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06/06/2022

Sulle armi fornite all'Ucraina c’è il rischio criminalità e terroristi

Nell’orgia guerrafondaia che si limita a dire ogni dieci secondi “mandiamo le armi a Kiev” è difficile sentire qualche voce che chieda: “ma dove finiscono, poi?”

Si dà per scontato che vadano all’esercito regolare ucraino. Peccato però che quell’esercito sia composto in modo alquanto bizzarro – diciamo così – visto che ha integrato battaglioni neonazisti (formazioni armate irregolari, a rigor di classificazione militare), che non sempre riconoscono l’autorità centrale.

Ricordiamo per esempio il caso di Denis Prokopenko, comandante della parte di battaglione Azov che si era rintanato nei sotterranei dell’acciaieria Azovstal di Mariupol.

Persino gli ultrà atlantisti dell’Huffington Post, quelli che insistono ancora adesso a definire “accuse di parte” (sottintendendo “non vere”) l’identità politica esplicitamente nazista della formazione, sono stati costretti ad ammettere che non hanno mai davvero riconosciuto l’autorità di Zelenskij, rifiutandogli persino il saluto militare obbligatorio.

La domanda “dove finiscono quelle armi”, dunque, non è affatto banale. Perché se pure vengono consegnate a un “esercito regolare” – che dovrebbe garantirne il controllo, anche se già questo significa una “co-belligeranza” dei fornitori – di sicuro arriveranno anche nelle mani di formazioni che quanto meno hanno un’idea molto “soggettiva” di cosa sia prioritario per “il bene della patria”.

Questo articolo de L’Avvenire – a riprova che soltanto “all’estero” si può reperire qualche notizia utile – segnala addirittura le preoccupazioni dell’Europol, che non è un’organizzazione poliziesca putiniana, ma l’agenzia che coordina le polizie dell’Unione Europea.

Insomma, sarebbe addirittura una “notizia ufficiale”, per chi è abituato a trascrivere i mattinali di questura... Lo si può intuire dalla “delicatezza” con cui separa i traffici di armi sul confine occidentale dell’Ucraina da quelli che avvengono sul lato orientale.

Inutile cercare però pezzi analoghi su Repubblica o sul nuovo Minculpop che gestisce il Corriere della Sera.

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Nel 2017, oltre 578 armi da fuoco e 776 munizioni sono state sequestrate in un’operazione congiunta contro il traffico illegale di esplosivi, materiale chimico e nucleare, lungo il confine tra Ucraina e Moldova.

Questo dato è utile per collocare un allarme proveniente da Europol: in mano a chi finiscono le armi inviate dall’Occidente?

Il Washington Post, già a fine febbraio, aveva precisato che è in circolazione «una marea di armi che fa temere per il contrabbando», in particolare a causa dei flussi illegali, diffusi nell’Europa dell’Est, dove anche l’esercito russo contribuisce a convogliare, in mani sospette, le armi occidentali catturate, come riportato dalla CNN.

Sempre a febbraio l’Amministrazione Biden, discutendo con esperti circa il controllo degli armamenti sul pericolo di proliferazione di armi leggere nel conflitto in corso, aveva disposto una clausola per evitare la vendita a parti terze, non collegate all’esercito ucraino.

Tuttavia le testimonianze dirette e le dichiarazioni del Segretario generale dell’Interpol, Jurgen Stock, riaccendono adesso i fari su un pericolo possibile, perché «i gruppi criminali stanno già adesso concentrandosi su queste armi, cercando di sfruttare queste situazioni caotiche e anche la disponibilità di armi pesanti».

L’allarme di Stock si estende a un traffico che può prendere direzioni altamente pericolose in altri continenti. Sul tema, già alcuni giorni fa, a parlare è stato un contractor, Jeffrey Morgan Hunter, già esperto di guerra nei Balcani.

«In particolare nel Donbass – racconta ad Avvenirema anche in altri posti di frontiera, come la Transnistria e la Romania, si sta creando una rete di scambio fra terroristi vecchi e nuovi, anche di matrice islamica, i quali hanno rinforzato i loro arsenali già ai tempi della Serbia e del Kosovo e, di recente, in Afghanistan, dopo l’abbandono improvviso degli americani. E so bene che le armi hanno viaggiato, anche attraverso la Russia, verso tutta l’Asia centrale, in questi anni di scontri in Donbass».

«Esiste – continua – un rapporto, anche precedente al 2014, dell’intelligence americana, che inserisce l’Ucraina fra i territori più ad alto rischio nel traffico criminale delle armi». Morgan Hunter fornisce così alcuni dati, ricordando che l’operazione nei Balcani, nel 2011, portò a diversi arresti di trafficanti con una buona operazione congiunta fra Italia e Albania.

«Per alcuni – conclude – questo è un “effetto collaterale” da mettere in conto, tuttavia non è davvero così, perché esperti del governo Usa stanno, da tempo, cercando di sorvegliare il fenomeno, soprattutto in relazione ai traffici verso Turchia e Medio Oriente».

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