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11/07/2015

Nasrallah: "La liberazione della Palestina passa attraverso la Siria"

La liberazione della Palestina passa attraversa la Siria e l’unica speranza per i palestinesi è l’Iran. E’ questo, in sintesi, quello che ha detto ieri il leader del partito libanese Hezbollah, Hasan Nasrallah, nel suo discorso in occasione del Quds Day (il giorno di Gerusalemme). Dall’Iran, passando per l’Iraq e giungendo in Libano, ieri centinaia di migliaia di persone hanno preso parte alle manifestazioni in difesa della città santa che hanno luogo ogni anno l’ultimo venerdì di Ramadan. La festa fu proclamata nel 1978 dall’ayatollah Ruhollah Khomeini secondo il quale era un dovere religioso per ciascuno musulmano esprimere solidarietà ai palestinesi e “liberare Gerusalemme”.

“I nostri combattenti che vengono uccisi in Siria stanno morendo per il bene della resistenza in Siria, Libano e Palestina” ha dichiarato Nasrallah durante il suo discorso televisivo. “La strada per Gerusalemme – ha poi aggiunto – passa attraverso Qalamoun, Zabadani Daraa e Hasakeh [luoghi siriani dove stanno avvenendo duri combattimenti] perché se si perde la Siria, si perde anche la Palestina”.

Da qui l’esaltazione della repubblica islamica. “Non si può essere sostenitore della Palestina se non lo si è anche dell’Iran i cui nemici sono nemici di Gerusalemme. La nostra speranza, dopo Dio, è la repubblica iraniana e il sostegno che dà ai movimenti di resistenza nella regione” ha affermato il leader del Partito di Dio. Nel suo discorso Nasrallah ha fatto anche un breve riferimento ai negoziati sul nucleare in corso a Vienna. “Se l’intesa si basa sulla precondizione di riconoscere lo stato d’Israele, allora la Repubblica iraniana e le sue persone non lo accetterebbero perché così rinuncerebbero ad un loro credo”.

Le violenze, intanto, proseguono senza sosta in Siria. In particolare ad Aleppo e Der’a dove le forze ribelli non riescono ad avere la meglio sulle truppe del presidente siriano al-Asad. Ma i combattimenti si registrano anche nella zona centrale e nella parte nord-orientale del Paese. Soltanto nella giornata di ieri la coalizione anti-Is (acronimo per Stato islamico) ha compiuto in Siria 15 raid aerei colpendo al-Hasakeh (nord est), Aleppo (la de facto “capitale” siriana dello Stato islamico), Ayn Isa, Kobane e Tal Abyad.

Combattimenti, bombe e raid rendono la situazione umanitaria sempre più disastrosa nel Paese. A lanciare ieri l’allarme è stata l’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia. Secondo l’Unicef, infatti, per milioni di bambini siriani c’è “un alto rischio” di ammalarsi a causa della carenza d’acqua e del caldo torrido. Dall’inizio del 2015, sostiene l’agenzia dell’Onu, sono stati registrati 105.866 casi di diarrea acuta e si è verificato un brusco aumento dell’epatite A. “La situazione è allarmante – ha dichiarato Hanaa Singer, rappresentante Unicef in Siria – l’acqua è diventata sempre più rara e le scarse condizioni igieniche, soprattutto tra le comunità di sfollati, aumentano i rischi per i bambini”.

Ad aggravare la situazione è stata poi la chiusura dei varchi di confine con la Giordania a inizio anno che non ha permesso l’ingresso dei rifornimenti di acqua. L’Unicef ha chiesto 5 milioni di dollari entro la fine di agosto per poter risolvere questo problema. Nella tragedia siriana c’è però una buona notizia: l’ufficiale dell’Onu William Spindler ha detto che l’agenzia dei rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr) è in contatto con le autorità giordane per permettere a 1.800 persone bloccate sul versante meridionale della Siria di attraversare il confine. Una boccata di ossigeno per questi civili che, intrappolati nei combattimenti in corso nell’area e isolati, versano da tempo in condizioni misere.

Drammatica resta la situazione in Iraq. Almeno 72 persone sono state uccise ieri in due separati episodi di violenza a Baghdad. Nel primo, sono morte 6 persone a causa di un’autobomba che è esplosa nella zona sud occidentale della capitale. Nel secondo, invece, sono stati assassinati 17 soldati iracheni nel distretto di Zaferanieh dagli uomini del califfo al-Baghdadi.

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