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05/04/2016

Se la realtà non obbedisce a Renzi bisogna normalizzare l'Istat

Nel luglio dello scorso anno l'Ue, la Bce e il Fondo Monetario Internazionale riuscirono a far capitolare la Grecia sulla questione del debito, imponendo privatizzazioni e tagli, come sappiamo. Ma una delle condizioni della capitolazione di Tsipras, firmata dal premier greco, fu quella del controllo, da parte delle istituzioni europee, dell'istituto di statistica nazionale. Quest'ultimo punto, qualora il problema sfuggisse, era essenziale per poter procedere agli altri due. La statistica è, etimologicamente, una scienza dello Stato. Questo significa che produce dati ufficiali che non sono solamente di puro orientamento scientifico, o materiale per i media, ma che fanno effetti su politiche, strategie previsioni, orienta le modalità di funzionamento della macchina amministrativa.
 
La statistica produce vere e proprie norme fatte di numeri che, una volta costruite non possono essere ignorate. Un esempio? Lo si capisce dalla scomparsa, nella riorganizzazione dell'Istat voluta da un dirigente in area Madia (quella del primato del privato nelle partecipate), del dipartimento delle statistiche sociali e ambientali. Dipartimento diretto da Linda Sabbadini, che non è, anzi era, una direttrice qualsiasi: innumerevoli sono i riconoscimenti guadagnati dalla Sabbadini sul piano internazionale. Una sorta, per capirsi, di Rita Levi Montalcini della statistica, specie per gli studi sulla condizione della donna. Ma di cosa si occupava il dipartimento diretto dalla Sabbadini? Semplice, di tutto ciò che il governo Renzi intende cancellare dalla realtà. Ad esempio, dei senza casa. Come dire cancello i tuoi diritti con la legge Lupi e poi la tua esistenza facendo sparire la statistica che parla di te. Se poi voglio legittimare degli Isee che escludono quante più persone possibili da rimborsi, sconti e diritti mi serve un istituto nazionale di statistica disattento, o capace di attenuare di molto, la dimensione dell'allarme sociale. Alimentazione, ambiente, condizione femminile, anziani, omosessuali, droghe: tutte le ricerche che spiegano il paese reale trovano, nella riorganizzazione dell'Istat, un processo di insabbiamento fino alla scomparsa grazie alla cancellazione del dipartimento scienze sociali e ambientali (oggi "accorpato" in altro dipartimento per neutralizzarlo). In effetti da quando Renzi ha preso il potere, ovvero è diventato il presidente del consiglio, l'uso della statistica come strumento di propaganda è stato uno dei cavalli di battaglia di Filippo Sensi, ministro della cultura popolare unofficial del governo.

Si tratta quindi di fare un'altra cosa dopo due anni, e dopo che le statistiche, anche quelle fatte piegare all'estremo secondo i desideri comunicativi del governo (vedi il balletto dati Inps-Istat sui nuovi assunti) non aiutano a produrre l'adrenalina della persuasione tanto amata dalla propaganda. Quest'altra cosa è riorganizzare la statistica mettendo in secondo piano i dipartimenti, e le persone, che rilevano una realtà che non riesce ad essere raccontata secondo gli schemi della propaganda. Al momento è in corso una petizione, prima firmataria Dacia Maraini, in favore di Linda Sabbadini che chiede il reintegro suo e del suo dipartimento. Si dimentica troppo spesso quanto una politica della statitisca possa influire, in senso positivo o meno, proprio sull'erogazione dei servizi sociali. Perché, come dicevamo, la statistica costruisce numeri ufficiali che hanno un peso, nell'amministrazione dello stato, simile a quello delle norme. Non a caso si silurano infatti direttori come la Sabbadini, che è famosa internazionalmente per gli studi sulla condizione femminile in Italia, si affossano dipartimenti di studi sociali e ambientali, e si promuovono ricerche sull'omicidio stradale, raddoppiamento della pena inutile sul piano della prevenzione degli incidenti stradali (tra l'altro in calo) ma utile per alimentare qualche canale con un po' di opinione pubblica forcaiola. Questo il contributo alla scienza del governo Renzi – tra uno spot noiosissimo in California ed uno ad Harvard – dopo la riduzione della scuola dell'obbligo a refettorio del sapere con la "riforma" Giannini.

Ci attendiamo ora una serie di statistiche sul lavoro che cresce e sulla ricchezza degli italiani che è a livelli mai toccati. Forse però, più che riorganizzare l'Istat, per questo lavoro bisognerebbe ingaggiare Crozza. Sempre se, tra un sospetto e l'altro per una megatangente alla corrente renziana proveniente dalla Total per l'affare Tempra Rossa, resta del tempo. Attualmente occupatissimo per produrre fiumi di propaganda in grado di distogliere dalla vicenda Total.

redazione, 4 aprile 2016

fonti



 
Nota - A completamento di questo articolo, pubblichiamo alcuni link che ci sono stati prontamente segnalati nei quali si parla della direttrice rimossa, in termini non proprio positivi riguardo al trattamento dei lavoratori. Ovviamente anche noi riteniamo che sia attraverso la regolarizzazione dei lavoratori che un istituto di statistica non finisce sotto il ricatto dei governi basato sugli organici. Ecco i quattro link:


Qui si dà conto dell'interrogazione parlamentare sulle indagini da lei dirette. Lei in persona impose il processo di esternalizzazione di quella indagine, per "innovare" come richiesto dall'allora presidente Giovannini, quello che poi diventerà uno dei saggi di Napolitano e ministro del lavoro con Letta: http://www.ilfoglietto.it/enti/istat/3345-istat-a-indagini-statistiche-il-ministro-madia-risponde-alla-seconda-e-alla-terza-interrogazione-del-m5s-ma-non-alla-prima.html

Qui invece si dà conto del processo di esternalizzazione della rete di rilevazione sulle forze di lavoro, la più importante fra le indagini sociali di tipo campionario: http://sbilanciamoci.info/le-forze-di-lavoro-restano-senza-forze-2593/


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