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21/05/2016

Iraq sull'orlo della guerra civile: assaltata la Zona Verde, un morto

Guerriglia urbana a Baghdad: ieri sera la capitale è stata teatro di scontri durissimi tra manifestanti furiosi, per lo più legati al movimento sadrista, e le forze di polizia irachene. Una violenza interna che non si registrava da tempo e che si è conclusa con la dichiarazione del coprifuoco sulla capitale e un morto.

La protesta è stata scatenata dagli ultimi brutali attacchi dello Stato Islamico contro i quartieri sciiti di Baghdad (quasi 300 morti in meno di una settimana), ma era stata già accesa nelle scorse settimane dall’apatia del parlamento nel nominare un nuovo esecutivo tecnico. Ieri l’apice: migliaia di persone, dopo la preghiera del venerdì, hanno cercato di entrare nella Zona Verde, cuore della capitale, fortificato dall’occupazione Usa e chiuso al resto della popolazione perché sede delle ambasciate straniere e delle istituzioni governative.

Così dopo le scene dell’assalto al parlamento di tre settimane fa, ieri è successo lo stesso: la polizia ha tentato di fermare i manifestanti sparando gas lacrimogeni, proiettili di gomma e bombe sonore, per poi ricorrere ai cannoni ad acqua. Secondo fonti locali sarebbero state utilizzate anche pallottole vere: il bilancio dei feriti è incerto, c’è chi parla di 17, chi di 70. Di sicuro c’è una vittima, uccisa negli scontri: le immagini che venivano pubblicate ieri sui social network raccontavano le violenze, sangue a terra, feriti, gas che inondavano le strade.


La forza popolare ha alla fine vinto i cordoni della polizia e i manifestanti sono entrati nella Zona Verde. Stavolta nel mirino non c’era la sede del parlamento, ma l’ufficio del primo ministro al-Abadi, accusato di debolezza e incapacità di portare avanti le riforme anti-corruzione promesse da mesi. Un colpo duro all’immagine di un primo ministro che, pur convinto della necessità di agire, si è sempre fatto bloccare dall’ostruzionismo dei partiti politici tradizionali.

L’arrivo di rinforzi della polizia ha alla fine costretto i manifestanti alla ritirata, mentre il coprifuoco veniva imposto su Baghdad. Nelle ore successive la situazione è tornata alla calma e il coprifuoco è stato sospeso, ma la potenza di una simile azione non si ferma qui. Perché alla base stanno richieste giuste guidate con sapienza da un leader, il religioso sciita Moqtada al-Sadr, che continua ad attirare verso di sé la fiducia sia della comunità sciita che di sunniti ed ex-baathisti stanchi dei settarismi interni e delle loro conseguenze, corruzione e discriminazione politica.

A ciò si aggiunge un elemento in più: la forza popolare è affiancata da uomini armati, migliaia di miliziani delle Brigate della Pace (l’ex Esercito del Mahdi di al-Sadr) già dispiegate nei giorni scorsi a protezione dei quartieri sciiti della capitale dopo i più recenti attacchi. Se le armi si solleveranno, il paese rischia una guerra civile in un periodo di estrema instabilità, con un terzo dell’Iraq occupato dallo Stato Islamico e il resto target di attentati quasi quotidiani.

Nonostante ciò la politica non reagisce. Ciecamente, pur di mantenere in piedi un sistema clientelare ramificato e tentacolare che fa dell’Iraq uno dei paesi più corrotti al mondo, manda la nazione al macello. Preferisce non attuare le riforme, non nominare un nuovo governo, indebolire l’autorità già fragile di al-Abadi in un gioco al massacro sempre più pericoloso.
Al-Sadr è stato chiaro quando ieri sera ha avvertito delle possibili conseguenze se la rivolta popolare verrà bloccata con la violenza: “Nessuno ha il diritto di impedire la protesta. Altrimenti, la rivoluzione assumerà altre forme”. A poco servono quindi le minacce di al-Abadi che, condannando l’assalto di ieri, ha promesso di perseguire i responsabili con arresti e processi.

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