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05/04/2016

Caso Guidi: è solo l’inizio del temporale?

Bella grana per Renzi questa del caso Guidi, proprio sotto referendum sulle trivelle e ad un passo dalle amministrative. Intanto, l’episodio fa capire bene perché il governo ci tiene tanto a far fallire il referendum… Pour cause. Da un punto di vista penale la situazione non è ancora chiara, soprattutto per la definizione dell’eventuale reato (corruzione? Interessi privati? Abuso innominati in atti d’ufficio? Agiottaggio? Disastro ambientale colposo o doloso?) vedremo, per ora non ne sappiamo abbastanza. Quello che invece è chiaro è il disastro sul piano d’immagine.

Che il governo Renzi non fosse esattamente un fulgido esempio di virtù civiche lo avevamo intuito già dal primo caso Etruria (gennaio 2015), poi è venuto l’attacco alla magistratura inquirente che aveva un vago sentore berlusconiano, quindi il pasticciaccio del salvabanche. Insomma, non è che il caso, in sé, ci abbia colti impreparati, ma qui le cose vanno oltre, in primo luogo per la sfacciata evidenza del conflitto di interessi ma soprattutto per i riflessi più generali contenuti nella frasetta della ministra (orrore linguistico, ma adattiamoci al linguaggio politicamente corretto) che tira in causa la Boschi. Non si capisce bene che competenza specifica avesse la ministra per le riforme istituzionali sul tema in questione, ma forse il riferimento è alla sua delega all’attuazione del programma.

Comunque stiano le cose, è un fatto che diverse fra le questioni più scabrose di questo ministero portino a lei (prima il decreto sulle fondazioni bancarie e la fuga di notizie connessa, poi il bail in ed il salva banche, ora le trivelle in Lucania) e fanno suonare sinistramente la frase del Sen. Mineo che parlò della dipendenza di Renzi da una donna bella e potente. Già: potente. E la Procura potentina ha deciso di sentire le due ministre che, peraltro, non essendo parlamentari, non godono dell’immunità prevista dalla Costituzione e devono stare attente a non incorrere in qualche omissione o reticenza…

Insomma, anche se la Guidi si è doverosamente dimessa, non è detto che le cose finiscano così a tarallucci e vino. Persino Scalfari (che, per difendere il fiorentini, osa fare parallelismi fra Renzi e Giolitti: vecchiaia canaglia!) scrive che se il padre della Boschi fosse rinviato a giudizio per il caso Etruria, la posizione di Elena diventerebbe “insostenibile”. Direi…

E che succederebbe se, in piena campagna elettorale, arrivasse un avviso di garanzia ad uno dei candidati sindaci del Pd? Qualche ragione per temerlo ci sarebbe. Come si sa, i magistrati sono persone di grande autorevolezza, grande memoria e poca propensione a dimenticare le offese subite.
Anche sul fronte dei “poteri forti” si avverte una certa perplessità verso il governo e la sofferta elezione del nuovo presidente di Confindustria lo conferma: lo scontro si è in buona parte giocato sulla questione del metodi di governo di Renzi che sistematicamente bypassa Sindacati e Confindustria. Al di là della persona prescelta, resta il fatto che non era mai successo che il presidente degli industriali fosse eletto con un margine così risicato con una associazione spaccata esattamente a metà ed anche dal mondo delle grandi banche si avvertono segni di crescente freddezza.

Decisamente il referendum del 17 aprile prossimo e le amministrative di giugno saranno un test decisivo per capire quanto sia ancora forte la presa del Presidente del Consiglio o quanto si sia indebolita. Come avvertì il Principe di Salina “Noi fummo i gattopardi dopo di noi verranno gli sciacalli e le iene”.

La classe dominante italiana, sicuramente, conta pochi leopardi e moltissimi sciacalli che non hanno pietà per i perdenti. Perdere è l’unica colpa imperdonabile e quando arriva l’ora della sconfitta, una una sola frase: “Chi un sopruso patì, sel ricordi”.

E di gente che ha motivi per regolare i conti con Renzi ce n’è in abbondanza.

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