Il ministro dell'Economia Padoan, nell'Atto di indirizzo per il conseguimento degli obbiettivi di politica fiscale per gli anni 2016 - 2018, ha diramato le linee guida alle Agenzie su come perseguire gli illeciti fiscali.
Compliance è la parola magica che dovrà orientare l'attività delle Agenzie Fiscali, e sul livello di adempimento spontaneo dovrà misurarsi anche una parte importante del sistema di incentivi per il personale.
Il termine, inglese perché ora si usa così, è di quelli accattivanti e sottende un ragionamento che parte da premesse sbagliate ed arriva a conclusioni ancor peggiori: stop alla contrapposizione totale tra contribuenti ed amministrazione, non si può pretendere di combattere i mille rivoli dell'evasione fiscale diffusa oramai capillarmente sul territorio, meglio incentivare l'adesione e la collaborazione volontaria per indurre gli evasori ad adempiere spontaneamente gli obblighi tributari.
Detta così potrebbe sembrare persino un ragionamento di buon senso, ma...
Intanto, a memoria, non ricordiamo nessun governo che abbia condotto seriamente se non una guerra almeno qualche singola battaglia contro l'evasione.
Piuttosto ricordiamo gli strali lanciati dall'ex ministro Tremonti e dall'ex Direttore dell'Agenzia Befera nei confronti di chi svolgeva attività di controllo additato come turbatore della normale attività di impresa, o le fantasiose elucubrazioni sull'evasione da necessità o il ritornello tanto caro anche all'attuale Ministro sul Fisco che da controllore deve trasformarsi in consulente, naturalmente delle imprese e delle banche
L'Italia non è la Svezia o la Norvegia ove la cultura del pagamento delle tasse è senz'altro più avanzata, ma un paese dove l'evasione fiscale raggiunge dimensioni impressionanti al punto che gli osservatori internazionali l'hanno definito il paese più corrotto d'Europa.
Ma soprattutto il ritornello sul nuovo modello collaborativo avviene nel bel mezzo di una delega fiscale che ha messo in campo una serie di misure che hanno garantito impunità fiscale per i grandi evasori: condoni per reati gravissimi, allentamento del piano sanzionatorio, depenalizzazioni di numerose fattispecie, innalzamento del tetto per l'uso del contante.
Gli stessi destinatari di queste misure sarebbero poi i contribuenti con i quali collaborare amichevolmente, mentre 17 milioni di lavoratori dipendenti e pensionati continuano a subire un carico fiscale sempre più insopportabile.
Naturalmente la mutazione genetica del ruolo del fisco da controllore a consulente della grande imprese avverrebbe senza investire risorse e qui scatta l'ennesimo cortocircuito perché se l'attività di controllo deve essere mirata, il c.d. tutoraggio dovrebbe essere massivo, ma non è previsto alcun piano di assunzione ed anzi nell'atto di indirizzo si continua ad obbedire alla logica della spending review.
Pensare di trasformare evasori seriali in contribuenti virtuosi con una pacca sulla spalla o con un po di moral suasion è come illudersi di trasformare Al Capone in un benefattore con una ramanzina sul valore della legalità.
Ma qui non si tratta di ingenuità ma di una precisa scelta politica.
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