Il sindaco di Venezia ha espresso una strana concezione di “merito” in un’intervista riguardo il problema del caro-affitti sollevato dalle mobilitazioni studentesche di questi giorni. A suo avviso, se paghi 700 euro una stanza non dovrebbero darti una laurea, perché la futura classe dirigente non può “farsi fregare così”.
Sottolineiamo subito una cosa: per essere classe dirigente si dovrebbero innanzitutto conoscere i principi fondamentali su cui si fonda il paese in cui si ha un ruolo di governo. Le parole di Brugnaro esprimono un evidente disprezzo per i principi fondamentali della Costituzione.
La Repubblica, secondo la Carta, deve infatti “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana“. Evidentemente il libero mercato dei fitti produce uno di questi ostacoli, e chi vi opera in senso speculatorio non ha problemi a “fregare la gente”. Gioca su un bisogno oggettivo, che “il pubblico” ha smesso di affrontare per scelta dei governi.
Ci sono poi diverse sentenze della Corte Costituzionale che hanno sostanziato il fatto che esista un “dovere collettivo di impedire che delle persone possano rimanere prive di abitazione“. E poiché solo motivi di sanità e di sicurezza possono porre dei limiti alla libertà di movimento, di certo questo dovere vale anche per gli studenti fuorisede.
Infine, c’è il diritto allo studio, che dovrebbe garantire ai “capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi“. È evidente che in una regione in cui fino a un paio di mesi fa gli ‘idonei non beneficiari di borsa di studio’ erano intorno ai 2 mila, questo diritto è già di per sé leso.
Brugnaro continua a farsi gioco dei diritti costituzionali quando dice che è una risposta “fighetta” la promessa di studentati, e la risposta immediata è andare a lavorare durante gli studi, come lui stesso ha fatto. A quanto pare questa classe dirigente non è capace di risolvere i problemi per cui è chiamata a governare; l’unica indicazione che riesce a dare è di “arrangiarsi” a livello individuale.
Evidentemente Brugnaro non conosce nemmeno i dati Almalaurea, che nel decennio successivo alla crisi del 2007-8 ha registrato una flessione degli studenti con esperienze lavorative (che rimanevano tuttavia il 65%), dovuta però anche al ridursi della popolazione universitaria. Il sottinteso è che più persone di quelle che “si potevano permettere l’università” hanno semplicemente rinunciato ad andarci.
In tanti di coloro che invece hanno completato la formazione sono comunque dovuti emigrare per cercare un’opportunità di vita dignitosa: secondo uno studio della London School of Economics un terzo degli italiani all’estero rientra nella categoria dei lavoratori qualificati. In termini economici, dal 2015 a oggi è come se avessimo perso 14 miliardi di investimento ogni anno. Non molto lontano da una finanziaria, ma senza neanche contare le perdite future dovute a “mancanza di personale qualificato”.
La classe dirigente di questo paese, di cui Brugnaro è parte, dovrebbe farsi un esame di coscienza rispetto alla propria capacità di dare sviluppo al paese, invece di fare il passacarte dei diktat di Bruxelles e Washington. Del resto, però, il sindaco di Venezia rappresenta l’esempio tipico del governante nostrano.
Andando oltre la critica in punta di diritto e di statistiche, ricordiamo chi è Brugnaro. Un imprenditore, tra i dirigenti di Confindustria fino all’inizio della sua esperienza politica, che ha colto al volo l’occasione del pacchetto Treu per costruire la sua fortuna su quella che oggi è la quinta più grande agenzia interinale d’Italia.
La classe dirigente di questo paese è quella che viene dallo smantellamento dei diritti dei lavoratori e dallo sfruttamento parassitario di sussidi e pezzi di industria pubblica privatizzati. Una classe dirigente concentrata sull’arricchimento individuale e che è, appunto, incapace di immaginare un modello di sviluppo che risponda agli interessi della maggioranza della popolazione.
Chi invece si organizza e produce una visione alternativa per l’Italia è davvero il seme della futura classe dirigente che può riscattare il paese. Se, come diceva Gramsci, dopo che i fascisti lo avranno mandato in rovina, spetterà ai comunisti ricostruire il paese, anche a Venezia ne hanno avuto un piccolo assaggio in scala.
La conferenza stampa organizzata dell’organizzazione giovanile comunista Cambiare Rotta – in occasione della mobilitazione nazionale del 16 maggio davanti la sede della Regione Veneto – ha ottenuto un tavolo di confronto con l’amministrazione. La nostra futura classe dirigente si forma nel conflitto per ottenere conquiste sociali, nella generalizzazione delle lotte e nella rappresentanza politica degli interessi che quelle battaglie esprimono.
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