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04/04/2013

Giochi, giochini, giochetti: ma qualcuno si ricorda dello stato di questo Paese?

La crisi prosegue in un delirio crescente, dove il primo problema è capire cosa vuole fare ciascun giocatore, al di là delle sue proclamazioni. La prima osservazione è che sono tutti furbi, ma nessuno è intelligente. Siamo di fronte ad una serie di trovate di piccolo cabotaggio, ma nessuno ha un vero disegno strategico. Facciamo una rassegna iniziando dal “giocatore capo”: Napolitano. La sua trovata dei saggi ha fatto infuriare sia Pd che Pdl, ha trovato freddo il M5s (che però converge sull’idea di lasciare Monti) e piace solo a Sc. Ma allora perché l’ha fatta? Il punto è che Napolitano ha segnato una svolta nella storia della Presidenza della Repubblica, che non è stata analizzata con l’attenzione sufficiente. Diciamocelo senza giri di parole: Napolitano è stato il Capo dello Stato costituzionalmente più scorretto e più “interventista” che ci sia mai stato. Roba da far impallidire i precedenti di Segni, Cossiga, Pertini che, quanto ad interventismo non scherzavano.

Non ha minimamente parteggiato per nessun partito (neppure il Pd che era quello da cui proveniva), ma non è mai stato un arbitro super partes, quanto, piuttosto, un giocatore in proprio, portatore di un autonomo disegno politico. Quale? Napolitano ha inteso il suo ruolo come garante, ma non della Costituzione ed, in primo luogo, della sovranità popolare nei confronti dei partiti (figuriamoci!), ma come garante dei patti internazionali –ed in particolare europei- dell’Italia, nei confronti di Parlamento, Governo ed elettorato. Al di sopra di ogni altra considerazione, Napolitano ha avuto la stabilità dell’Euro e la prona accettazione dei diktat che venivano dalla Ue e dalla Bce, anche se questo andava oltre il dettato costituzionale e contro la volontà popolare.

L’“audace” soluzione della crisi del novembre 2011 e poi la sorda opposizione a qualsiasi ragionevole ipotesi di elezioni anticipate nel 2012, erano del tutto funzionali al bisogno di controllare la crisi del debito sovrano europeo e, di conseguenza, dell’Euro. In questo momento la Ue e la Bce si trovano in una contingenza anche peggiore: l’Euro è al punto più basso sul dollaro da quattro mesi, la crisi greca continua a trascinarsi da una scadenza all’altra e, nel frattempo, è arrivata la crisi cipriota e si preannuncia quella slovena, mentre nubi nere si addensano sulla Francia.

Il bandolo della matassa, come sempre, è a Berlino, ma sino a settembre non c’è da sperare nella più piccola concessione della Merkel, che deve affrontare le sue elezioni e deve fare i conti con un’onda crescente anti euro: già si parla di un possibile nuovo partito che proporrebbe la vecchia idea dei due euro, quello "virtuoso" del nord e quello “vizioso” del sud.

In questo quadro, nuove elezioni anticipate in Italia, prima di settembre, significherebbero un più che probabile declassamento del rating dei titoli italiani, dunque un aumento del costo degli interessi e, di conseguenza, nuove turbolenze dell’Euro: tutto carburante per la propaganda degli anti Euro tedeschi.

Pertanto, prima delle elezioni tedesche non è desiderabile che ci siano  elezioni anticipate in Italia. E qui Napolitano ha la sua trovata. Il primo obiettivo è quello di rendere impossibili le elezioni a giugno, scopo raggiunto con l’annuncio di voler restare in carica “sino all’ultimo giorno”: cioè il 15 maggio, anche nel (probabile) caso in cui il Parlamento abbia già eletto da qualche settimana il nuovo capo dello Stato. Settimane preziose. Infatti, Napolitano non può sciogliere le Camere, il suo successore, se lui resta in carica sino alla fine (come gli ha esplicitamente chiesto Draghi) non potrebbe farlo prima del 20 maggio, il che significa che la prima data utile sarebbe il 7 luglio se non addirittura il 15: date impraticabili per diverse ragioni. Quindi, si va a dopo le elezioni tedesche.

Ma, nel frattempo, non si può dare la sensazione di un vuoto di potere che si protragga per mesi, il che potrebbe lo stesso provocare perturbazioni dell’area Euro. Ed allora, ecco la seconda trovata: intanto confermiamo che c’è Monti “pienamente operativo”, poi diamo la sensazione che la crisi sta evolvendo verso uno sbocco di tipo “Olandese”. Nei Paesi Bassi, si era profilata qualche mese fa una situazione di stallo simile che ha trovato lo sbocco in un governo dei due principali partiti rivali all’insegna del “pragmatismo”, cioè dopo un confronto, sotto gli auspici della Regina, sui punti su cui c’era convergenza. La commissione dei “saggi” doveva, appunto, dare la sensazione che si stesse andando in questa direzione e, infatti, a dimostrare che non si tratta di una missione astrattamente ricognitiva (come Napolitano dice ora), ma finalizzata ad un preciso disegno politico, lo dimostra il fatto che non ci sono rappresentanti né di Sel né del M5s che, infatti, non entrerebbero in un esecutivo di quel tipo.

Ora Napolitano, dopo la rivolta dei partiti, parla di “giorni”, ma va da sé che un confronto su temi di quello spessore, se fatto seriamente, richiederebbe ben più di una decina di giorni, così da avvicinarsi alla “tregua estiva”. Peraltro  potrebbe davvero funzionare e dar luogo ad un qualche “governo del Presidente” (se il successore volesse andare in questa direzione), magari con lo scopo di una nuova legge elettorale, e poi si vede… Napolitano a volte mi ricorda il titolo di una canzone della mia gioventù: “Ero l’attendente del Kaiser”. Sentitela: è una musichetta molto divertente.

Una furbata napoletana che, però, non è durata molto perché Pd e Pdl l’ hanno mandata a monte. Il gioco del Pdl è chiarissimo: ora ha il vento in poppa della rimonta di febbraio, può pensare di banchettare sulle spoglie di Scelta Civica, ha il Pd in panne, per cui ha buone possibilità di vittoria (quantomeno alla Camera), se si vota a giugno. Già settembre sarebbe una scadenza con più incognite, ma potrebbe anche andare, quello che deve evitare è di restare invischiato in una qualche soluzione transitoria (governi tecnici, di saggi, del Presidente o come li volete chiamare) che gli leghi le mani sino a giugno, quando ci sono le Europee dove, votandosi con il proporzionale, potrebbe esserci una ripresa della lista montiana. Comunque, il Pdl non ha alcun interesse a vedere Monti su quella sedia un giorno in più: andrebbe meglio persino Bersani perché così si potrebbe accusare il governo di tutte le nefandezze, mentre il governo Monti non serve neppure per fare opposizione.

Quanto al sistema elettorale, al Pdl va benissimo quello che c’è, che trasformerebbe il suo presumibile 35-40% di voti in un 54% di seggi.

Il Pd non ha motivi per guardare con particolare ottimismo a nuove elezioni, ma deve uscire dall’impasse per cui le elezioni sarebbero comunque preferibili ad una situazione di bagnomaria come potrebbe essere un governo del Presidente o simili. Peraltro, piuttosto che una grande coalizione, sarebbe preferibile persino una vittoria elettorale del Cavaliere: il Pd ha costruito la sua linea politica di questo decennio non tanto su una qualche precisa linea in positivo, quanto sull’opposizione a Berlusconi, cercando ogni volta di dar vita ad un sistema di alleanze costruito solo per batterlo. Pertanto, oggi una intesa anche solo indiretta, mediata o parziale, con il “nemico” per eccellenza, è vista con terrore, perché  provocherebbe una emorragia di consensi, presumibilmente a favore del M5s e, forse, di Sel. Per di più, su questo si riflette la partita interna: l’anima ex Pci (da Bersani alla sinistra di Fassina e Orlando) si è ricompattata ed, allo stato attuale, ha il controllo del partito che non intende assolutamente cedere a Renzi ed i suoi (mentre Dalema e Veltroni, ormai giocano ciascuno in proprio). Dunque, andare ad elezioni adesso troverebbe Renzi impreparato e dubbioso (nel caso vincesse il Pdl, si brucerebbe ed è ancora giovane). Per la stessa ragione Renzi e la destra del partito vorrebbero un anno di tempo e si acconcerebbero a qualche accordo anche con la destra magari camuffato in qualche modo. In ogni caso anche al Pd il sistema elettorale, per ora, va bene com'è, perché gli dà speranze di ripetere la vittoria alla Camera, anche se poi al Senato non si sa come fare: una riforma proporzionalista ridisegnerebbe la geografia politica italiana e questa è l’ultima cosa che il Pd vuole.

Di Scelta civica non c’è bisogno di dire: fosse per loro, dopo la scoppola presa, le elezioni le abolirebbero, comunque, più dura Monti meglio è. Anche perché, se dura sino al 15 aprile, può nominare il nuovo Cda di Finmeccanica che è sempre una bella occasione per piazzare amici (bel colpo eh Grillo?!).

Sarebbero gli unici ad avere qualche interesse ad una riforma della legge elettorale se non fossero terrorizzati da un innalzamento della soglia di sbarramento.

Il M5s è il soggetto più divertente. C’è chi dice che la preferenza per Monti dipende da umori liberisti e di destra che scorrerebbero sotterraneamente nel suo gruppo dirigente (e che, per la verità, a tratti vengono fuori). C’è chi pensa che questo dipenda da un astuto calcolo tattico per cui Monti è più debole (ma che significa più debole? Un governo senza maggioranza è sempre debole allo stesso modo, che lo presieda Monti, Bersani o Crimi.) Altri ci vedono un oscuro piano della Goldman Sachs. Deluderò gli appassionati di “cappuccino brioche ed intelligence”, ma temo che la verità sia molto più banale: Grillo ha preso il 25% ma non sa cosa farne e dove andare. La cosa più perfida che il Presidente della Repubblica potrebbe fargli sarebbe quella di dare l’incarico al M5s. Il primo problema sarebbe il nome del Presidente del Consiglio: Grillo no, per le stesse ragioni per cui non si è presentato alle elezioni (la condanna riportata anni fa) e allora chi? Crimi? Casaleggio? La Lombardi? La signora Maria di Voghera? Santa Rita da Cascia? Magari accetterebbero con la regola della rotazione ogni tre mesi e con il divieto di andare a trasmissioni televisive per Presidente del Consiglio e ministri. E non parliamo poi del programma…

Il fatto è che Grillo è preoccupato solo di preservare la sua “verginità” rispetto all’orrendo sistema dei partiti, per cui Monti sta là senza che lui debba fare niente, anzi non c’è nemmeno bisogno del dibattito di fiducia alla Camera: ve l’immaginate cosa direbbe Crimi intervenendo? Dopo uscirebbe dall’aula smentendo tutto. A proposito: oggi leggo che Crimi ha detto che l’ipotesi di un governo Bersani senza fiducia è una “ipotesi nuova sinora non valutata” che aprirebbe altri scenari (ma va! Non mi dire!). Manco a dirlo tre ore dopo Grillo lo ha bacchettato: Bersani e Monti sono la stessa cosa. Per cui meglio Monti.

Grillo sogna solo di arrivare alle elezioni (anticipate o europee) senza macchia di alleanze e di ripetere la denuncia dell’inciucio degli altri. E’ da notare che non ha affatto protestato per il fatto che il suo movimento (che, in fondo, è il terzo gruppo parlamentare ed ha più deputati di Lega e Scelta Civica) non fa parte della “commissione dei saggi”, magari anche solo per chiedere la diretta streaming delle riunioni delle due commissioni. A lui non interessa, anzi gli va bene perché così può sparare, come il Pannella d’altri tempi, contro l’ammucchiata dei partiti ecc. Nel frattempo sta studiando come surgelare i suoi parlamentari.

Magari, dopo un nuovo turno elettorale, con un altro successo, si vede cosa fare, per ora l’importante è cavalcare la tigre e non scendere da essa. Quanto poi alla legge elettorale devo ancora capire cosa vuole il M5s…

In mezzo a questo delirio di tutti i partiti (ed anche il M5s lo è, e ragiona da tale, anzi è anche un po’ più autoritario degli altri) c’è qualcuno che si ricorda di questo sciagurato paese e delle sue urgenze?

Fonte

La cosa che più mi fa girare i coglioni in tutto questo è che se quel pastone di Rivoluzione Civile non si fosse sputtanata rincorrendo il miraggio di un paio di seggi in Parlamento, ora potrebbe essere nelle strade a fare quello che il M5S ha fatto per mesi con la differenza di rivolgersi unicamente agli ambienti e soggetti prettamente di sinistra per fare zoccolo duro ma proponendo analisi e soluzioni condivisibili anche dall'elettorato più moderato.
S'è invece preferita la soluzione dell'armata Brancaleone e quel poco che restava della sinistra radicale s'è anche giocata la minima ossatura sul territorio di Rifondazione da cui si poteva partire per costruire qualcosa di realmente nuovo.
Andate a fare in culo cazzo, anche perché ora non si capisce proprio cosa si possa mettere insieme di davvero diverso e di sinistra.

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