Stavolta i taliban afghani non si son persi in chiacchiere e contrasti e hanno eletto velocemente e unanimemente a leader Mawlawi Haibatullah Akhundzada. L’afferma un annuncio emanato ore fa. Del resto il colpo sferrato dal drone statunitense, che nel fine settimana ha fatto fuori Akhtar Mansour, capo per nemmeno un anno, è duro e rischia di sminuire la forza e la spavalderia con cui i turbanti afghani turbano il desiderio di controllo del territorio di Ashraf Ghani e dei tutor statunitensi. Costoro hanno scelto di eliminare Mansour perché si stava dimostrando un elemento addirittura più risoluto del predecessore. Con quest’ultimo gli americani avevano approntato nel 2009 una certa trattativa, poi fallita, mentre l’epigono non aveva accettato nessuno degli inviti lanciati da ottobre a oggi dagli esecutivi afghano e pakistano. In più aveva incrementato gli assalti nelle maggiori città, evidenziando come dietro alla propaganda dell’amministrazione Ghani e delle missioni proseguite da Washington in quel Paese gli sbandierati 350.000 militari dell’Afghan National Force non reggano né assalti guerriglieri né battaglie. Sull’uccisione di Mansour, di cui fra i rottami dell’auto in cui viaggiava nel Belucistan è stato trovato un passaporto pakistano col nome falso di Wali Mohammad, s’ipotizza l’uso d’informazioni provenienti dai servizi di Islamabad.
Ma il governo Sharif, invece, ha sollevato proteste verso gli Stati Uniti per non essere stato avvertito dell’operazione che ha violato (sic) lo spazio aereo pakistano. Comunque di Mansour occorre parlare con tempo verbale passato. Il presente introduce la realtà del nuovo leader: età inferiore ai cinquanta, etnìa pashtun collocato fra i clan Eshaqzai e Alokozai, più intrigato da questioni religiose che da tattiche militari. Di Haibatullah Akhundzada si dice sia vicino alla Shura di Quetta, dunque agli orientamenti che hanno caratterizzato il mullah Omar. Sull’investitura sembra essere d’accordo anche l’integerrimo Sirajuddin Haqqani che, inizialmente aveva contrastato l’elezione di Mansour, accettandone poi la gestione forse proprio per la conduzione offensiva del movimento. La rete di Haqqani risulta assieme ai Tahreek una delle componenti più oltranziste della famiglia talebana che oggi intralcia ogni genere di colloqui col nemico. Intanto alcuni grossi media (Bbc) riferiscono sull’operazione Mansour. Già negli anni passati il mullah era solito viaggiare, ovviamente con passaporto taroccato, verso Dubai. Sarebbero stati viaggi d’affari politico-finanziari con cui esportava denaro proveniente dai traffici dell’eroina cui, come abbiamo ampiamente visto, non è estranea la leadership governativa di Kabul.
Desta però sospetto la notizia, probabilmente di fonte spionistica, che Mansour in questo periodo avesse intrapreso tragitti in territorio iraniano. Ipotesi non impossibile, ma che secondo certi analisti sarebbe accreditata ad arte per rinfocolare tensione fra Iran e Pakistan, attori-rivali sul panorama del Grande Medio Oriente. C’è poi l’immagine, fatta immediatamente girare su molti social media, del passaporto col nome falso e la foto di Mansour. Un documento rimasto integro a fronte dell’ammasso di rottami bruciacchiati dai quali sono stati estratti due cadaveri condotti all’ospedale di Quetta. Un reporter della Bbc s’è messo sulle sue tracce dell’uomo con quel nome che risulta aver affittato un appartamento a Karaki, i suoi vicini affermano fosse vestito all’afghana e venisse sempre scortato da guardie del corpo armate. Ma non è stato più visto da alcune settimane. Mentre nell’ospedale pakistano a riconoscere gli uomini deceduti sono giunti un parente dell’autista e un sedicente nipote del sedicente Wali Mohammad. Questo nipote si sarebbe fatto consegnare il corpo per seppellirlo, firmando un documento a nome di Mohammad Rafiq. Così ciò che restava delle presunte spoglie di Mansour si sarebbero volatilizzate, e non sarebbero state mostrate a nessun giornalista. Come quelle di bin Laden; morti sì ma gestiti dalle Intelligence che li hanno uccisi.
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