La notizia viene paradossalmente data come positiva: la Apple pagherà le imposte dovute allo Stato italiano per gli ottimi affari realizzati nel nostro paese (vi ricordate la kermesse del 2 luglio all'Apple store di Milano?). Ma la notizia va letta tutta e in controluce: la Apple doveva pagare quasi 1 miliardo di euro di evasione fiscale ma ne pagherà solo meno di un terzo, 318 milioni per l’esattezza. Un trattamento decisamente generoso, da fare invidia ai milioni di contribuenti che fanno i conti con le implacabili contestazioni del Mef e devono pagare fino all’ultimo euro. E’ un problema di “peso” risponderanno i soliti pragmatici. “Meglio che una multinazionali paghi un terzo del dovuto piuttosto che vederla andar via dal paese” ci ripetono in continuazione perpetrando una logica del ricatto e della subalternità che andrebbe spezzata con decisione. Al di là delle mille possibili contestazioni politiche e morali a questo impianto di ragionamento, un aspetto del problema è proprio quello fiscale.
Le multinazionali infatti depositano i loro libri contabili nei paesi che offrono i sistemi fiscali più vantaggiosi, praticando a piene mani quel dumping fiscale tanto deplorato ma altrettanto praticato a tutti i livelli anche dentro l’Unione Europea. Ad esempio l’attività economica della Apple in Italia pagava però le imposte in Irlanda dove sono tra lo 0,05 e lo 0,06% rispetto al 27,5% previsto nel nostro paese (dove le attività industriali continuano ad avere una tassazione più alta di quelle finanziarie o immobiliari).
Alla fine la Apple ha ammesso ufficialmente l’esistenza di una sua “stabile ed occulta organizzazione in Italia” (sembra quasi di parlare dell’Isis, ndr) ed è pervenuta ad un accordo con il Ministero delle Finanze sia per sanare le imposte dovute sia per coordinare il pagamento di quelle future. Lo sconto sui pagamenti dovuti è stato, come abbiamo visto, assai generoso. A quel punto l’ufficio contabilità della Apple ha compilato un modello F24 (come quello che molti hanno usato per pagare la Tasi) ed ha versato il malloppo. Sembra che contenziosi e accordi analoghi sia in itinere anche con Google, Amazon, Western Digital e Facebook.
Ma la generosità del Ministero delle Finanze verso le multinazionali può mettere a memoria anche un altro sconto generoso, quello fatto ad una società operante nel verminaio del gioco d’azzardo online: la PokerStars. Aveva dichiarato dei mancati ricavi per 300 milioni di euro… ne pagherà al fisco solo 10. Una conferma che le società concessionarie o attive nel gioco d’azzardo continuano a usufruire nel nostro paese di una indulgenza fiscale estremamente sospetta.
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