Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

18/01/2016

Fine della Storia. All'università,di sicuro...

Cosa succede quando un paese distrugge – più o meno volontariamente – una parte importante della propria capacità di capire? Una singola persona se lo può forse anche permettere, rinunciando a qualcosa per concentrarsi su altro. Ma un paese intero, come può pensare di sopravvivere alla perdita di una disciplina  scientifica centrale per sapere come è diventato quel che è, per quali motivi, in base a quali prove e conflitti, alla ricerca di quali princìpi e assetti costituzionali?

La distruzione dell'università italiana ha ormai una storia lunga, risalente a quando – negli anni '90 – l'esperto di Confindustria, Giancarlo Lombardi, venne messo a fare il ministro dell'università; seguito di lì a poco da Luigi Berlinguer e altri distruttori feroci di un'istituzione che aveva mille anni di storia. E rischia di sparire in poco meno di tre decenni.

Inutile dire quale sia il ruolo della conoscenza storica per la formazione della coscienza civile e politica di un paese. Basta uno sguardo anche distratto sull'attuale "classe politica" (è un'espressione forte, lo ammettiamo) per rendersi conto che la Storia, in quella fetta di kasta, è solo una fonte di imbarazzo. Da annientare. Provate a mettere sul piatto della bilancia un Calamadrei e una Boschi. E' chiaro che del primo non si deve più avere conoscenza, altrimenti la seconda non potrebbe aprir bocca su una materia che gronda sangue come la Costituzione.

Per questo pubblichiamo la seguente lucida analisi di Andrea Zannini, pubblicata su http://www.roars.it/online/storia-moderna-fine-corsa-2031/. Viene da ruggire...

*****

Il processo di contrazione del corpo docente accademico è proceduto con accentuati caratteri selettivi tra le diverse aree scientifiche. Gli effetti del combinato tra  i tagli all’Università e il nuovo sistema di scorrimento delle carriere (ASN) stanno riservando all’insegnamento della Storia moderna un destino molto lineare. Se infatti la diminuzione degli storici dell’età moderna strutturati continuerà con il ritmo degli ultimi otto anni nel 2031 non ci sarà più un docente o un ricercatore di questa disciplina. Fine. Stop. L’unica consolazione (?) consiste nel fatto che medesima sorte toccherà a molti altri settori scientifico-disciplinari, specialmente umanistici.

Gli effetti del combinato tra i tagli all’Università e il nuovo sistema di scorrimento delle carriere del professorato (ASN) possono essere considerati meno superficialmente focalizzando lo sguardo su un singolo settore di ricerca e insegnamento, la Storia moderna (M-STO/02).

La Storia moderna è un campo tradizionale degli studi umanistici, che ha nel nostro Paese una lunga tradizione che si rifà ai nomi di Delio Cantimori, Franco Venturi, Marino Berengo, Adriano Prosperi e tanti altri. Nell’assetto didattico tradizionale essa costituiva uno degli assi fondamentali di tutte le lauree umanistiche, comprese le Scienze della Formazione, con una presenza consolidata anche nei corsi di Scienze politiche. A livello internazionale la Storia moderna continua ad avere una presenza forte, anche sotto il profilo culturale: nei Paesi anglossasoni, ad esempio, i sempre richiestissimi Renaissance Studies sono imperniati sulla storia europea della prima età moderna mentre in Francia la storia della Rivoluzione francese occupa da sempre un posto fondamentale nella formazione di una cittadinanza attiva.

Con il pragmatismo tipico italiano, nella nostra università si sta riservando all’insegnamento della Storia moderna un destino molto più lineare. Se infatti la diminuzione degli storici dell’età moderna strutturati continuerà con il ritmo degli ultimi otto anni, il problema sarà presto risolto: nel 2031 non ci sarà più un docente o un ricercatore di questa disciplina. Fine. Stop. L’unica consolazione consiste nel fatto che medesima sorte toccherà a molti altri settori scientifico-disciplinari, specialmente umanistici.

Lo stato delle anime

Dopo la metà degli anni 2000 si è toccato l’apice della numerosità del corpo docente accademico italiano (62.000 unità nel 2007 e 62.783 nel 2009), in sincronia con l’aumento, avvenuto negli anni precedenti, delle immatricolazioni e del numero di iscritti. Per i fin troppo noti motivi, negli anni successivi la tendenza alla lenta crescita sia del corpo professorale che di quello studentesco si è invertita, con gli effetti di un generale ridimensionamento del sistema-università.

Per quanto riguarda la Storia moderna, se tra il 2002 e il 2008 il numero di ricercatori e docenti di M-STO/02 era rimasto grossomodo costante, arrivando a contare nel 2007 370 strutturati, da questa data ad oggi la perdita è stata di 121 unità, cioè del 32,7%. Tale perdita si differenzia tra le varie categorie della docenza: se, come era prevedibile, per questioni anagrafiche è stata ampia tra gli ordinari (-33%), è stata meno accentuata tra gli associati (-23%), anche per gli effetti delle più recenti politiche di scorrimento delle carriere. La diminuzione è stata invece considerevole tra i ricercatori, ridottisi in 8 anni del 41%. Il blocco pressoché totale del turnover per il periodo di otto anni ha così vanificato uno degli effetti auspicati al tempo dell’introduzione della L. 240/2010, cioè la creazione di una piramide del professorato composta da una base larga di ricercatori e da un vertice aguzzo di ordinari[1].

Tab. 1 – Personale docente e ricercatore del SSD M-STO/02 nell’Università italiana
PO PA R RTD Tot
2002 92 111 155 358
2003 103 108 140 351
2004 107 111 134 352
2005 107 127 122 1 357
2006 112 131 121 1 365
2007 116 126 125 3 370
2008 113 117 124 3 357
2009 108 107 123 3 341
2010 96 99 113 6 314
2011 94 98 101 6 299
2012 88 96 91 9 284
2013 86 94 87 13 280
2014 80 98 74 13 265
2015 77 97 58 17 249

Nota: PO = compresi Prof. straordinari e straordinari a tempo determinato.

Fonte: www.cercauniversita.cineca.it. I dati, aggiornati al 31.12.2015, possono presentare delle oscillazioni derivanti dalle modalità con cui si interroga il motore di ricerca.

Graf. 1 – Personale docente e ricercatore del SSD M-STO/02 nell’Università italiana



Ci si potrebbe chiedere se la diminuzione del numero degli storici dell’età moderna non sia in realtà un semplice adeguamento alla decrescita del numero degli studenti iscritti ai corsi di studio nei quali questo insegnamento è impartito. Se si prendono come riferimento gli a.a. 2007-8 e 2013-4 (l’ultimo per cui l’Ufficio Statistica del MIUR presenta dati disaggregati per gruppo di classi di lauree), il calo degli iscritti ai corsi letterari, linguistici, di formazione e politico-sociali è stato in realtà “solo” del 17,4%, a fronte di una flessione generale degli iscritti all’università italiana del 7,3%.

Ma torniamo ai docenti e ai ricercatori di Storia moderna. Può essere interessante verificare se la contrazione ha avuto incidenza diversa nelle diverse aree del Paese. I dati non mostrano in realtà spostamenti di rilievo, soprattutto se si tiene conto che le università del nord hanno acquisito negli ultimi anni un consistente vantaggio in termini di studenti e di risorse per il reclutamento.

Tab. 2 – Docenti e ricercatori di Storia moderna divisi per area geografica, 2007 e 2015

Nord Centro Sud e isole Tot.
2007 146 39,5% 101 27,3% 123 33,2% 370 100%
2015 97 39,9% 56 22,5% 96 38,6% 249 100%

Fonte: vedi Tab. 1

Chi piange, chi ride

Più interessante è invece paragonare la parabola degli studiosi di Storia moderna con quella di altre discipline scientifiche. Ora che è possibile disporre di dati distribuiti lungo un arco di tempo di una certa ampiezza, il processo di contrazione del corpo docente accademico mostra con evidenza come sia proceduto con accentuati caratteri selettivi tra le diverse aree scientifiche (“aree CUN”).

Graf. 3 – Diminuzione % tra 2007 e 2015 del personale docente e ricercatore (inclusi Ricercatori a tempo determinato) per area CUN



Se il corpo docente e ricercatore è diminuito in questi otto anni in media del 12,0%, ci sono stati settori nei quali questo calo è stato dell’ordine di un quinto degli strutturati, come le Scienze della terra (Area CUN 4), aree come Scienze giuridiche (Area 12) e Scienze sociali (Area 14) dove la riduzione è stata solo dell’ordine di qualche punto percentuale, e aree infine che sono riuscite a rimanere indenni, come quella economica, se non addirittura ad aumentare i propri organici (Ingegneria industriale e dell’informazione, Area 9).

Senza dubbio alla radice di tali disparità vi sono alcune macro-trasformazioni in corso nella società e nel mondo della produzione, per cui probabilmente “servono” oggigiorno molti più addetti nella finanza e nella gestione industriale che chimici, letterati o geologi (quest’ultimi, soprattutto, come si sa, non hanno quasi nulla da fare in Italia). Senza entrare nell’argomento, che meriterebbe ampio spazio, due ulteriori riflessioni sono tuttavia funzionali al nostro discorso.

In primo luogo tali differenze sono soprattutto dovute al fatto che alcune aree scientifiche hanno saputo (e potuto) più degli altri usufruire della nuova figura di ricercatore a tempo determinato. Negli ultimi anni le università hanno infatti destinato risorse irrisorie per l’aumento degli organici e solo le aree più efficacemente legate a i settori più produttivi e gli atenei delle regioni più ricche sono riusciti ad acquisire finanziamenti esterni da investire in nuovi ricercatori di tipo A o B. Non è dunque un caso che dal 2007 al 2015 solo gli ingegneri (Area 9), gli economisti (Area 13) e i sociologi (Area 14) siano riusciti ad aumentare il numero complessivo dei loro ricercatori, mentre tutte le altre aree hanno visto ridursi gli organici del primo livello di carriera. Negli anni della crisi globale, contrassegnata in Italia da ripetute manovre di riduzione della spesa pubblica, sono risultati penalizzati soprattutto gli ambiti che fanno ricerca di base non applicativa, o che dipendono dai finanziamenti pubblici, di fondazione bancarie, istituzioni culturali ecc.

La seconda ipotesi, meno “buona” della precedente, invita invece a riflettere come, negli organi di governo degli atenei, ingegneri, economisti e giuristi non manchino mai, anzi spesso ricoprano le cariche più importanti. Senza nessuna allusione, è forse il caso di osservare che sono ingegneri il Presidente della Crui nonché due degli ultimi tre Ministri dell’istruzione, dell’università e della ricerca (oltre al Rettore dell’università di chi scrive ;-)).

Infine, anche le nuove forme di finanziamento della ricerca tendono a privilegiare alcune aree scientifiche rispetto ad altre. I bandi competitivi (anche quelli nazionali) sono infatti costruiti sul modello organizzativo del lavoro d’equipe, che non appartiene tradizionalmente e non si confà a molte aree umanistiche, nelle quali il lavoro di ricerca è sostanzialmente individuale. Con la riduzione dei budget degli atenei e la scomparsa quasi totale dei fondi d’ateneo per la ricerca individuale moltissimi studiosi si ritrovano così in grande difficoltà a fare ricerca e nell’impossibilità di reperire fondi per finanziare ricercatori a tempo determinato.

Non tutti gli umanisti sono eguali

Poiché i dati a disposizione hanno acquisito una certa consistenza, è interessante osservare la curva del personale docente e ricercatore anche all’interno di una stessa area scientifica, nello specifico l’area 11, le Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche.

Tab. 3 – Macrosettori dell’area CUN 11. Diminuzione percentuale tra il 2007 e il 2015 del personale docente e ricercatore

Discipline storiche -27,8%
Filosofia -22,1%
Geografia -21,5%
Psicologia 3,9%
Pedagogia 7,7%

Fonte: vedi tab. 5 in Appendice.

All’interno della stessa area 11, infatti, vi è stata una differenza sostanziale tra i due macrosettori della Psicologia e della Pedagogia che hanno addirittura incrementato i propri organici, e quanto invece è accaduto a storici, filosofi e geografi che hanno patito a fondo le ristrutturazioni attraversate. Anche in questo caso si possono individuare motivazioni generali e altre più specifiche: alcune discipline, Psicobiologia e psicologia fisiologica per fare un esempio, sono in piena fase espansiva e attraggono dunque consistenti finanziamenti; con l’assegnazione all’università del sistema di formazione degli insegnanti (ex-Siss, ora TFA e suoi eredi) è aumentato il carico didattico degli insegnamenti pedagogici; con la trasformazione degli ISEF in lauree in Scienze motorie, sono anche aumentati gli organici di docenti e ricercatori nei SSD M-EDF.

Se si separano i settori storici, filosofici e geografici (che comprendono anche l’antropologia) dalla pedagogia e la psicologia, che come si vede hanno in realtà un movimento del tutto diverso, il saldo dei primi tre settori è in realtà del -25%: un quarto secco di perdite in otto anni.

Conclusioni

Le scienze applicative e quelle con le maggiori possibilità di relazione con il mondo dell’impresa e della finanza hanno risentito meno dei tagli degli ultimi anni, in alcuni casi uscendo addirittura rafforzati dal blocco del turnover. Le scienze di base, le discipline che dipendono da finanziamenti pubblici o che genericamente sono intese come “poco spendibili” in termini di immediata realizzazione professionale sono state invece colpite severamente. Parlare genericamente di “riduzione del personale accademico”, alla luce di tali differenze, non ha molto senso.

Tra le discipline che hanno risentito maggiormente dei cambiamenti in corso la Storia moderna fa registrare un tasso di estinzione eccezionalmente elevato. Disciplina per sua stessa natura formativa, in quanto dedicata ad un periodo storico nel quale si formano molti dei caratteri alla base della società attuale, essa tende a perdere posizioni in ogni ambito. Con la riforma dei curricula della scuola primaria, dove si insegna solo storia antica, essa è sistematicamente espunta dai corsi di laurea in Scienze della formazione. Nei corsi di laurea in Scienze politiche e delle relazioni internazionali L-36, poi, non è più un insegnamento di base (come è Storia contemporanea) ed è normalmente previsto in alternativa a Storia delle relazioni internazionali. Anche qui è stata progressivamente eliminata.

La decurtazione a cui è stata sottoposta la Storia moderna, assieme a tutta una serie di insegnamenti umanistici, è un pessimo segnale. Il patrimonio culturale di un Paese non si sostiene solo arredando caffetterie nei musei o vendendo biglietti online.

Appendice

Tab. 4 – Personale docente e ricercatore (inclusi i Ricercatori a tempo determinato) per area CUN, 2007 e 2015

Area Cun  2007 2015  
1 MAT-INF 3425 3005 -12,2
2 FIS 2616 2143 -18
3 CHI 3308 2794 -15,5
4 GEO 1269 1008 -20,5
5 BIO 5343 4629 -13,3
6 MED 11247 9120 -18,9
7 AGR-VET 3285 2937 -10,5
8 ARCH 3901 3357 -13,9
9 ING 5170 5281 2,1
10 LETT-ARTE 5955 4811 -19,2
11 STO-FIL 5246 4516 -13,9
12 IUS 4956 4676 -5,6
13 ECON 4766 4763 -0,06
14 SOCIO 1729 1676 -3
Totale 62216 54716 -12

Fonte: vedi Tab. 1

Tab. 5 – Personale strutturato degli SSD dell’Area CUN 11, 2007 e 2015

SSD del’Area Cun 11 2007 2015 Var. %
M-DEA/01 DISCIPLINE DEMOETNOANTROPOLOGICHE 207 155 -25,1
M-EDF/01 METODI E DIDATTICHE DELLE ATTIVITÀ MOTORIE 52 79 51,9
M-EDF/02 METODI E DIDATTICHE DELLE ATTIVITÀ SPORTIVE 61 91 49,1
M-FIL/01 FILOSOFIA TEORETICA 200 151 -24,5
M-FIL/02 LOGICA E FILOSOFIA DELLA SCIENZA 109 99 -9,1
M-FIL/03 FILOSOFIA MORALE 235 168 -28,5
M-FIL/04 ESTETICA 108 77 -28,7
M-FIL/05 FILOSOFIA E TEORIA DEI LINGUAGGI 106 120 14,1
M-FIL/06 STORIA DELLA FILOSOFIA 309 207 -33
M-FIL/07 STORIA DELLA FILOSOFIA ANTICA 57 47 -17,5
M-FIL/08 STORIA DELLA FILOSOFIA MEDIEVALE 49 43 -12,2
M-GGR/01 GEOGRAFIA 250 182 -27,2
M-GGR/02 GEOGRAFIA ECONOMICO-POLITICA 150 132 -12
M-PED/01 PEDAGOGIA GENERALE E SOCIALE 313 295 -5,7
M-PED/02 STORIA DELLA PEDAGOGIA 99 84 -15,1
M-PED/03 DIDATTICA E PEDAGOGIA SPECIALE 162 180 11,1
M-PED/04 PEDAGOGIA SPERIMENTALE 64 80 25
M-PSI/01 PSICOLOGIA GENERALE 290 278 -4,1
M-PSI/02 PSICOBIOLOGIA E PSICOLOGIA FISIOLOGICA 109 144 32,1
M-PSI/03 PSICOMETRIA 68 75 10,2
M-PSI/04 PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO E PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE 192 187 -2,6
M-PSI/05 PSICOLOGIA SOCIALE 163 176 8,5
M-PSI/06 PSICOLOGIA DEL LAVORO E DELLE ORGANIZZAZIONI 79 90 13,9
M-PSI/07 PSICOLOGIA DINAMICA 120 112 -6,6
M-PSI/08 PSICOLOGIA CLINICA 163 168 3
M-STO/01 STORIA MEDIEVALE 234 165 -29,4
M-STO/02 STORIA MODERNA 370 249 -32,7
M-STO/03 STORIA DELL’EUROPA ORIENTALE 41 31 -24,3
M-STO/04 STORIA CONTEMPORANEA 524 392 -25,1
M-STO/05 STORIA DELLA SCIENZA E DELLE TECNICHE 69 52 -24,6
M-STO/06 STORIA DELLE RELIGIONI 37 25 -32,4
M-STO/07 STORIA DEL CRISTIANESIMO E DELLE CHIESE 85 58 -31,7
M-STO/08 ARCHIVISTICA, BIBLIOGRAFIA E BIBLIOTECONOMIA 94 73 -22,3
M-STO/09 PALEOGRAFIA 77 54 -29,8
Totale 5246 4519 -13,8

Fonte: vedi Tab. 1

[1] Cfr. a riguardo CUN, Reclutamento universitario. Una proposta per uscire dall’emergenza, Appendice A, Il reclutamento dei docenti in Italia dal 2007 al 2013, p. 14.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento