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06/06/2022

Liste nere, sistema infetto

Due testate interventiste e di potere come Corriere della Sera e Open hanno reso pubblica, suonando la grancassa, la “lista nera” elaborata dai servizi segreti italiani su richiesta del Copasir.

Nella lista compaiono studiosi, giornalisti, analisti che, secondo i servizi, sarebbero il megafono in Italia della propaganda russa. Non mancano le “foto segnaletiche”, per facilitare semmai qualche manesco tifoso dei “kantiani di Azov”.

Si può dire tranquillamente che hanno fatto in modo sicuramente più “professionale” quel lavoro sporco fatto “privatamente” da Fabrizio Rondolino...

In questa lista troviamo giornalisti e analisti come Alberto Fazolo, Maurizio Vezzosi, Manlio Dinucci, che spesso abbiamo ospitato – e siamo onorati d’averlo fatto – sulle pagine del nostro giornale.

Curiosamente al Corriere della Sera e alla succursale di Open sfugge un dettaglio: nessuna delle persone indicate nella “lista nera” occupa posti di rilievo nelle redazioni dei giornali o delle televisioni. Perché possa essere dunque qualificata come una “rete di propaganda”, insomma, vengono meno i presupposti fondamentali.

Qualche sporadica presenza televisiva non garantisce certamente il “volume di fuoco” adeguato a contrastare la propaganda Nato e interventista, che può contare su tutti i Tg, su tutti i corrispondenti dal teatro di guerra, su praticamente tutto il Parlamento.

I servizi segreti, il Copasir e i media di regime hanno dovuto quindi ripiegare su un altro terreno: l’influenza nella rete e sui social network.

L’informazione che sfugge al controllo e agli input palesi, che gravano sulle redazioni di giornali e telegiornali, è diventata il demone da abbattere. Anche perché la maggioranza della popolazione continua a ripudiare gli argomenti degli interventisti e dei guerrafondai e a volere la pace.

A tale scopo sguinzagliano non sole le “barbe finte” dei servizi segreti, ma non esitano nemmeno ad assumere a contratto qualche giovane disponibile e spocchioso che si incarica di inseguire, criminalizzare e contrastare sulla rete e i social le notizie che – a loro insindacabile avviso – sono propaganda russa.

Qualche volta costoro hanno anche scritto e chiamato il nostro giornale. Siamo felici di averli mandati a quel paese.

Ad esempio la notizia delle armi italiane, con tanto di bolla di accompagnamento trovate a Mariupol. I “servizi” affermano che circolava strumentalmente da marzo perché era previsto un dibattito parlamentare. Noi l’abbiamo pubblicata in aprile, verificando però che fino ad allora nessun giornale aveva dato questa notizia, che pure era “cicciosa”. Solo il giorno dopo La Repubblica ha fatto un articolo piuttosto imbarazzato e ridimensionante.

Rinnovando la nostra stima per Alberto Fazolo, Maurizio Vezzosi e Manlio Dinucci (non abbiamo e non vogliamo avere niente a che fare, ovviamente, con leghisti e simili), intendiamo continuare a batterci per fornire ai nostri lettori un punto di vista e informazioni sulla guerra che non fanno sconti a nessuno.

Quasi ogni giorno andiamo in cerca delle notizie sulle agenzie occidentali e su quelle russe, facciamo la tara, escludiamo quelle apertamente propagandistiche, verifichiamo fin quando e dove è possibile, qualche volta “toppiamo”, altre ci prendiamo.

Non si pretenda da noi di essere obiettivi. Come diceva lo scomparso Stefano Chiarini, “non esiste il giornalismo obiettivo, esiste il giornalismo onesto”.

E poi siamo parte in causa. Siamo schierati apertamente contro la guerra e ne chiediamo la cessazione più rapidamente possibile; siamo contrari all’invio di armi italiane all’Ucraina, l’aumento delle spese militari, la desueta e ormai insopportabile adesione dell’Italia alla Nato.

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