Comincia oggi il viaggio del presidente iraniano Hassan Rohani in
Europa, più precisamente in Italia e in Francia. Una visita fortemente
voluta – la prima ufficiale in Europa – e prevista per lo scorso
novembre, poi rimandata a causa degli attentati di Parigi, che si
prefigge di rinsaldare le relazioni politiche tra la Repubblica
Islamica, a lungo tenuta nell’isolamento internazionale, e i governi
europei. Ma soprattutto, che vuole riallacciare quelle relazioni
economiche andate perdute dall’imposizione delle sanzioni internazionali
a partire dal 2006.
Rohani, infatti, sarà accompagnato da 60 tra imprenditori e direttori
di aziende pubbliche del paese, e il mondo economico italiano aspetta
con ansia l’appuntamento di domani mattina all’hotel Parco dei Principi
per il Business Forum Iran-Italia con il presidente di Confindustria
Giorgio Squinzi: la speranza, che trapela sia sulla stampa italiana che
su quella iraniana, è di riportare le relazioni economiche tra i due
paesi ai livelli del 2011, quando i contratti furono congelati in virtù
delle misure punitive imposte dalla comunità internazionale a Teheran
per via del suo programma nucleare considerato controverso.
Un mercato appetitoso, quello iraniano, che fa ritrovare quasi
intoccati i posti nei settori in cui Roma era più attiva: metallurgia,
siderurgia, automobili, infrastrutture e costruzioni, ma
soprattutto l’agognato settore petrolifero, di cui l’italiana ENI era
una delle principali presenze straniere e uno dei maggiori compratori
del greggio iraniano. Sulla questione si era espresso qualche giorno fa
anche il presidente dell’ENI Claudio Descalzi, che si era detto “felice
che l’Iran sia tornato – come dichiarato ai microfoni della RAI – perché
questo permetterà di diversificare l’approvvigionamento energetico del
sistema europeo”. Ma aveva anche avvertito che la Repubblica islamica
necessiterà di “150 miliardi di dollari di investimenti per avere un
reale impatto sul mercato globale, e 150 miliardi di dollari non si
trovano facilmente dall’oggi al domani”.
Un mercato intero da ricostruire, quello iraniano, provato dagli anni
dell’isolamento internazionale, colpito duramente dalla crisi economica
mondiale che ha contribuito alla recessione degli anni 2012-2013 e che
ha ricominciato piano piano a rialzarsi solo con l’elezione di Rohani
nel 2013 e con la distensione sul programma nucleare. Ora che la prima
tranche di 100 miliardi di dollari di beni congelati è stata rilasciata
come da accordo, siglato lo scorso luglio con le potenze del 5+1,
l’economia iraniana può ricominciare a sperare, ma analisti ed
economisti avvertono che saranno molti i sacrifici che dovrà fare
Teheran.
C’è poi la spinosa questione della disoccupazione, in continua
crescita: secondo l’ultimo report diffuso dalla Banca Mondiale, il tasso
di disoccupazione della Repubblica Islamica si attestava a 11,4 per
cento nel 2014 contro il 10,4 per cento dell’anno precedente.
Particolarmente colpite sono le donne (20,3 per cento contro il 8,7 per
cento degli uomini) e i giovani tra i 15 e i 29 anni (17,9 per cento
per gli uomini e 39 per cento per le donne in questa fascia di età).
Secondo l’agenzia ufficiale IRNA, inoltre, l’Iran necessita
di modificare e migliorare il proprio sistema finanziario per spianare
la strada alla presenza di aziende straniere nel paese: sempre secondo
l’ultimo report della Banca Mondiale, il settore finanziario – come
tutti gli altri settori dell’economia – è dominato dalle banche
pubbliche. Il contesto imprenditoriale, secondo i dati della Banca
Mondiale, resta infatti restrittivo, con il paese che si è piazzato al
130esimo posto sui 189 paesi esaminati nel 2015 per la loro capacità di
business. All’interno della regione MENA, solo Algeria, Gibuti, Iraq,
Libia, Siria, Cisgiordania e Gaza sono gli unici paesi che seguono
l’Iran nella classifica.
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