La scorsa settimana tra la disattenzione pressochè generale, almeno
nel nostro paese, il presidente francese François Hollande ha annunciato la proroga dell’état d’urgence
per altri tre mesi.
Il dispositivo “d’eccezione” che era stato
introdotto la notte tra il 13 e il 14 novembre, subito dopo gli
attentati di Parigi, e prolungato fino a tre mesi con un voto quasi
unanime delle camere il 29 novembre, verrà quindi ulteriormente
allungato. Fino a quando? Interrogato in merito il premiere Manuel Valls
ha risposto candidamente: per tutto il tempo necessario. Fin quando esisterà la minaccia e noi non avremo sconfitto l’Isis.
Significativamente la proposta di proroga verrà sottoposta alle Camere
il prossimo 3 febbraio, lo stesso giorno in cui l’Assemblea Nazionale
sarà chiamata ad esprimersi sull’introduzione di alcune delle norme
previste dallo Stato d’emergenza nella Costituzione stessa.
E’
l’eccezione che si formalizza fino a divenire regola. Il trasferimento
di competenze e poteri dal potere giudiziario a quello esecutivo. Un
processo che se in questo momento vede la Francia all’avanguardia,
interessa però l’intera impalcatura europea. Come dimostrano la “Ley
Mordaza” in Spagna o la proposta di legge Alfano al vaglio in Italia.
Abbiamo ritenuto interessante, allora, riproporre l’intervento tenuto
dall’avvocato Florian Borg durante il recente convegno ”Europa da stato
di diritto a stato di eccezione” organizzato da Legal Team Italia,
Osservatorio sulla Repressione, Sgattabuia e Sinistra Unitaria
Europea/Sinistra Verde Nordica. (Per chi volesse ascoltare tutti gli
interventi questo è il link)
Florian Borg, presidente del Syndicat des Avocats de France. (nostra trascrizione e adattamento)
Prima di entrare nel vivo di quello che è lo Stato d’emergenza in
Francia ho bisogno di spiegare brevemente che cosa rappresenta la
polizia amministrativa nel nostro paese.
Quella che in Francia si chiama
polizia non sono esplicitamente le forze dell’ordine ma è la
competenza, e quindi abbiamo due corpi di polizia: uno di polizia
amministrativa ed uno di polizia giudiziaria.
La polizia amministrativa è
l’emanazione diretta dell’esecutivo, mentre la polizia giudiziaria sono
i giudici e i procuratori. Dunque, per fare un esempio banale di ciò
che può fare la polizia amministrativa: se i bar devono chiudere ad un
determinato orario è la polizia amministrativa a deciderlo (per certi
versi è quello che rappresenta il prefetto in Italia, Ndr). Mente quando
c’è l’apertura di un inchiesta, con un procuratore chiamato a svolgere
le indagini, stiamo parlando di polizia giudiziaria. C’è questa diversa
gerarchia di poteri anche se alla fine le forze di polizia sono le
stesse sia per la polizia amministrativa che per quella giudiziaria.
Come ho già detto la polizia amministrativa fa riferimento alla
giurisdizione amministrativa, quindi ai tribunali amministrativi e al
vertice il Consiglio di Stato, mentre la polizia giudiziaria ha come
vertice ultimo la Corte di Cassazione.
Ebbene l’état d’urgence è uno
stato giuridico d’eccezione che però fa riferimento alla polizia
amministrativa. Sono misure di polizia amministrativa prese
direttamente dal potere esecutivo, ovvero dal presidente della
repubblica e dal governo. Mentre il potere che dovrebbe essere garante
delle libertà individuali è quello giudiziario, secondo la normale
ripartizione dei poteri presente in tutte le democrazie occidentali tra
potere giudiziario, legislativo ed esecutivo. Bisogna inoltre ricordare
il momento storico in cui nel nostro paese è stato creato il dispositivo
dello stato d’emergenza, ossia nel quadro dei processi di
decolonizzazione e durante la guerra di Algeria, un conflitto che al
tempo la Francia non riconosceva come una guerra vera e propria. E’
quindi per dare più potere alle forze dell’ordine sotto il controllo del
potere politico che è stata creata questa legge. Aggiungo inoltre, per
fare chiarezza, che lo stato d’emergenza può essere dichiarato dal
governo solo in caso di pericolo imminente per l’ordine pubblico, oppure
in caso di eventi che per la loro natura e la loro gravità possono
essere definiti come delle calamità pubbliche. Serve, o dovrebbe
servire, come misura straordinaria per ripristinare l’ordine pubblico
quando questo viene minacciato. Come nel caso di sommosse
metropolitane, com’era successo con la rivolta delle banlieau nel 2005,
oppure in caso di terremoti o disastri naturali. Esso ha inoltre una
natura “preventiva”.
Inizialmente viene dichiarato dal governo e può
avere una durata di 12 giorni, poi deve essere ratificato dalle Camere
(Assemblea nazionale e Senato, Ndr) che può decidere di prolungarlo
con un’apposita legge. Dopo gli attentati di Parigi lo stato d’emergenza
è stato promulgato il 13 novembre, immediatamente subito dopo gli
attacchi, ed è stato poi prolungato per tre mesi con una legge del 29
novembre del 2015 (cui hanno votato contro solo 6 parlamentari dei verdi
e del partito socialista, mentre il Front de Gauche ha votato a favore.
Ndr). Questa legge ha così permesso di estendere lo stato d’emergenza
anche ai casi di terrorismo.
Vediamo allora come funziona lo stato
d’emergenza: crea zone rosse in cui le persone e i veicoli non possono
circolare, interdice il soggiorno in certe zone alle persone sospettate
(divieto di dimora) oppure le costringe a non allontanarsi dal proprio
comune di residenza (obbligo di dimora), permette di assegnare misure
restrittive come gli arresti domiciliari oppure l’obbligo di dover
andare a firmare tre volte al giorno al commissariato di pertinenza. Lo
stato d’emergenza permette inoltre di realizzare quelle che vengono
definite perquisizioni amministrative senza alcun limite d’orario.
Permette di acquisire e copiare dati informatici. Di impedire riunioni e
assemblee pubbliche e obbligare alla chiusura posti e locali pubblici.
Permette infine di sciogliere d’autorità gruppi e associazioni. In
realtà l’applicazione è ancora più mostruosa del dettato amministrativo.
Prima di questa legge del 29 novembre 2015 una persona poteva essere
sottoposta agli arresti domiciliari, o soggetta a perquisizione in
maniera preventiva, solo se esistevano ragioni serie per presumere che
la sua attività concreta potesse mettere in pericolo l’ordine pubblico.
Oggi possono essere perquisite o costrette ai domiciliari persone il cui
“comportamento” viene semplicemente considerato pericoloso per l’ordine
pubblico. Uno slittamento semantico molto importante, perché prima era
necessaria la prova di un’attività pericolosa, oggi invece si parla di
comportamento. Quindi qualsiasi persona che secondo i servizi di
sicurezza dovesse essere ritenuta come pericolosa potrebbe essere
sottoposta a queste misure cautelari. Bisogna aggiungere che quando si
parla in termini giuridici di comportamento ci si basa su quello che
viene definito un “fascio di indizi”. Ad esempio, il fatto che una
persona abbia un familiare radicalizzato che è andato a combattere in
Siria, e che frequenti abitualmente una moschea, sono due degli indizi
che sono stati sufficienti per assegnare misure restrittive. Al momento
ci sono quasi 389 persone sottoposte al vincolo delle tre firme
giornaliere e più di 3000 quelle che sono state sottoposte a
perquisizioni. E di tutti questi solo 2 casi hanno fatto aprire
un’istruttoria per casi di terrorismo.
Nella nostra attività quotidiana
ci siamo così accorti di come la semplice pratica religiosa fosse
ritenuta più che sufficiente per comminare le misure cautelari. Nel
corso di queste perquisizioni ci sono stati alcuni casi particolarmente
eclatanti, ad esempio una pizzeria è stata perquisita con tutti i
clienti all’interno e pesantemente danneggiata perché nei locali era
presente anche una sala di preghiera che le forze dell’ordine hanno
successivamente definito “clandestina”.
Per quanto riguarda lo
slittamento semantico di cui parlavo prima, mi preme aggiungere che il
Consiglio di Stato, che è l’organo supremo per la giustizia
amministrativa, ha addirittura sancito che in presenza di possibili
minacce terroristiche si potesse ricorrere allo stato d’emergenza anche
in forma “indiretta”. Ad esempio, in occasione della possibile contestazione del vertice Cop 21 alcuni militanti ambientalisti sono
stati colpiti preventivamente da misure cautelari perché il governo
aveva individuato nelle manifestazioni contro il vertice il rischi di
possibili “distrazioni” per l’apparato di sicurezza.
In sostanza le
forze dell’ordine dovevano essere pronte a difendere i capi di governo
presenti a Parigi e quindi non potevano perdere tempo con le
manifestazioni. Per questa ragione le persone ritenute responsabili dei
gruppi ecologisti sono state interdette per tutto il periodo di
svolgimento della conferenza. E, tanto per fare un altro esempio, uno
degli indizi utilizzati per individuare questi militanti è stata la
partecipazione alle manifestazioni No Tav in Italia. Poiché era stato
trovato nelle loro abitazioni materiale informativo su queste
mobilitazioni, oppure dei bulloni, questi indizi sono stati ritenuti
sufficienti per giustificare le misure cautelari. In Francia essere
militanti e al tempo stesso amanti del bricolage è diventato rischioso.
L’altro aspetto importante è che contro queste misure non c’è
possibilità di fare ricorso, perché il giudice amministrativo non valuta
la responsabilità della persona ma la legalità dell’atto
amministrativo. E maggiore è il potere che la legge da
all’amministrazione, minore diventa il controllo che lo stesso giudice
può esercitare. Aumenta così la discrezionalità e il potere arbitrario
dell’amministrazione (ovvero del potere esecutivo, Ndr) che è uno degli
aspetti più inquietanti dello stato d’emergenza. Per esempio in questi
casi è sufficiente che ci sia un’informativa dei servizi segreti per
emanare queste misure e quando queste ultime vengono contestate davanti
ad un giudice amministrativo, l’unica risposta che sia riceve sono due
pagine in cui viene motivata sinteticamente la misura, diversamente da
quello che accade invece nel penale dove all’avvocato è consentito
l’accesso agli atti e alle intercettazioni. Quindi, in questo caso, non
si possono contestare le accuse nel merito.
Aggiungo un altro aspetto
che può far comprendere meglio la distorsione che questo sistema
determina: se le persone che sono sottoposte a queste misure devono fare
degli spostamenti, anche minimi, come ad esempio andare dal medico,
devono chiedere al prefetto un nulla osta, ossia devono chiedere
l’autorizzazione a chi li accusa. Per le perquisizioni amministrative,
poi, non c’è modo di fare ricorso, perché ovviamente non si può chiedere
l’annullamento di un atto amministrativo una volta che è stato posto in
essere.
Bisogna ricordare però che tutte le 3000 perquisizioni di cui
abbiamo parlato sono avvenute di notte e con agenti incappucciati,
risultando estremamente violente per le famiglie dei sospettati e
creando traumi soprattutto nei bambini. Questi procedimenti, come ho già
detto, nella maggior parte dei casi non hanno portato ad alcun
procedimento penale. Nonostante questo, però, le ricadute sociali di
queste misure d’emergenza sono state comunque enormi perché le persone
che ne sono state interessate sono state identificate nei proprio
quartieri come dei “terroristi”.
Nelle scorse settimane il governo
francese ha deciso di costituzionalizzare le misure previste dallo Stato
d’emergenza senza definirne però con precisione i contorni. C’è inoltre
in cantiere un progetto di legge sul crimine organizzato che prevederà
il passaggio di sempre più poteri dai giudici ai prefetti, dando in
maniera permanente a questi ultimi il potere di determinare l’obbligo di
dimora. Per queste ragioni noi riteniamo che in questo momento in
Francia ci sia una vera e propria deriva del diritto democratico verso
un regime completamente arbitrario. Viene lesa la separazione dei poteri
in un momento in cui il potere legislativo è estremamente debole
rispetto a quello esecutivo, e il potere dell’amministrazione è
diventato esorbitante senza che ci sia alcuna possibilità di controllo.
Riteniamo inoltre che queste misure siano assolutamente inefficaci,
perché troppo generiche e non specifiche. Per amministrare la giustizia
in Francia avremmo bisogno di mezzi maggiori e migliori ma invece, per
ragioni politiche, quello che si sta facendo è di dare maggiore forza al
potere esecutivo.
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