Bella grana per Renzi questa del caso Guidi,
proprio sotto referendum sulle trivelle e ad un passo dalle
amministrative. Intanto, l’episodio fa capire bene perché il governo ci
tiene tanto a far fallire il referendum… Pour cause. Da un punto di vista penale la situazione non è ancora chiara,
soprattutto per la definizione dell’eventuale reato (corruzione?
Interessi privati? Abuso innominati in atti d’ufficio? Agiottaggio?
Disastro ambientale colposo o doloso?) vedremo, per ora non ne sappiamo
abbastanza. Quello che invece è chiaro è il disastro sul piano
d’immagine.
Che il governo Renzi non fosse
esattamente un fulgido esempio di virtù civiche lo avevamo intuito già
dal primo caso Etruria (gennaio 2015), poi è venuto l’attacco alla
magistratura inquirente che aveva un vago sentore berlusconiano, quindi
il pasticciaccio del salvabanche. Insomma, non è che il caso, in sé, ci
abbia colti impreparati, ma qui le cose vanno oltre, in primo luogo per
la sfacciata evidenza del conflitto di interessi ma soprattutto per i
riflessi più generali contenuti nella frasetta della ministra (orrore
linguistico, ma adattiamoci al linguaggio politicamente corretto) che
tira in causa la Boschi. Non si capisce bene che competenza specifica
avesse la ministra per le riforme istituzionali sul tema in questione,
ma forse il riferimento è alla sua delega all’attuazione del programma.
Comunque stiano le cose, è un fatto che
diverse fra le questioni più scabrose di questo ministero portino a lei
(prima il decreto sulle fondazioni bancarie e la fuga di notizie
connessa, poi il bail in ed il salva banche, ora le trivelle in Lucania)
e fanno suonare sinistramente la frase del Sen. Mineo che parlò della dipendenza di Renzi da una donna
bella e potente. Già: potente. E la Procura potentina ha deciso di
sentire le due ministre che, peraltro, non essendo parlamentari, non
godono dell’immunità prevista dalla Costituzione e devono stare attente a
non incorrere in qualche omissione o reticenza…
Insomma, anche se la Guidi si è doverosamente dimessa, non è detto che le cose finiscano così a tarallucci e vino. Persino Scalfari (che, per difendere il fiorentini, osa fare parallelismi fra Renzi e Giolitti: vecchiaia canaglia!) scrive
che se il padre della Boschi fosse rinviato a giudizio per il caso
Etruria, la posizione di Elena diventerebbe “insostenibile”. Direi…
E che succederebbe se, in piena campagna
elettorale, arrivasse un avviso di garanzia ad uno dei candidati
sindaci del Pd? Qualche ragione per temerlo ci sarebbe. Come si sa, i
magistrati sono persone di grande autorevolezza, grande memoria e poca
propensione a dimenticare le offese subite.
Anche sul fronte dei “poteri forti” si
avverte una certa perplessità verso il governo e la sofferta elezione
del nuovo presidente di Confindustria lo conferma: lo scontro si è in
buona parte giocato sulla questione del metodi di governo di Renzi che
sistematicamente bypassa Sindacati e Confindustria. Al di là della
persona prescelta, resta il fatto che non era mai successo che il
presidente degli industriali fosse eletto con un margine così risicato
con una associazione spaccata esattamente a metà ed anche dal mondo
delle grandi banche si avvertono segni di crescente freddezza.
Decisamente il referendum del 17 aprile prossimo e le amministrative di giugno saranno un test decisivo
per capire quanto sia ancora forte la presa del Presidente del
Consiglio o quanto si sia indebolita. Come avvertì il Principe di Salina
“Noi fummo i gattopardi dopo di noi verranno gli sciacalli e le iene”.
La classe dominante italiana,
sicuramente, conta pochi leopardi e moltissimi sciacalli che non hanno
pietà per i perdenti. Perdere è l’unica colpa imperdonabile e quando
arriva l’ora della sconfitta, una una sola frase: “Chi un sopruso patì,
sel ricordi”.
E di gente che ha motivi per regolare i conti con Renzi ce n’è in abbondanza.
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