di Sonia Grieco
Stando alle ultime
dichiarazioni del governo in esilio del presidente Abd Rabbuh Mansour
Hadi, le forze governative controllerebbero il 70 per cento del
territorio yemenita. Se questa affermazione fosse confermata, Hadi e i
suoi alleati della coalizione a guida saudita, che da fine marzo è
intervenuta militarmente in Yemen, si troverebbero in una posizione di
vantaggio quando il 14 gennaio riprenderà in Svizzera il negoziato
sponsorizzato dall’Onu.
L’obiettivo è mettere fine alla guerra civile tra le forze
governative e i ribelli sciiti Ansarullah, comunemente conosciuti come
Houthi, legati all’Iran, che sono arroccati nelle aree settentrionali, e
i loro alleati del General People’s Congress, il partito dell’ex
presidente Ali Abdullah Saleh, deposto in seguito alle proteste della
cosiddetta primavera yemenita del 2011. Il conflitto ha fatto
oltre 5.800 morti e continua a mietere vittime: i combattimenti e i raid
della coalizione anti-Houthi proseguono e non si sono fermati neanche
quando è stato pattuito un cessate-il-fuoco in concomitanza con i
colloqui di metà dicembre, chiusisi con il rinvio a metà gennaio.
Ma se nel 70 per cento citato dal governo riconosciuto e foraggiato
dalla cosiddetta comunità internazionale è incluso anche il Sud dello
Yemen, i conti non tornano. Le aree meridionali, inclusa la
città portuale di Aden, sono state liberate dagli Houthi, ma non sono
totalmente sotto il controllo delle truppe filo-governative. Il Sud è
terra di Al Qaeda nella Penisola arabica (Aqap) da anni e i qaedisti
hanno saputo trarre vantaggio dal conflitto, allargando la propria
influenza e arrivando a occupare e governare città strategiche, come
Mukalla, affacciata sul golfo di Aden, diventata una base per
il traffico di armi e per l’addestramento di miliziani. E persino ad
Aden ci sarebbero miliziani di Aqap, secondo quanto riportato dai media.
Il sito Middle East Eye
fa notare che i qaedisti sono tornati in città e villaggi da cui erano
stati cacciati tre anni fa, dopo che nel 2011 avevano approfittato delle
proteste per occupare le città strategiche del Sud: Zinjibar, Jaar e
Azzan. Oggi sono presenti nella regione di Hadramawt, la cui
capitale è Mukalla, in quella dell’Abyan e nella sua capitale Zinjbar,
conquistata da poche settimane assieme a Jaar. Ma a differenza
del 2011, fanno notare alcuni residenti, la presenza dei miliziani di
Aqap è più “amichevole”. Stanno adottando una strategia diversa: mostrano
un volto più tollerante, invece dell’ossessione fanatica per
l’applicazione della sharia, e hanno lasciato in piedi, almeno
all’apparenza, le amministrazioni locali. Nella regione di Abyan si sono
persino cambiati il nome in ‘Figli dell’Abyan’. A quanto pare hanno
fatto lo stesso nella regione di Hadramawt: ‘Fratelli di Hadramawt’.
“Non hanno issato le loro bandiere né hanno giustiziato soldati”, ha raccontato a Middle East Eye un
funzionario di Zinjibar. “I miliziani hanno permesso ai funzionari
governativi di operare in città, le scuole sono aperte e i soldati sono
liberi di muoversi per la strade della città”. Anche la conquista di
Mukalla non è stata accompagnata da annunci roboanti e l’amministrazione
della città è stata lasciata a un consiglio di sessanta membri (capi
tribali e anziani), secondo un modello di condivisione del potere che
non era mai stato adottato prima. Non significa che le cose funzionino,
alcuni lamentano la paralisi dell’amministrazione e la persecuzione di
chi si è opposto c’è stata e c’è, ma questo è un approccio
abbastanza inedito, volto a creare consenso tra la popolazione con
l’arma della persuasione invece che con lapidazioni, esecuzioni,
chiusura delle scuole, coprifuoco e quant’altro.
Si tratta di far leva sul consenso della popolazione locale
per consolidare la propria presenza, in un momento di caos e, in alcune
aree del Sud, di vera e propria anarchia. Gli abitanti parlano
di incontri organizzati dai qaedisti per spiegare alla popolazione le
ragioni della propria presenza e per convincerla a sostenerli e ad
abbracciarne la causa, con l’obiettivo di creare un prezioso bacino di
reclutamento. “Agiscono come se fossero in campagna elettorale”, ha spiegato il funzionario di Zinjibar.
Così la presenza dei qaedisti è meno evidente, la gente continua a
fare grosso modo la propria vita e Aqap si radica sempre di più nel
territorio. Dopo la cacciata degli Houthi dalle regioni del Sud, si è
creato un vuoto di potere e gli uomini della potente filiale yemenita di
Al Qaeda ne hanno saputo approfittare, ergendosi a difensori dei
sunniti contro i ribelli sciiti. D’altronde, stando a fonti governative,
hanno stretto un’alleanza di convenienza con gruppi armati locali per
contrastare gli Houthi che avevano conquistato diverse zone dell’Abyan.
Così, mentre un altro round dei colloqui di Ginevra si avvicina e lo
Yemen è ancora devastato dalla guerra che non si è mai fermata, Al Qaeda
potrebbero davvero essere, come pensano diversi analisti, l’unica
vincitrice di questo conflitto.
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