L’ultras della Roma e noto neofascista della capitale, Daniele De Santis – alias Gastone – è stato condannato oggi a 26 anni di reclusione per l’omicidio del tifoso del Napoli, il giovane Ciro Esposito, prima della finale di Coppa Italia nel 2014 tra Fiorentina e Napoli. Il 3 maggio di quell’anno il ragazzo venne gravemente ferito nel corso di un vero e proprio agguato da parte di alcuni estremisti di destra romani, e morì dopo un’agonia di 53 giorni.
A carico del condannato i giudici della terza Corte d’Assise hanno previsto anche una provvisionale di 140 mila euro.
La decisione è stata presa dai giudici al termine di una camera di consiglio durata più di 4 ore. Nei confronti di De Santis i pubblici ministeri Eugenio Albamonte e Antonino Di Maio avevano chiesto l’ergastolo. Ma oggi la Corte ha sentenziato che si è trattato di un “omicidio volontario per futili motivi” e non di un “omicidio premeditato” come sostenuto dall’accusa.
Al momento della lettura della sentenza dal pubblico presente nella tribuna in fondo all’aula bunker del carcere di Rebibbia si sono alzate numerose grida e si è sentito distintamente un “devi marcire in galera”. “Questa sentenza deve essere un monito per altri casi che verranno. Questo processo non ci doveva essere e Ciro doveva ancora essere vivo. Non odio De Santis ma penso che la condanna sia congrua” ha commentato a caldo Antonella Leardi, la mamma di Ciro Esposito, che ha presenziato a tutte le udienze del processo e che oggi era accompagnata dal marito, da alcuni parenti e da un consistente gruppi di amici del figlio. “Siamo qui per un dovere verso Ciro. Il suo sogno era andare a vivere in Inghilterra con la fidanzata. Avrebbe compiuto 31 anni se non me lo avessero portato via” ha spiegato ai giornalisti la madre della vittima.
Di tutt’altro tenere, ovviamente, la reazione dell’avvocato difensore di Daniele De Santis. “Non mi aspettavo questa sentenza di condanna a 26 anni di reclusione. Riteniamo che le nostre argomentazioni presentate ai giudici fossero solide, ci sono stati nel processo diversi testimoni che hanno raccontato come De Santis abbia cercato di sottrarsi a un linciaggio. Dal punto di vista giuridico aggiungo che mi aspettavo un proscioglimento per legittima difesa” ha commentato Tommaso Politi.
«Gastone» ha dapprima negato di aver sparato, e poi ha invece sostenuto di aver fatto fuoco per difendersi dagli attacchi dei tifosi napoletani. Durante il processo ha sempre mantenuto un atteggiamento provocatorio e sprezzante nei confronti della corte e dei familiari della vittima, ai quali si è rifiutato di chiedere perdono. «Mi addolora. Lo dico come mamma – ha detto Antonella Leardi – ma anche come cittadina, perché è il sintomo di una violenza che non cerca redenzione».
Secondo la procura – che pure ha riconosciuto al condannato le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, evitando la ben più pesante condanna all’ergastolo – Daniele De Santis, “custode” del locale Ciak Village a poche centinaia di metri dall’Olimpico, il pomeriggio del 3 maggio del 2014 assalì alcuni pullman carichi di supporters napoletani parcheggiati a Tor Di Quinto con bombe carta, fumogeni, pugni sui vetri e minacce, circostanza testimoniata da numerosi presenti. Alla reazione di alcuni dei tifosi aggrediti rispose esplodendo vari colpi di pistola ad altezza d’uomo, due dei quali colpirono Ciro Esposito ad un polmone e alla colonna vertebrale, causandone la morte dopo alcune settimane di ricovero in ospedale.
La difesa ha cercato di accreditare una versione secondo la quale l’estremista di destra, dopo esser rimasto incastrato con un piede nel cancello del suo locale all’interno del quale cercava di rifugiarsi, avrebbe strappato di mano ad uno degli aggressori una pistola che avrebbe usato per ‘difendersi’. Ma l’accusa è riuscita a dimostrare che la Benelli con la matricola abrasa e caricata con proiettili artigianali De Santis la teneva in un borsello che portava a tracolla: l’uomo avrebbe esploso i colpi indossando dei guanti che poi avrebbe gettato a terra tentando la fuga, raggiunto invece da alcuni tifosi napoletani che lo picchiarono.
Non è passata neanche la tesi della difesa secondo cui De Santis non avrebbe realizzato un agguato ai pullman degli ultrà napoletani ma sarebbe stato in realtà l’aggredito, in quanto al momento della “rissa” si trovava davanti alla sua abitazione (contigua al Ciak Village) in compagnia di due prostitute per le quali aveva ordinato dei panini al bar…
Oggi la corte ha condannato anche ad otto mesi di reclusione – sospesi – anche due tifosi del Napoli che erano accusati di rissa aggravata e lesioni.
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