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02/01/2016

Yemen - Al Qaeda presenta un nuovo volto: più demagogia e meno sharia

di Sonia Grieco

Stando alle ultime dichiarazioni del governo in esilio del presidente Abd Rabbuh Mansour Hadi, le forze governative controllerebbero il 70 per cento del territorio yemenita. Se questa affermazione fosse confermata, Hadi e i suoi alleati della coalizione a guida saudita, che da fine marzo è intervenuta militarmente in Yemen, si troverebbero in una posizione di vantaggio quando il 14 gennaio riprenderà in Svizzera il negoziato sponsorizzato dall’Onu.

L’obiettivo è mettere fine alla guerra civile tra le forze governative e i ribelli sciiti Ansarullah, comunemente conosciuti come Houthi, legati all’Iran, che sono arroccati nelle aree settentrionali, e i loro alleati del General People’s Congress, il partito dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh, deposto in seguito alle proteste della cosiddetta primavera yemenita del 2011. Il conflitto ha fatto oltre 5.800 morti e continua a mietere vittime: i combattimenti e i raid della coalizione anti-Houthi proseguono e non si sono fermati neanche quando è stato pattuito un cessate-il-fuoco in concomitanza con i colloqui di metà dicembre, chiusisi con il rinvio a metà gennaio.

Ma se nel 70 per cento citato dal governo riconosciuto e foraggiato dalla cosiddetta comunità internazionale è incluso anche il Sud dello Yemen, i conti non tornano. Le aree meridionali, inclusa la città portuale di Aden, sono state liberate dagli Houthi, ma non sono totalmente sotto il controllo delle truppe filo-governative. Il Sud è terra di Al Qaeda nella Penisola arabica (Aqap) da anni e i qaedisti hanno saputo trarre vantaggio dal conflitto, allargando la propria influenza e arrivando a occupare e governare città strategiche, come Mukalla, affacciata sul golfo di Aden, diventata una base per il traffico di armi e per l’addestramento di miliziani. E persino ad Aden ci sarebbero miliziani di Aqap, secondo quanto riportato dai media.

Il sito Middle East Eye fa notare che i qaedisti sono tornati in città e villaggi da cui erano stati cacciati tre anni fa, dopo che nel 2011 avevano approfittato delle proteste per occupare le città strategiche del Sud: Zinjibar, Jaar e Azzan. Oggi sono presenti nella regione di Hadramawt, la cui capitale è Mukalla, in quella dell’Abyan e nella sua capitale Zinjbar, conquistata da poche settimane assieme a Jaar. Ma a differenza del 2011, fanno notare alcuni residenti, la presenza dei miliziani di Aqap è più “amichevole”. Stanno adottando una strategia diversa: mostrano un volto più tollerante, invece dell’ossessione fanatica per l’applicazione della sharia, e hanno lasciato in piedi, almeno all’apparenza, le amministrazioni locali. Nella regione di Abyan si sono persino cambiati il nome in ‘Figli dell’Abyan’. A quanto pare hanno fatto lo stesso nella regione di Hadramawt: ‘Fratelli di Hadramawt’.

“Non hanno issato le loro bandiere né hanno giustiziato soldati”, ha raccontato a Middle East Eye un funzionario di Zinjibar. “I miliziani hanno permesso ai funzionari governativi di operare in città, le scuole sono aperte e i soldati sono liberi di muoversi per la strade della città”. Anche la conquista di Mukalla non è stata accompagnata da annunci roboanti e l’amministrazione della città è stata lasciata a un consiglio di sessanta membri (capi tribali e anziani), secondo un modello di condivisione del potere che non era mai stato adottato prima. Non significa che le cose funzionino, alcuni lamentano la paralisi dell’amministrazione e la persecuzione di chi si è opposto c’è stata e c’è, ma questo è un approccio abbastanza inedito, volto a creare consenso tra la popolazione con l’arma della persuasione invece che con lapidazioni, esecuzioni, chiusura delle scuole, coprifuoco e quant’altro.  
 
Si tratta di far leva sul consenso della popolazione locale per consolidare la propria presenza, in un momento di caos e, in alcune aree del Sud, di vera e propria anarchia. Gli abitanti parlano di incontri organizzati dai qaedisti per spiegare alla popolazione le ragioni della propria presenza e per convincerla a sostenerli e ad abbracciarne la causa, con l’obiettivo di creare un prezioso bacino di reclutamento. “Agiscono come se fossero in campagna elettorale”, ha spiegato il funzionario di Zinjibar.

Così la presenza dei qaedisti è meno evidente, la gente continua a fare grosso modo la propria vita e Aqap si radica sempre di più nel territorio. Dopo la cacciata degli Houthi dalle regioni del Sud, si è creato un vuoto di potere e gli uomini della potente filiale yemenita di Al Qaeda ne hanno saputo approfittare, ergendosi a difensori dei sunniti contro i ribelli sciiti. D’altronde, stando a fonti governative, hanno stretto un’alleanza di convenienza con gruppi armati locali per contrastare gli Houthi che avevano conquistato diverse zone dell’Abyan.

Così, mentre un altro round dei colloqui di Ginevra si avvicina e lo Yemen è ancora devastato dalla guerra che non si è mai fermata, Al Qaeda potrebbero davvero essere, come pensano diversi analisti, l’unica vincitrice di questo conflitto.

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