L’ottimismo dell’Onu è disarmante. Nonostante scontri, raid contro i civili,
mercenari in arrivo, negoziati regolarmente sospesi, le Nazioni Unite
ieri hanno parlato di accordo vicino tra il movimento ribelle Houthi e
la coalizione a guida saudita.
La notizia fa da contraltare a quella in arrivo dagli Emirati Arabi
Uniti, tra i paesi in prima linea nella guerra yemenita a sostegno del
presidente Hadi e del suo governo: Abu Dhabi ha firmato un
contratto da 529 milioni di dollari con una compagnia di sicurezza
privata, la Reflex Responses Management, per contractor da inviare in Yemen a
sostegno delle forze aeree saudite. Mercenari che non fanno immaginare
che la guerra sia agli sgoccioli e che si aggiungono a migliaia
di subcontractor che arrivano da tutto il mondo per combattere questa
guerra: africani e arabi sì, ma anche latinoamericani che hanno visto
nel massacro del paese più povero della Penisola Arabica un succulento
business.
La notizia fa il paio con i continui raid che piovono sullo
Yemen, nonostante la tregua: gli scontri proseguono, seppur in tono
minore, ma i massacri sono gli stessi. Tre giorni fa un’intera famiglia è
stata uccisa da un bombardamento della coalizione (si sarebbe
trattato di jet emiratini) nella città di el-Mahala, nella provincia
meridionale di Lahj: 11 persone sono state uccise, tra loro quattro
bambini, quando due missili hanno centrato la loro abitazione. La
giustificazione è la solita: accanto a quella casa si sospettava ci
fosse un edificio abitato da miliziani islamisti. Il bilancio totale è
ancora difficilmente definibile: l’Onu è rimasta ferma a 6.400 vittime,
ma fonti locali alzano i numeri e parlano di almeno 9.400 vittime.
In tale contesto il negoziato in Kuwait appare come uno specchietto per le allodole: seppure
Riyadh sia consapevole della necessità di giungere prima o poi alla
fine di un conflitto che non riesce a vincere, vuole arrivarci con un
movimento Houthi che sia il più debole possibile. Così, accanto al dialogo e allo scambio di prigionieri, prosegue con i raid.
Eppure dopo l’ennesima sospensione, ieri le Nazioni Unite
hanno fatto sapere che le due parti stanno discutendo i dettagli di un
possibile accordo comprensivo: “La situazione sul terreno è
complessa ma dal Kuwait arriva speranza”, ha detto l’inviato Onu per lo
Yemen, Ismail Ould Cheikh Ahmed, che nei giorni scorsi aveva incontrato separamene le due delegazioni per individuare insieme i meccanismi
della consegna delle armi, della ristrutturazione delle istituzioni
statali e del dialogo politico interno. L’inviato Onu ha poi proposto la
creazione di una task force economica che si occupi della ricostruzione
del paese, sia dal punto di vista infrastrutturale che dello sviluppo
economico.
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