Il MIM, con il Decreto Ministeriale N.63 del 5 aprile 2023, ha istituito le figure del docente tutor e del docente orientatore, nelle scuole superiori, con gli obiettivi di personalizzare la didattica, di contrastare la dispersione scolastica e di favorire l’incontro tra le competenze degli studenti, l’ulteriore offerta formativa e il mercato del lavoro.
Un esercito di circa 41.000 docenti per circa 70.000 classi, precisando che ogni scuola, in base all’autonomia scolastica, ai vincoli di dimensionamento e di aggregazione, può decidere di affidare a ciascun docente tutor da un minimo di 30 a un massimo di 50 studenti, mentre il tutor orientatore è uno per ogni istituzione educativa e in genere coincide con il tutor PCTO, dando luogo a una sovrapposizione di incarichi, così come accade nelle altre istituzioni private e pubbliche.
La figura del docente esperto, designata dal precedente Governo, non ha fatto in tempo ad entrare in gioco, se non per vie traverse, come nel caso dei progetti PON, essa, infatti, è stata messa nel ripostiglio, ma il suo fantasma continua a imperversare e a minare la conoscenza.
A dire il vero, la sovrapposizione o scissione delle funzioni riguarda anche i docenti tutor, in quanto giova ricordare che coloro che hanno presentato domanda, continueranno, con gli evidenti appesantimenti del percorso lavorativo, ad essere coinvolti nella didattica curriculare, speciale o di potenziamento
A ciò si aggiungono tutti gli incarichi per il funzionamento della macchina scolastica e remunerati con il FIS e dai quali non ci si può sottrarre, nonché la nomina dei tutor della cosiddetta alternanza scuola-lavoro, fortemente voluta dal Governo presieduto da Renzi, nota come PCTO, senza dimenticare i mille rivoli della didattica progettuale, una prassi molto diffusa che consolida la strada delle esternalizzazioni. Da questo punto di vista le scuole professionali, che hanno già introdotto il tutor da 5 anni, sembrano dei porti di mare: forse, mancano solo le lezioni di Er Canaro (dogman) della Magliana.
A differenza dei tutor delle scuole professionali, che attualmente compilano un complicato PFI (Progetto Formativo Individuale), l’estensione di tale figura alle altre scuole prevede la compilazione di un reboante E-Portfolio e quindi il riporto dei dati in una probabile piattaforma, come avviene per i tutor PCTO.
Dunque, tra PEI, PDP, PFI, PFP, E-Portfolio, Documento del 15 maggio, adempimenti vari, eccetera, la vita scolastica è ammorbata da una serie di provvedimenti legislativi che si accavallano e si aggrovigliano tra di loro, formando non solo nodi difficili da sciogliere, ma anche “doppi nodi”, che aumentano la sofferenza interiore dei soggetti coinvolti.
Presi in questo fuoco incrociato, i lavoratori della conoscenza, come amo definirli io, non si rendono conto che le attività accessorie, cioè quelle che ricadono nella contrattazione integrativa d’istituto, stanno aumentando sempre di più a discapito dell’attività principale che è la didattica e tutelata dal contratto nazionale, dando luogo a quel paradosso, espresso in modo efficace dal titolo del libro: Gli insegnanti non insegnano gli studenti non imparano.
Il lavoro superfluo sovrasta quello necessario, mentre il tempo disponibile per ciascun lavoratore della conoscenza diminuisce, per via della proliferazione e sovrapposizione degli incarichi per far funzionare una macchina pompata da un’eccessiva produzione legislativa, che si traduce in una serie interminabile di atti, gesti e accrocchi vari che non lasciano respirare, che inghiottono gli spazi da dedicare a se stessi e agli altri, che ostacolano le interazioni tra i lavoratori, per coordinarsi sul come approcciare gli interventi educativi condivisi, ma ne soffrono anche le relazioni sindacali, ridotte a meri espedienti di sopravvivenza, senza slanci politici e sociali.
Il colmo di questa slavina legislativa, a parte la reiterazione e l’espansione dei rapporti lavorativi precari, è il rischio di sentirsi inutile, qualora non si dovesse seguire il flusso delle sovrapposizioni che producono le nuove figure di cartone, oh pardon! Figure professionali. Rinvii, disguidi e cancellazioni di attività sono all’ordine del giorno.
Per cogliere meglio la questione delle sovrapposizioni e delle scissioni, forse, la metafora degli scacchi potrebbe esserci di aiuto. In quest’ultimo contesto, sul piano della pragmatica, è come se si dicesse alla figura del cavallo di fare anche quella dell’elefante, che non è prevista in questo gioco, mentre nel contesto scolastico si fa strada l’ingiunzione: fai anche lo psicologo, l’amministratore di un’azienda, il direttore d’orchestra, tirato fuori dal cappello a cilindro del Ministro Profumo e così via; può succedere di ricevere il messaggio di muoversi come il cavallo e l’alfiere allo stesso tempo. Ebbene, proprio in queste circostanze, l’ambiente di apprendimento somiglia sempre di più a un alveare impazzito, là dove la danza interattiva confonde il linguaggio e quasi tutti cercano l’ape regina, la quale, purtroppo, è stracolma di richieste.
In questo breve articolo, il mio tentativo non è quello di buttare il bambino con l’acqua sporca, non è quello di sminuire il ruolo edificante degli educatori, non miro a gettare fango su un sistema scolastico pubblico che cade a pezzi, in quanto continua a raccogliere i cocci del neo-liberismo, pretendendo di appianare la dispersione e la disgregazione, quando nella nostra società queste due forme fenomeniche dilagano. Nonostante le tante contraddizioni che innervano gli ambienti di apprendimento, se gli studenti incontrano le persone che focalizzano l’attenzione sulla loro area dello sviluppo prossimale, stimolandoli a ragionare sugli argomenti che apprendono in modo significativo e non meccanico, allora, c’è la possibilità, può accadere che si verifichi quel salto qualitativo che produce un movimento nel pensiero, una trasformazione delle capacità acquisite in precedenza e quindi prepararsi per affrontare il gradino successivo.
Ma ripeto, il problema è di ordine sociale, nelle scuole – mi riferisco alle scuole superiori di secondo grado – vengono svolte una serie attività aggiuntive a cui è difficile dare un senso o meglio le assurdità che da esse promanano impediscono di trovare un senso socialmente condiviso. L’espressione sintetica di una Preside, che si è lasciata andare in un incontro formativo, molto probabilmente esplicita il concetto che sto cercando di sviluppare: "facciamo mille cose che non servono a niente e tralasciamo quelle due o tre cose importanti".
Tra di esse, a mio avviso, c’è la didattica, che, oltre ad essere inquinata dal nozionismo astratto, deve confrontarsi con le sollecitazioni che provengono dall’apprendimento informale, che si dispiega attraverso i social media, ma deve confrontarsi soprattutto con l’impatto dell’IA.
I consulenti e gli “esperti” del Ministero si sono affrettati a varare il Decreto che introduce il docente tutor, senza vagliare il dibattito in corso sull’IA, presi, come al solito, con l’acqua alla gola, disseminano fuffa, scaricando il cosiddetto lavoro sporco sui lavoratori della conoscenza e aumentando i carichi di lavoro, per una misera mancia.
Del resto, l’ingresso dell’IA nel mondo dell’istruzione ha sorpreso un po’ tutti, anche coloro che sono aperti alle innovazioni tecnologiche e quindi al passo coi tempi, generando uno stato mentale che oscilla tra due estremi: essere eccitati o terrorizzati. L’eccitazione deriva dalle innumerevoli applicazioni che l’IA troverà nella risoluzione dei problemi che l’umanità continuerà ad affrontare, mentre l’atterrimento emerge dal pericolo che le machine learning possano prendere il sopravvento sugli esseri umani. Da una parte Prometeo che si ribella agli dei, per donare agli uomini la potenza del fuoco, dall’altra la macchina che ingoia il suo creatore, il lavoro morto che divora il lavoro vivo.
I timori che suscita l’IA sono così elevati che a firmare l’appello, nel mese di maggio, sui rischi d’estinzione dell’umanità, come riporta il New York Times, ci sono anche l’amministratore delegato di OpenAI, Sam Altman, e il numero uno di Google DeepMind, Demis Hassabis.
Tuttavia, come riferisce il Financial Times, da un‘ indagine condotta, nel mese di aprile del 2023, da Varsity, un giornale studentesco di Cambridge, è emerso che quasi la metà degli studenti stava utilizzando ChatGPT come supporto, per completare il proprio percorso di studi. Eh già! Gli studenti hanno utilizzato le “applicazioni dell’IA, per riassumere contenuti, per preparare test, per trarre spunti su cui riflettere, ma anche per individuare indizi su come strutturare l’esposizione di un argomento”.
La reazione di coloro che hanno visto l’IA solo come un pericolo è stata forte, in molti condividono l’espressione che l’IA corrisponda at the death of education, come sottolinea Sal Khan, il dibattito continua a girare intorno a pregiudizi espliciti, della serie: gli studenti smetteranno d’apprendere, utilizzeranno la chatbot per fare i loro compiti, per barare e di conseguenza il processo di apprendimento collasserà. (2)
Khan, nella video conferenza a cui rimanda la nota, espone le sue argomentazioni e non concorda con queste ultime impostazioni, infatti sostiene che se l’IA è usata in modo appropriato, potrebbe svolgere un ruolo di tutoraggio, non necessariamente in contrapposizione a quello più specifico e qualificato dei docenti.
Infatti, con l’aiuto del suo team, nel mese di marzo del 2023, ha lanciato Khanmigo, un modello di tutor che utilizza il motore di GPT-4 e l’ha testato su migliaia di studenti – il progetto è tutt’ora in corso – della Khan Academy.
Il punto forte di questa macchina, il cui software è stato addestrato per consentire ai suoi utilizzatori di sviluppare il metodo socratico, è che non dà risposte dirette come ChatGPT4, non suggerisce le risposte agli studenti, ma li spinge ad articolare il loro pensiero.
The personal tutor, quando si accorge che lo studente che s’interfaccia con la macchina si trova in difficoltà, legge il contesto e gli chiede il perché sta lavorando su quei contenuti. In base alla risposta, individua i collegamenti per sviluppare le sue propensioni, le sue attitudini, funge, in qualche modo, da supporto meta-cognitivo su quello che sta apprendendo.
Insomma, secondo Khan, stando agli attuali sviluppi dell’IA, con tutti i rischi connessi, sembra che ci sia la possibilità di dare a ogni studente an amazing artificialy intelligent personal tutor.
Bisogna ammettere che la strategia didattica del team di Khan è molto articolata, cade a fagiolo e mette a nudo il pastrocchio legislativo del Ministro Valditara, che introduce la figura del docente tutor in tutte le scuole superiori.
Con l’AI personal tutor è possibile realizzare la visione di Bloom, delineata nel lontano 1984, d’impostare un rapporto tutoriale di 1 a 1, one to one, con una spesa sociale inferiore rispetto al rapporto tutoriale che va da 1 a un minimo di 30 e un massimo di 50. Rimane il punto fermo – come ho già esplicitato – che per i lavoratori della conoscenza che accettano di espletare la funzione di tutor, in base al Decreto N. 63, si verificherà, con molta probabilità, un peggioramento delle loro condizioni di esistenza, per qualche spicciolo in più, peggioramento che contribuirà al decadimento degli aspetti quantitativi e qualitativi del processo d’insegnamento-apprendimento.
Note
1) GoWare ebook team, Intelligenza artificiale e scuola: come cambieranno l’insegnamento e l’apprendimento?, 11-06-2023
2) How AI Could Save (Not Destroy) Education | Sal Khan | YouTube · TED
Fonte
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