Alcuni avevano in mano ramoscelli di ulivo, altri dei fiori. Li hanno
porti alle forze di sicurezza irachene che non hanno risposto come
speravano: non hanno aperto la strada verso la Zona Verde, obiettivo per
il terzo venerdì delle proteste anti-governative di sadristi e
cittadini, di poveri e ex baathisti, cittadini di Baghdad ma anche di
Najaf e Karbala. “Noi portiamo ulivi, loro ci danno bombe”, il commento
di una donna.
Giovedì il premier al-Abadi aveva provato a sfruttare
l’operazione su Fallujah per frenare i manifestanti: state a casa, aveva
detto, rimandate le proteste a dopo la liberazione della città. Non ha
funzionato: migliaia di persone per la seconda settimana
consecutiva e la terza volta in un mese hanno tentato di abbattere le
barriere di cemento e filo spinato poste dalla polizia a Tahrir Square e
sul ponte che conduce alla Zona Verde, area fortificata di 4 km
quadrati dove si nascondono parlamento, ministeri e ufficio del primo
ministro.
Per fermarli la polizia ha sparato gas lacrimogeni e poi
colpi di avvertimento in aria. Chi aveva le maschere anti-gas faceva la
spola, prendeva i feriti e li portava al sicuro. Anche stavolta
ci sono state persone che come venerdì scorso hanno sofferto per
l’inalazione dei gas, ma nessuna vittima: una settimana fa erano stati 4
i morti in piazza, uccisi da pallottole della polizia.
Gli appelli di al-Abadi non fanno presa sulla gente, furiosa per il
modo di governare un paese alle prese con una forza occupante sul
proprio territorio. Se il premier ha cercato di imporre al
parlamento le riforme che lui stesso aveva proposto, la sua debolezza è
stata surclassata dalle reti parallele di potere e corruzione imbastite
negli anni dai partiti politici.
L’operazione per la ripresa di Fallujah, intanto, prosegue: esercito
governativo, milizie sciite e sunnite, coperti dai raid aerei Usa
avanzano da diverse direzioni. Dentro la città restano bloccati
100mila civili, usati come scudi umani dallo Stato Islamico e con a
disposizione poco cibo e poca acqua. L’esercito ha fatto appello alle
famiglie perché scappino da sud ovest, dove è stato aperto un
corridoio per la fuga. Qualche centinaio di persone, soprattutto donne e
bambini, sono riusciti a lasciare ieri Fallujah: ad accoglierli dei bus
portati dal governo. Ma, secondo l’Onu, sarebbero almeno 50mila i
civili intrappolati nelle zone roccaforti dell’Isis.
Hadi al-Amiri, leader delle potenti milizie Badr, sostenute
dall’Iran, ha detto ieri che la battaglia finale per la città comincerà
“tra pochi giorni, non settimane”. La città, aggiunge, è già
circondata. Ma a protezione dell’occupazione, gli islamisti hanno posto
trincee e campi minati che richiederanno una guerriglia urbana,
pericolosa per chi ancora vi risiede. Le vittime si contano già: solo
nella giornata di lunedì, quando l’operazione è cominciata, le vittime
erano 50, di cui 30 civili.
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