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01/02/2015

Mattarella Presidente: vincitori e perdenti nella battaglia del Quirinale


Come era facile prevedere sin da ieri, Mattarella è stato eletto Presidente. Facciamo ora il bilancio di questa tornata presidenziale dando la “pagella” a ciascuno dei giocatori.

Renzi: è il vero vincitore, anche se non ha colto a pieno i suoi obiettivi, in primo luogo perché avrebbe voluto una conferma del Nazareno, che invece si incrina, in secondo luogo perché questo, per lui, è un candidato di compromesso e non quello che avrebbe preferito. Sicuramente Fioroni, Veltroni, Chiamparino, Pinotti, Franceschini, Fassino gli sarebbero stati più congeniali. E questo è il quinto di bicchiere vuoto. In compenso:

a. compatta il partito ed allontana la scissione;

b. ottiene un forte successo di immagine confermando il suo “decisionismo” (“sabato avremo il Presidente” e così è stato);

c. riconquista Alfano (ma non ci voleva molto);

d. erode un po’ di parlamentari al M5s;

e. si annette Sel;

f. dimostra a Berlusconi di poter fare a meno dei suoi voti;

g. rafforza di molto la probabilità di restare sino al 2018;

Diciamo che ha vinto all’80%. Spiace dirlo ma è così.

M5s: vincitore indiretto e parziale. L’asse principale della manovra (mettere in crisi il Nazareno sul fianco del Pd imponendo Prodi o facendo pagare a Renzi il prezzo di una scissione sanguinosa) non è riuscito, su questo non c’è dubbio, perché i bersaniani non si sono presentati all’appuntamento. Ci sono, però, risultati positivi che compensano in parte.

a. con la lettera di Grillo e Casaleggio, hanno imposto la rottura delle trattative fra Renzi e Berlusconi, costringendo Renzi a fare il nome del prescelto prima dell’inizio delle votazioni;

b. hanno sbarrato la strada a candidati sicuramente peggiori, portando la scelta su un uomo di decente mediazione;

c. hanno incrinato il patto del Nazareno anche se, imprevedibilmente, sul suo fianco destro (Forza Italia) piuttosto che su quello sinistro (il Pd). Ora il Nazareno è in sala rianimazione e può riprendersi, ma con danni permanenti.
Probabilmente in questo ha pesato un certo disorientamento interno, le divisioni, il ritardo con cui l’operazione Prodi (che andava varata nell’immediata ripresa dopo le vacanze di Natale) è stata condotta, oltre che il persistere, tanto nel gruppo parlamentare quanto nella base, di orientamenti un po’ "integralisti” che non contemplano né sfumature né articolazioni tattiche. Tuttavia c’è un segnale che non va trascurato: nella consultazione on line, Prodi è arrivato secondo (due anni fa era solo quinto) con circa il 20% dei voti cui andrebbe aggiunta la quota di Bersani, segno che anche fra gli attivisti inizia a farsi strada una concezione più matura della battaglia politica. E va tenuto presente.

Diciamo una vittoria al 55% contro un 45% negativo.

Civatiani: sul piano dei risultati effettivi è una Caporetto: restati soli a votare Prodi che, peraltro li aveva sconfessati con la sua rinuncia, “traditi” oltre che da Bersani anche da Vendola, si trovano in una condizione molto difficile nel partito, come unica vera opposizione a Renzi, ma con rapporti di forza del tutto sfavorevoli. Dunque, sul piano effettivo è una sconfitta piena. Ma in politica valgono anche i risultati simbolici e i civatiani ne escono a testa alta come i più coerenti e lineari. Sono i vincitori morali di questa battaglia e questo ha un valore.

Per cui diciamo, sconfitta al 60% ma vittoria al 40%.

Bersani-Cuperlo: hanno ottenuto un nome gradito e sono (per il momento) rientrati in gioco. Però, hanno rinunciato alla battaglia su Prodi, dimostrandosi assai poco coraggiosi o dando l’impressione di non volersi scontare perché forse, alla conta, sarebbero risultati molti meno del previsto. Comunque una scelta che li indebolisce perché avrebbero potuto votare Prodi nei primi tre scrutini per poi tentare la mediazione su Mattarella. Il dato peggiore è che in questo modo archiviano definitivamente l’ipotesi della scissione, perdendo la loro principale arma nei confronti di Renzi che li aspetta al varco della formazione delle liste per decapitarli uno per uno. Logica vorrebbe che ora facessero pesare il loro potere contrattuale quando la legge elettorale tornerà alla Camera per il voto finale, ed ottenessero di far saltare la norma sui capolista automaticamente eletti. Vedremo se questa volta avranno un po’ di coraggio, ma ne dubitiamo molto.

Diciamo sconfitta all’80% e vittoria al 20%.

Sel: non è stata determinante ma solo aggiuntiva, con il risultato che l’elezione di Mattarella sembra un “Nazareno allargato a Sel”. La disponibilità su Prodi non c’è stata appena Bersani si è ritirato, neppure con un simbolico voto sul suo nome alla prima votazione dove i civatiani sono restati soli, con il risultato di far sembrare Sel una appendice esterna dei bersaniani e di indebolire il rapporto con Civati.
Tuttavia, hanno ottenuto un pallido successo di immagine apparendo come quelli più “realistici” dei cinque stelle. Peccato che sembrino anche più realisti del re.

Diciamo una vittoria al 15% con un tasso negativo dell’85%.

Alfano e Ncd: aveva iniziato giocando la battaglia sul tavolo di Bersani, anche se non si capisce che vantaggio potesse venirgliene, visto che una vittoria piena del Nazareno, magari con rientro di Fi nella maggioranza di governo, li rende semplicemente inutili: se Pd e Fi trovano una intesa, si torna alla situazione precedente al novembre 2013 e la loro scissione perde ragion d’essere. Quindi una strategia perdente sin dall’inizio che, però, Alfano è riuscito a peggiorare con la decisione dell’ultimo minuto di convergere su Mattarella, non appena Renzi gli ha detto: “Andate fuori dal governo”. Fra democristiani si capiscono ed il democristiano Renzi sa che i democristiani di Ncd possono resistere a tutto meno che alla prospettiva del digiuno. Il digiuno è davvero troppo! Solo che così rientrano nel governo ma passando sotto le forche caudine e d’ora in poi potranno aprire bocca solo per dire “Yes, Sir!” però ce l’hanno fatta a rientrare.

Sconfitta al 91% e vittoria al 9%.

Berlusconi: che ne parliamo a fare? Voleva Amato, voleva la Grazia, voleva essere determinante ed imporre un cambio di maggioranza, magari con la scissione del Pd, voleva riassorbire la scissione di Alfano… risultato: 0 + 0 + 0 +0 + 0. Fare voi la somma, però ricordatevi di aggiungere il crollo di immagine rispetto ai suoi e la rivolta interna in atto. La mia classificazione non prevede di scendere nei numeri negativi, per cui mi limito a dire: sconfitta al 100%.

Nazareno: è morto o no? Mai dire mai, per cui è possibile che esca dalla sala di rianimazione, in ogni caso con due danni permanenti: l’indebolimento della leadership di Berlusconi su Fi dove è sempre più contestato ed il crollo di fiducia reciproca fra i contraenti. Per la verità, il Cavaliere non ha tutti i torti a parlare di tradimento perchè sin qui ha sicuramente più dato che ricevuto: ha mollato quasi tutto sulla legge elettorale (doppio turno, premio di lista, parziale restaurazione delle preferenze), ha sostenuto la riforma del titolo V aliendandosi definitivamente la Lega, ha lasciato passare anche le misure di politica economica del governo Renzi contro la sua stessa base elettorale, facendo una opposizione pro forma, ha eletto il giudice costituzionale di quota Pd, ha sostenuto (non del tutto disinteressatamente) la politica estera del governo. Ha perso tutti gli alleati e si trova una forte fronda interna. In cambio di cosa? Grazia neanche a parlarne, salvezza di Mediolanum ancora sub judice, giudice costituzionale ancora da avere.

Insomma, l’aspettativa di un Capo dello Stato gradito, dal suo punto di vista non era neppure tanto infondata. E invece… Allora, se foste al suo posto, vi fidereste di uno come Renzi? E dunque, il Nazareno forse risorgerà, ma non dovrà fumare, bere o fare troppi sforzi e seguire abitudini di vita molto tranquille, come gli infartuati gravi. Sempre che ce la faccia davvero.

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