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14/07/2021

Panico pandemico di ritorno, caos nell’establishment occidentale

Abbiamo perso il conto delle “ondate” di contagio da Covid-19, ma la cosa – come sapete – non ci sorprende.

Partiamo, com’è giusto, dalle notizie. Il numero dei contagi è in risalita ovunque, in Europa e non solo. E, nonostante le vaccinazioni procedano a ritmo sostenuto (sempre appesi ai soli quattro vaccini occidentali approvati dall’Ema), anche il numero dei ricoverati. Per quello dei morti, come sempre, bisognerà aspettare qualche settimana in più.

Persino l’aperturista Emanuel Macron è costretto a decidere che si potrà muovere liberamente – su mezzi e per spazi pubblici – soltanto chi può esibire il “Green Pass”, ossia la certificazione elettronica di esser stato vaccinato con due dosi (una sola nel caso di Johnson&Johnson).

In Gran Bretagna, il suo collega Boris Johnson prende la decisione opposta – tutto aperto, come se non ci fosse alcun problema – nonostante il numero quotidiano dei contagi veleggi da giorni sopra i 30.000.

L’Italia è come sempre il paese delle strategia fai-da-te, dove ogni pirla si improvvisa epidemiologo e detta la propria ricetta, ben sapendo che tanto non serve a niente. Il più ridicolo è ancora una volta il cosiddetto presidente della Regione Lombardia – il territorio con la più alta percentuale di morti rispetto alla popolazione, sull’intero pianeta, pare – per dirsi prima d’accordo con Macron e poi contrario. Nel frattempo Salvini aveva dettato la linea e quindi il Fontana si adegua...

Il “governo dei migliori” rinvia ogni decisione, non sapendo che pesci prendere. L’onnisapiente Draghi aveva detto che le riaperture sarebbe state “definitive” soltanto qualche settimana fa, e cambiare così rapidamente impostazione fa perdere punti e credibilità. Per altro è l’unico cui venga riconosciuta, dentro e fuori il paese...

I dati oggettivi sono però impietosi, se si tengono presenti gli “assi” fondamentali della strategia messa in campo fin qui.

L’aumento dei contagiati e il diffondersi della “variante delta” ha tolto molte sicurezze. I vaccini dovevano essere la soluzione definitiva, ma se non riesci a vaccinare quasi tutta la popolazione non puoi raggiungere il risultato dell’”immunità di gregge”.

I governi occidentali – tutti – hanno cercato una via di mezzo tra il “consigliare” la vaccinazione, incentivarla con “ricchi premi e cotillon” e il lasciare libertà di scelta ai singoli cittadini.

La “comunicazione” sui vaccini è stata delirante, spesso per colpa delle stesse multinazionali che li producono, tra errori goffi (AstraZeneca) e sospetti di concorrenza sleale. Ma soprattutto per i continui cambiamenti di messaggio relativamente a fasce di età, professioni da privilegiare, efficacia e durata della copertura.

Proprio quest’ultimo fattore è quello che dovrebbe preoccupare tutti, specie chi governa. Qualsiasi sia il vaccino e la sua efficacia, infatti, non si va al di là di un anno. Il che significa prepararsi a “ondate” di vaccinazione di massa molto più grandi dimensionalmente e soprattutto ricorrenti (da 8 a 12 mesi, a seconda del prodotto).

Ma di questo, per ora, non c’è traccia. Ci si muove come se i vaccinati o gli ex contagiati sopravvissuti fossero immunizzati per sempre. Mentre sono tutti “a scadenza”, a cominciare dagli ex contagiati di oltre un anno fa.

Davanti a questa situazione abbastanza fuori controllo, e a un virus che cambia, la mossa stile-Macron ha una sua logica, benché tardiva: invece di bloccare le attività, permettere la libera circolazione totale soltanto agli immunizzati certificati.

Dal punto di vista della sicurezza, è una misura tampone che sconta le folli decisioni precedenti (lasciare aperte le attività produttive e la circolazione dei mezzi pubblici, chiudendo solo le attività commerciali e a volte le scuole; ma senza mai avviare una strategia di tracciamento e isolamento dei cluster pericolosi).

Ma ha anche conseguenze sull’ideologia di massa creata dal neoliberismo negli ultimi 30 anni, caratterizzata da un’idea assolutamente individualista e irresponsabile di “libertà”, secondo cui ogni limitazione è sostanzialmente immotivata e “autoritaria”. Un punto di vista da impresa multinazionale, ma fatto proprio da tutti (anche dalla “sinistra” sedicente “alternativa”).

Una pandemia, invece, così come una guerra, costringe chi governa – in qualsiasi regime politico-economico – a pensare un paese come “un insieme” in cui si può ottenere il risultato necessario (eliminare il virus, in questo caso) solo se tutti concorrono ad ottenerlo comportandosi come serve, non come si preferisce.

Sul piano culturale, in effetti, è uno shock di massa, che potrebbe avere anche conseguenze sul “consenso politico” a favore dei vari establishment.

Possiamo vederlo tra le nostre conoscenze o nelle mini-interviste televisive “tra la gente”, con coglioni sussiegosi – spesso esplicitamente di destra, come i filo-Salvini e Meloni – che spiegano di essere contrari a qualsiasi regolazione o obbligo vaccinale perché “incostituzionale”, in quanto “viola i diritti individuali”.

Gente che bisognerebbe probabilmente riportare alle condizioni dell’Ottocento – quando non c’erano i vaccini – e all’arrivo di una nave in qualsiasi porto, se c’era un’epidemia a bordo, di qualsiasi tipo, scattava la quarantena di 40 giorni e chi provava a buttarsi in mare veniva fucilato in acqua...

Perché, banalmente, la “libertà individuale” non può andare contro la vita di tutti.

L’Occidente neoliberista, insomma, se vuole uscire da questa emergenza pandemica deve mettere in discussione – davanti a ognuno dei cittadini – i princìpi che ha propagandato per alcuni decenni. E deve farlo in una condizione di insuccesso, davanti al fallimento delle strategie fin qui messe in atto.

Deve mettere l’interesse collettivo davanti a quello individuale.

Eresia, certamente. Ma se non lo fa non trova la soluzione e si trascina di crisi in crisi, di “ondata” in ondata. Se lo fa, ammette che ha raccontato cazzate per decenni, solo per favorire le imprese e la speculazione finanziaria. Da lontano i cinesi ridono, e ne hanno tutte le ragioni.

E stiamo parlando “soltanto” di una pandemia, ossia di un evento eccezionale ma non frequente; di un fattore insomma relativamente “esterno” ai meccanismi sistemici.

Pensate voi se questo establishment può affrontare con qualche prospettiva di successo un problema che dipende proprio dal “modo di produzione capitalistico”, come il cambiamento climatico e la devastazione ambientale...

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