Come ampiamente previsto e prevedibile, la guerra in Ucraina sta generando tensioni e onde lunghe anche nei Balcani. Vengono infatti segnalate nuove tensioni tra Kosovo e Serbia.
I serbi non accettano le nuove misure varate da Pristina sul divieto di documenti di identità e di targhe serbe in Kosovo a partire da lunedì primo agosto. A seguito della guerra del 1999, il Kosovo aveva consentito l’uso di targhe emesse dalle istituzioni serbe in quattro municipalità del nord del Paese dove sono presenti maggioranze serbe. D’ora in poi sarà invece obbligatorio l’uso di targhe con l’acronimo Rks, cioè Repubblica del Kosovo. I proprietari di automobili hanno tempo fino alla fine di settembre per effettuare il cambiamento.
I serbi che vivono in Kosovo a quel punto hanno bloccato le strade che conducono ai valichi di confine di Jarinje e Bernjak, obbligando le autorità a stabilirne la chiusura. Media locali riferiscono che la Kfor ha inviato militari a pattugliare le strade.
La Nato, presente militarmente in Kosovo dal 1999 proprio attraverso la Kfor (che conta molti soldati italiani), ha annunciato che è pronta a intervenire se la stabilità nel Kosovo fosse “a rischio”. Inutile dire che la Nato interverrebbe militarmente e nuovamente contro la Serbia.
“La situazione complessiva riguardante la sicurezza nei comuni del nord del Kosovo è tesa. La missione KFOR guidata dalla Nato – si legge – sta monitorando da vicino ed è pronta a intervenire se la stabilità è a repentaglio, in base al suo mandato, derivante dalla risoluzione 1244 delle Nazioni Unite”.
Ma cosa sta succedendo in Kosovo? Secondo l’agenzia turca Anadolu, che riporta le dichiarazioni del premier kosovaro, Albin Kurti, gruppi di serbi “fuori legge” hanno aperto il fuoco contro la polizia kosovara al confine con la Serbia. “La Serbia non è mai stata in una situazione così complessa e difficile: abbiamo avuto colloqui con rappresentanti dei serbi del Kosovo e Metohija e cercheremo di mantenere la pace. Ma chiedo agli albanesi di cambiare la propria posizione e ai serbi del Kosovo di non cedere alle provocazioni”, ha detto in un discorso alla nazione, il presidente serbo Aleksandar Vucic. Del resto le ambizioni del Kosovo all’espansionismo pan-albanese non sono una novità.
Secondo l’agenzia russa Tass, che cita il quotidiano Vecherne Novosti, le forze speciali del Kosovo sono state spostate da Pristina a nord e a Metohija, dove sono in corso le proteste dei cittadini serbi. La popolazione serba del Kosovo e Metohija ha protestato sulle principali autostrade della regione, costruendo barricate. Le unità speciali della polizia kosovara, presenti per le strade, hanno iniziato a ritirarsi nei villaggi circostanti.
La Russia non si è chiamata fuori da questo teatro di tensione nei Balcani ed ha chiesto alle autorità di Pristina, cosi come agli Stati Uniti e all’Unione europea, che la sostengono, di porre fine alle provocazioni e rispettare i diritti dei serbi in Kosovo. Lo ha affermato la portavoce del ministro degli Esteri russo Maria Zakharova. “Chiediamo a Pristina, agli Stati Uniti e all’Ue, che la appoggiano, di cessare le provocazioni e di rispettare i diritti dei serbi in Kosovo”, ha affermato Zakharova in una nota riportata da Tass.
“I leader dei kosovari sanno che i serbi non rimarranno indifferenti quando si tratta di un attacco diretto alle loro libertà, e si prepareranno a uno scenario militare”, ha aggiunto Zakharova.
La portavoce del ministero degli Esteri ha anche sottolineato che un tale sviluppo degli eventi “è un’altra prova del fallimento della missione di mediazione dell’Unione europea. Questo è anche un esempio del posto che è stato preparato per Belgrado nell’Unione Europea, offrendo di fatto alla Serbia di sopportare la mancanza di diritti dei suoi connazionali”.
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