Tregua iniziata ma subito violata. Aerei da guerra della coalizione
sunnita a guida saudita hanno colpito varie postazioni dei ribelli yuthi
nella città di Ta’ez nelle prime ore di sabato, poche ore dopo che era
entrata in vigore la tregua umanitaria.
Due raid aerei hanno colpito via Arbaeen a Taez dove gli
scontri tra gli yuthi e i combattenti fedeli al presidente in esilio
Abed Rabbo Mansour Hadi sarebbero continuati anche dopo il
cessate-il-fuoco annunciato per mezzanotte. Secondo testimoni
oculari, i ribelli zaiditi [lo zaidismo è una variante dello sciismo,
ndr] avrebbero colpito diversi quartieri in cui si trovano i fedeli di
Hadi. Secondo l’agenzia di stampa yemenita vicina al governo in
esilio, sarebbero stati i ribelli e i loro alleati rappresentati dai
lealisti dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh a mandare rinforzi a
Ta’ez prima che avesse inizio la tregua. Avrebbero dunque loro provocato
la reazione della coalizione sunnita che avrebbe attaccato solo per
ritorsione. Nessun raid aereo del resto, argomentano i media
vicini a Riyad, è stato registrato in altre aree del Paese. I jet
militari del blocco a guida saudita si sono limitati a volare sulla
capitale Sana’a. Una scelta provocatoria a maggior ragione se le armi
tacciono.
Se i ribelli zaiditi abbiano causato o meno l’aggressività del blocco
sunnita è difficile da verificare. Quel che è certo, però, è che
la tregua di sei giorni – richiesta dall’Onu per distribuire aiuti
umanitari ad una popolazione civile ormai stremata – è stata subito
violata. Una notizia che, a dire la verità, non stupisce
affatto se si pensa che un ufficiale saudita aveva già definito il
cessate-il-fuoco “inutile”. I raid dell’alleanza sunnita hanno
confermato i timori del leader dei ribelli, Abdel Malik al-Huthi, che,
dagli schermi della tv al-Masirah, aveva detto ieri di “non avere molte
speranze riguardo al successo della tregua”. Del resto avevano convinto
poco le rassicurazioni di Hadi secondo cui la coalizione a guida saudita
avrebbe rispettato il cessate-il-fuoco e che egli stesso aveva chiesto
una pausa ai bombardamenti.
Poco più di 21 milioni di yemeniti – più dell’80% della
popolazione – necessitano di aiuto. Di questi, 13 milioni soffrono la
fame. La scorsa settimana le Nazioni unite hanno dichiarato nel
Paese un livello di emergenza umanitario di livello 3, il più alto
secondo la scala dell’Onu.
Ma in Yemen non piovono dal cielo solo i razzi del blocco
sunnita. Due missili sparati da droni statunitensi nel sud est del Paese
hanno ucciso 10 presunti membri di al-Qa’eda. Tra le vittime vi sarebbero anche tre comandanti locali. I raid avrebbero colpito un veicolo e un container carico di armi venerdì notte al porto di Mukalla, la capitale della provincia sud orientale di Hadramawt (regione in mano ai qa’edisti).
Nelle ultime tre settimane 23 (presunti) fondamentalisti islamici sono
stati uccisi in attacchi simili dagli statunitensi. La vittima più
celebre è stata Nasir al-Wuhayshi, il leader del ramo yemenita di
al-Qa’eda (noto come Aqap), centrato da un missile lo scorso 16 giugno.
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