Bisogna cercare dei media lontani dall’Europa per trovare notizie che aiutino a dare un senso agli avvenimenti, sottraendoci alla “narrazione” dominante. Quella ormai così pervasiva da convincerci che una camicia è rossa anche quando è bianca.
Il FreeMalaysiaToday, tranquilla testata malese senza alcuna simpatia per i “cattivi” di turno nel mondo, riporta qualcosa di cui i nostri media “pluralisti” tacciono serenamente.
Si tratta di una normale conferenza stampa della vice segretaria di Stato americana, Wendy Sherman, ossia la vice del ministro degli esteri, il più noto Antony Blinken, avvenuta qualche giorno fa.
È il contenuto delle sue affermazioni, però, a essere rilevante per decidere chi sia, in questo periodo storico, a premere per soluzioni militari o “sanzionatorie” che rischiano di incrementare una escalation che poi nessuno è in grado di governare.
Primo dettaglio. Gli Stati Uniti “premono” seriamente sull’Unione Europea perché irrigidisca il suo atteggiamento verso la Cina.
Invocano, per questo, valutazioni abbastanza confutabili, come quella per cui “anche prima della guerra in Ucraina la Repubblica Popolare Cinese ha sfidato la sicurezza, l’economia e i valori dell’Europa”.
Affermazione perentoria e alquanto bellicista, ma di cui sfuggono le prove empiriche. Ci sono delle accuse, certo, come quella secondo cui Pechino vorrebbe “rimodellare l’ordine mondiale”. Ovvero quel governo unipolare degli ultimi 30 anni che ha garantito agli Stati Uniti di fare un po’ quello che volevano, in ogni angolo del mondo, invadendo, bombardando, massacrando popoli e Stati non in grado di difendersi adeguatamente (la famosa “guerra asimmetrica”), senza peraltro riuscire in nessun luogo o quasi a costituire un “nuovo ordine” (l’Afghanistan sta lì a testimoniarlo).
Il FMT ricorda che “25 maggio, Blinken ha affermato che Washington è impegnata in una vigorosa competizione con Pechino per preservare l’attuale ordine mondiale”.
In modo esplicito, Blinken in quell’occasione ha chiarito che quell’“ordine mondiale” è esattamente il proprio dominio del pianeta. Con i risultati che possiamo misurare, ma con i vantaggi – per gli Usa – che sono altrettanto evidenti.
Che a gran parte del mondo questo “ordine” possa risultare indigesto è per molti versi normale, ma anche in senso storico “progressivo”. Un impero che ha perso la “spinta propulsiva”, che non riesce più a nascondere la propria natura aggressiva e di rapina, è un’ipoteca mortale sul futuro del pianeta. In termini economici, ambientali, energetici, politici e quindi anche “morali”.
Non è affatto detto che i competitor siano migliori, ma certo il fatto che ce ne siano consente di immaginare – almeno immaginare – soluzioni differenti dalla pura obbedienza e adesione passiva al “lato oscuro della forza dell’Impero”.
Per riuscire a “competere” con Cina e Russia agli Usa servono alleati fedeli, senza ambizioni “autonome” da imperialismo emergente. L’Unione Europea, per esempio, va ricondotta al ruolo ancillare che ha avuto per decenni, “reclutandola” dentro lo schema proposto da Washington.
E infatti la Sherman ha affermato proprio questo: “Sebbene Pechino possa trovarsi a migliaia di chilometri di distanza, le azioni della RPC sono altrettanto importanti per il futuro dell’Europa”. Della serie: “Ve lo diciamo noi cosa fare e pensare...”.
A cominciare dai principali problemi economici del momento: “stiamo tutti esaminando le questioni relative alle catene di approvvigionamento”, sulla scia della pandemia e della guerra in Ucraina.
L’egemonia Usa si regge ormai da qualche decennio soltanto sulla forza militare e la centralità del dollaro. Un po’ poco per andare avanti ancora a lungo. Meglio rafforzare i legami recintando il campo degli “amici” e minacciando i nemici. Le sanzioni servono anche a questo.
Inutile spiegare a chi sragiona così che questa “recinzione” consegue esattamente anche il risultato opposto: quello di consolidare le relazioni tra tutti i paesi del mondo che trovano “poco conveniente” accettare di restare colonie per sempre.
Il FreeMalaysiaToday, tranquilla testata malese senza alcuna simpatia per i “cattivi” di turno nel mondo, riporta qualcosa di cui i nostri media “pluralisti” tacciono serenamente.
Si tratta di una normale conferenza stampa della vice segretaria di Stato americana, Wendy Sherman, ossia la vice del ministro degli esteri, il più noto Antony Blinken, avvenuta qualche giorno fa.
È il contenuto delle sue affermazioni, però, a essere rilevante per decidere chi sia, in questo periodo storico, a premere per soluzioni militari o “sanzionatorie” che rischiano di incrementare una escalation che poi nessuno è in grado di governare.
Primo dettaglio. Gli Stati Uniti “premono” seriamente sull’Unione Europea perché irrigidisca il suo atteggiamento verso la Cina.
Invocano, per questo, valutazioni abbastanza confutabili, come quella per cui “anche prima della guerra in Ucraina la Repubblica Popolare Cinese ha sfidato la sicurezza, l’economia e i valori dell’Europa”.
Affermazione perentoria e alquanto bellicista, ma di cui sfuggono le prove empiriche. Ci sono delle accuse, certo, come quella secondo cui Pechino vorrebbe “rimodellare l’ordine mondiale”. Ovvero quel governo unipolare degli ultimi 30 anni che ha garantito agli Stati Uniti di fare un po’ quello che volevano, in ogni angolo del mondo, invadendo, bombardando, massacrando popoli e Stati non in grado di difendersi adeguatamente (la famosa “guerra asimmetrica”), senza peraltro riuscire in nessun luogo o quasi a costituire un “nuovo ordine” (l’Afghanistan sta lì a testimoniarlo).
Il FMT ricorda che “25 maggio, Blinken ha affermato che Washington è impegnata in una vigorosa competizione con Pechino per preservare l’attuale ordine mondiale”.
In modo esplicito, Blinken in quell’occasione ha chiarito che quell’“ordine mondiale” è esattamente il proprio dominio del pianeta. Con i risultati che possiamo misurare, ma con i vantaggi – per gli Usa – che sono altrettanto evidenti.
Che a gran parte del mondo questo “ordine” possa risultare indigesto è per molti versi normale, ma anche in senso storico “progressivo”. Un impero che ha perso la “spinta propulsiva”, che non riesce più a nascondere la propria natura aggressiva e di rapina, è un’ipoteca mortale sul futuro del pianeta. In termini economici, ambientali, energetici, politici e quindi anche “morali”.
Non è affatto detto che i competitor siano migliori, ma certo il fatto che ce ne siano consente di immaginare – almeno immaginare – soluzioni differenti dalla pura obbedienza e adesione passiva al “lato oscuro della forza dell’Impero”.
Per riuscire a “competere” con Cina e Russia agli Usa servono alleati fedeli, senza ambizioni “autonome” da imperialismo emergente. L’Unione Europea, per esempio, va ricondotta al ruolo ancillare che ha avuto per decenni, “reclutandola” dentro lo schema proposto da Washington.
E infatti la Sherman ha affermato proprio questo: “Sebbene Pechino possa trovarsi a migliaia di chilometri di distanza, le azioni della RPC sono altrettanto importanti per il futuro dell’Europa”. Della serie: “Ve lo diciamo noi cosa fare e pensare...”.
A cominciare dai principali problemi economici del momento: “stiamo tutti esaminando le questioni relative alle catene di approvvigionamento”, sulla scia della pandemia e della guerra in Ucraina.
L’egemonia Usa si regge ormai da qualche decennio soltanto sulla forza militare e la centralità del dollaro. Un po’ poco per andare avanti ancora a lungo. Meglio rafforzare i legami recintando il campo degli “amici” e minacciando i nemici. Le sanzioni servono anche a questo.
Inutile spiegare a chi sragiona così che questa “recinzione” consegue esattamente anche il risultato opposto: quello di consolidare le relazioni tra tutti i paesi del mondo che trovano “poco conveniente” accettare di restare colonie per sempre.
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Washington fa pressione sull’Europa per la Cina
FreeMalaysiaToday
Il vice segretario di Stato americano Wendy Sherman ha condannato giovedì la sfida della Cina alla sicurezza, all’economia e ai valori europei, invitando l’Europa ad aiutare gli Stati Uniti a contrastare la concorrenza di Pechino.
Anche prima che il presidente Xi Jinping e il presidente Vladimir Putin dichiarassero la loro partnership “senza limiti” a febbraio, “la Repubblica Popolare Cinese ha sfidato la sicurezza, l’economia e i valori dell’Europa”, ha dichiarato Sherman, parlando da Washington, ai giornalisti europei in collegamento video.
I commenti della Sherman sono arrivati sulla scia di un discorso del suo capo, il segretario di Stato Antony Blinken, che ha recentemente identificato Pechino come la principale minaccia all’ordine mondiale, nonostante l’invasione russa dell’Ucraina.
Washington accusa Pechino di voler rimodellare l’ordine mondiale.
In un discorso del 25 maggio, Blinken ha affermato che Washington è impegnata in una vigorosa competizione con Pechino per preservare l’attuale ordine mondiale.
L’amministrazione Biden ha parlato della necessità di fare pressione sulla Cina affinché rispetti le regole, anche per quanto riguarda il Mar Cinese Meridionale e le dispute commerciali.
“Sebbene Pechino possa trovarsi a migliaia di chilometri di distanza, le azioni della RPC sono altrettanto importanti per il futuro dell’Europa”, ha dichiarato la Sherman, che ha accolto con favore l’attuale cooperazione con l’Europa, pur cercando di “allineare i nostri approcci”.
Ha aggiunto che “stiamo tutti esaminando le questioni relative alle catene di approvvigionamento”, sulla scia della pandemia e della guerra in Ucraina.
“Gli Stati Uniti non cercano un conflitto” con la Cina e non vogliono “separare la nostra economia dalla RPC”.
“Non vogliamo una nuova guerra fredda”, ha detto, ma “non possiamo contare sul fatto che Pechino cambi il suo comportamento”.
Ha inoltre sottolineato che gli Stati Uniti stanno vigilando sull’alleanza tra Russia e Cina, minacciando Pechino “di conseguenze” se le autorità cinesi decidessero di inviare equipaggiamenti militari alla Russia.
“Francamente, penso che la Russia e Putin saranno un paria per molto tempo e non sono sicuro che la RPC ne trarrà beneficio”, ha aggiunto.
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