fallimentare, una gigantesca officina di fake news.
Note:
1) Moro: Fioroni, Kraatz non fa parte organizzazione 2 giugno. Su cronista tedesca ex di Piperno. Risulta da atto recente
(ANSA) – ROMA, 5 OTT – Sull’adesione di Birgit Kraatz
all’organizzazione estremista tedesca del ‘2 Giugno’, “ci sono degli
atti che lo dicono e che noi abbiamo ereditato, ma c’è anche un
documento di due mesi fa che dice che lei non c’entra niente”.
Così
Giuseppe Fioroni precisa il riferimento alla giornalista tedesca che fu
corrispondente in Italia dal 1968-98 per Spiegel, Stern e Zdf e citata
nel libro che l’ex ministro ha scritto sul caso Moro (sulla base del
lavoro svolto dalla commissione parlamentare d’inchiesta Moro2,
presieduta da Fioroni). La donna ha escluso a più riprese la sua
appartenenza al gruppo estremista, contestando quanto scritto, invece,
nella relazione della Commissione, in cui viene citata come “già attiva
nel movimento estremista 2 giugno e compagna di Franco Piperno”. Un
passaggio che nel libro non c’è.
A
pagina 123 Kraatz viene nominata perché, all’epoca del rapimento dello
statista della Dc, abitava in un palazzo di proprietà dello Ior, in via
Massimi a Roma, e lo stesso che ospitò poco dopo Prospero Gallinari, Br,
che era nel gruppo che uccise la scorta di Moro. Inoltre, come si legge
nel libro, la donna a quel tempo era “legata sentimentalmente a Franco
Piperno, il leader di Autonomia operaia”, e “secondo la testimonianza di
più condomini – continua il testo – Piperno frequentava l’abitazione
della Kraatz che ha confermato alla commissione il suo rapporto d’amore
con Piperno, ma ha escluso che si trattenesse nel condominio, anche se
vi si recava qualche volta”.
Quindi,
come ha chiarito Fioroni alla presentazione del libro ieri al Senato,
il riferimento alla giornalista era per il rapporto avuto con Piperno
(“assolutamente legittimo”, secondo Fioroni) e in primis per l’eventuale
presenza di Piperno nel palazzo romano. “A noi interessa solo per le
relazioni sentimentali che aveva – ha concluso l’ex deputato – abbiamo
inserito lei nel testo solamente per dimostrare che c’era Piperno che
frequentava quella casa. Poi se era dell’organizzazione del 2 giugno o
altro, a me non serviva a niente”. (ANSA).
2) Venerdì 16 Ottobre 2020, ore 10,30, presentazione
del volume di Gero Grassi “Aldo Moro, la verità negata”. Interventi di
Gianni Marilotti, Gero Grassi, Giuseppe Fioroni, Luigi Zanda, Stefania
Limiti. Coordina: Anthony Muroni. Link video
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