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26/01/2016

ZeroHedge: la fine dell’era delle bolle finanziarie

tratto da www.vocidallestero.it

ZeroHedge riporta un interessante articolo scritto a dicembre da David Stockman, ex politico e uomo d’affari americano. Secondo Stockman l’economia mondiale è di fronte ad un periodo di deflazione almeno decennale (la ‘stagnazione secolare’) causato dalla politica di tassi bassi in vigore dagli anni ’90; questi tassi hanno alimentato, oltre alle bolle speculative degli ultimi 25 anni, un’enorme bolla sugli investimenti in beni capitali che ha enormemente ampliato la capacità produttiva mondiale oltre la capacità della domanda di assorbirla, rubando capacità produttiva al futuro. Dopo 84 mesi di zero lower bound e con la liquidità indotta con i QE sui mercati degli asset che ha causato investimenti sempre più speculativi, la risalita dei tassi, già avviata, innescherà la distruzione di questa capacità in eccesso per via deflattiva. L’alternativa – con i tassi ancora a zero – è il crollo del sistema finanziario.

di David Stockman, 13 dicembre 2015


Ci stiamo avvicinando a un punto di svolta cruciale nel ciclo globale delle bolle finanziarie che è in corso da più di due decenni. Vale a dire, le banche centrali del mondo hanno finalmente finito la polvere da sparo. Saranno incapaci di fermare l’implosione del credito, che inesorabilmente seguirà la nuova bolla.

Finiremo col parlare della Fed che si appresta ad un cambiamento epocale alzando i tassi di interesse, ma prima è fondamentale delineare il contesto macroeconomico globale.

In una parola, stiamo entrando in una grandiosa deflazione. Il precipizio si manifesta nel rinnovato massacro che si sta svolgendo nei mercati delle materie prime.

Questa settimana l’indice Bloomberg delle materie prime, che comprende tutto, dal petrolio greggio a soia, rame, nichel, cotone e bestiame, è affondato sotto quota 80 per la prima volta dal 1999. Adesso è inferiore quasi del 70% rispetto al suo massimo storico, alla vigilia della crisi finanziaria, e del 55% dal suo picco durante la ripresa del 2011.


I rialzisti di Wall Street e gli apologeti keynesiani della Fed vogliono farvi credere che non c’è molto da dire. Sostengono che è solo un temporaneo eccesso di petrolio e qualche eccessiva esuberanza di investimenti in conto capitale nel settore dei metalli e dell’industria mineraria.

Ma le loro rassicurazioni che, in un anno o giù di lì, l’attuale eccessiva offerta di rame, greggio, minerali di ferro e altre materie prime sarà assorbita da un’economia globale in espansione non potrebbero essere più lontane dalla verità. In realtà, questo errore è al centro del mio punto di vista sugli investimenti.

Noi riteniamo che l’economia globale sia enormemente rigonfia di spesa basata su debito che non può essere sostenuta. E che questa distorsione sia aggravata sul lato dell’offerta da un incredibile surplus di capacità produttiva in eccesso. A cui si sommano antieconomici e cattivi investimenti che sono stati innescati dal credito a bassissimo costo offerto dalle banche centrali.

Di conseguenza, l’economia mondiale in realtà sta per contrarsi per la prima volta dagli anni ’30. Questo perché il prezzo in caduta delle materie prime è solo il preludio a quella che sarà una depressione degli investimenti in conto capitale in tutto il mondo – proprio il genere di cose che non è più successo dagli anni ’30.

C’è stato così tanto eccesso di investimenti nel settore energetico, minerario, in quello della lavorazione, produzione e stoccaggio dei materiali, che nulla di nuovo sarà costruito negli anni a venire. Il boom degli ultimi due decenni, in sostanza, [anticipando gli investimenti] ha rubato al futuro molto della sua capacità di produzione.

Quindi ci sarà una seria riduzione nella produzione di macchine per miniere e movimento terra, di impianti di perforazione per i giacimenti di petrolio, di autocarri pesanti e vagoni ferroviari, di navi cargo e portacontainer, di macchinari per la movimentazione e lo stoccaggio di materiali, di macchine utensili e apparecchiature per il trattamento chimico e molto, molto altro.

Il punto cruciale, però, è che la netta riduzione dell’industria dei beni capitali ha implicazioni molto più distruttive per la macroeconomia rispetto ad una riduzione delle vendite di elettrodomestici di consumo o del numero di posti in bar e ristoranti.

I servizi sono praticamente senza scorte di lavoro e le catene di approvvigionamento di beni di consumo durevoli come lavastoviglie e automobili in genere hanno forse da 50 a 100 giorni di scorte a portata di mano. Così, quando si accumulano investimenti eccessivi in scorte, l’alleggerimento delle stesse e la conseguente riduzione della catena di approvvigionamento sono relativamente di breve durata.

Ma quando si tratta di beni strumentali il metro importante per la misura dell’inventario è la capacità in essere. Ecco dove le politiche pro-bolle finanziarie da parte della Fed e delle altre banche centrali hanno fatto tanti danni.

Lunghi periodi di costo sotto mercato del capitale inducono la aziende a sopravvalutare drasticamente il rendimento degli investimenti. E quindi alla fine ad accumulare l’equivalente di anni e anni di eccesso di capacità.

Questo è molto diverso dalle recessioni dei beni di consumo vissute dai nostri nonni negli anni ’50 e ’60. Quelle tipicamente implicavano tagli moderati di produzione e diversi trimestri di riduzione delle scorte. Questa volta l’aggiustamento dei beni capitali richiederà anni, forse più di un decennio.

Ecco perché.

Quando le miniere di ferro sono ampiamente sovradimensionate, per esempio, i nuovi ordini per le grandi macchine gialle da miniera della Caterpillar (CAT) possono scendere quasi a zero. Ecco perché CAT sta già vivendo il più lungo periodo di calo delle vendite al dettaglio – 35 mesi di fila e non è ancora finita – nella sua storia centenaria.


Questo è anche il motivo per cui la recessione globale in arrivo sarà così prolungata e ostinata. Quando il credito a buon mercato genera un boom di beni capitali longevi e costosi, dà luogo ad una “conduttura” di nuove capacità.

Questa conduttura non è facile da chiudere e spesso ha senso completarla – diciamo portacontainer, acciaierie o nuovi campi minerari – anche se i prezzi e la redditività sono già in declino. Questo è noto come il problema dei “costi irrecuperabili“.

Gli ordini di macchine da miniera rischiano di restare profondamente depressi per il resto del decennio. E questa sindrome si presenterà anche nella maggior parte degli altri settori, come per camion pesanti, cantieri navali, impianti di perforazione petrolifera, ecc.

Questa depressione nelle industrie di beni capitali, a sua volta, significa la scomparsa di migliaia di posti di lavoro altamente qualificati e ben remunerati in aziende come Caterpillar. Lo stesso accadrà per le loro vaste catene di rifornimento di componenti, materiali e fornitori di servizi in outsourcing. E la cascata di queste contrazioni lungo la catena alimentare dell’economia intensificherà ed espanderà ulteriormente la dinamica deflazionistica.

Il grafico sottostante da qualche suggerimento sulla crisi massiccia che si sta parando davanti al mondo intero.

Nel corso degli ultimi 25 anni gli investimenti in conto capitale da parte delle società quotate in borsa del mondo sono cresciuti di un incredibile 500%. Gran parte di questo fenomeno è accaduto in Cina e nelle economie dei mercati emergenti (EM), e nelle infrastrutture di trasporto e di distribuzione che li collega.


Eppure questa massiccia esplosione della spesa per investimenti non si è verificata perché diversi miliardi di contadini asiatici improvvisamente hanno deciso di mettere da parte un’infinità di nuovi capitali.

In realtà, questa campagna senza precedenti di costruzioni e investimenti in conto capitale è stata finanziata quasi interamente dall’emissione massiccia di credito a tasso di interesse reale virtualmente nullo.

Ciò significa che il capitale è stato drasticamente sotto-prezzato facendo abbondare sprechi, eccessi e inefficienze.

Alla fine, l’economia globale si è pericolosamente sbilanciata. E queste conseguenze negative del falso boom di credito delle banche centrali mettono infatti in evidenza le opportunità di investimento future.

Il sano investimento capitalistico basato sui prezzi di mercato e sull’accantonamento del risparmio dal reddito corrente può andare avanti all’infinito, alimentando l’aumento di efficienza, produzione e ricchezza.

Ma gli investimenti in conto capitale basati sul credito a basso costo consentono solo temporaneamente all’economia mondiale di allargare la sua torta, e mangiarsela anche. Ora è il tempo del conto.

Inutile a dirsi, durante la fase di espansione della bolla finanziaria innescata dalle banche centrali, regna l’ottimismo e rialzisti e speculatori insistono sul fatto che “questa volta è diverso”.

Eppure le solide leggi della finanza e dell’economia di mercato non cambiano mai. Spesso ci vuole un tempo prolungato prima che tutti gli eccessi facciano il proprio lavoro e infine la bolla scoppi.

Il grafico sottostante riassume questa grande deformazione.

Nel corso degli ultimi due decenni, il debito da rimborsare nel mercato globale del credito è salito da 40 trilioni di dollari a 225 trilioni di dollari. Questo rappresenta un’incredibile espansione del debito di 185 trilioni di dollari. Questa eruzione sarebbe semplicemente inimmaginabile senza l’aiuto delle banche centrali che stampano denaro.

Al contrario, il PIL globale è cresciuto soltanto di 50 trilioni di dollari nello stesso periodo, e anche questo risultato è un’esagerazione. Gran parte di questa crescita rappresenta soltanto il pass-through del credito facile, e non risparmi reali investititi efficientemente nella produzione.

Di conseguenza, è probabile che l’economia globale abbia accumulato più di $ 4 di nuovo debito per ogni $ 1 di PIL incrementale.

Non solo questa è evidentemente un’equazione finanziaria insostenibile, ma significa anche che quando si ferma la crescita del credito, il debito si ritira dal PIL. Non era nuova ricchezza, solo produzione rubata al futuro.


E questo ci porta alla prossima mossa della Fed di alzare i tassi di interesse per la prima volta in 10 anni. Sarà pari a un cambiamento di rotta che a tempo debito frantumerà l’intero regime delle bolle finanziare che ha dato origine al falso credito e al boom degli investimenti in conto capitale descritto sopra.

Come ho detto spesso, la Fed è diventata dipendente dalla “Soluzione Semplice”. Durante più dell’80% degli oltre 300 mesi nel corso dell’ultimo quarto di secolo o ha tagliato i tassi o li ha lasciati invariati.


Di conseguenza, i giocatori d’azzardo professionisti nell’odierno casinò di Wall Street non hanno alcuna vera esperienza di un periodo in cui l’adagio “la Fed è tua amica” non funziona. Hanno sperimentato essenzialmente mercati fittizi a senso unico, sapendo che l'”opzione” Greenspan/Bernanke/Yellen sarebbe venuta in soccorso su azioni e altri asset rischiosi.

Ma ecco il punto. Dopo 84 mesi di tassi di interesse a zero – gente, questa sì che è pura follia secondo tutti gli standard storici – la Fed ha esaurito tempo e scuse.

Se alla fine non comincia a normalizzare i tassi, come più volte promesso, la sua credibilità sarà fatta a pezzi. E accadrà quello che ha a lungo mortalmente temuto. Cioè, il mercato crollerà in un attacco sibilante che frantumerà la fiducia in quello che è essenzialmente un gigantesco schema Ponzi basato sul credito.

E le altre principali banche centrali del mondo sono nella stessa barca.

Proprio la scorsa settimana abbiamo visto la BCE fermata bruscamente dalla potente rappresentanza tedesca che essenzialmente ha detto a Draghi che 1.3 trilioni di euro stampati sono abbastanza.

Allo stesso modo, anche la Banca popolare della Cina (PBOC) ha esaurito la polvere da sparo. E questo è di monumentale importanza.

L’epicentro del boom globale di materie prime, investimenti in conto capitale e industriale era in Cina. Grazie alla frenesia con cui la PBOC ha stampato la più grande quantità di denaro nella sua storia, un eccezionale debito pubblico e privato è esploso da 500 miliardi di dollari nel 1994 a 30 trilioni di dollari oggi.

Questa è una crescita di 60 volte. C’è da meravigliarsi che i grafici sui beni e gli investimenti in conto capitale mostrati sopra sono andati quasi verticali durante il picco del boom globale?

Ma ora la Cina è di fronte al crollo del suo schema Ponzi, e il capitale è in fuga dal paese ad un ritmo prodigioso.

Soltanto negli ultimi 15 mesi, quasi 1 trilione di dollari è volato a Londra, New York, in Australia, a Vancouver e in altri luoghi sicuri per la fuga di capitali.

Così la PBOC è costretta a fermare le sue macchine da stampa, al fine di evitare che il tasso di cambio dello yuan crolli e che il deflusso di capitali vada completamente fuori controllo.

Anche in Giappone, la stampa della Banca del Giappone non sta più accelerando. Questo perché nonostante migliaia di miliardi di nuovi capitali creati dal nulla negli ultimi anni, il Giappone è sull’orlo della sua quinta recessione in sette anni. Anche in Giappone, la bolla finanziaria sta perdendo la sua credibilità.

25 gennaio 2016

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