L’Unione francese delle industrie del petrolio (Ufip) ha annunciato alcune ore fa un “netto miglioramento” nel rifornimento di carburante alle stazioni di servizio in Francia anche se il 20% sono ancora parzialmente o totalmente a secco a causa dei blocchi dei lavoratori a raffinerie e depositi. “Dopo una settimana difficile, la mobilitazione di tutti gli attori e il coordinamento con i poteri pubblici hanno consentito un netto miglioramento”, ha rivendicato il presidente dell’Ufip, Francis Duseux, che nei giorni scorsi aveva chiesto e ottenuto dal governo l’invio dei reparti antisommossa a sgomberare alcuni dei picchetti e delle occupazioni che impedivano i rifornimenti. Anche il gigante petrolifero francese Total ha parlato di un “miglioramento significativo”, con 553 (contro le 650 di ieri) stazioni di servizio totalmente o parzialmente a secco su una rete di distribuzione che ne conta in totale 2.200.
Comunque sullo otto raffinerie esistenti in Francia, oggi quattro sono ancora bloccate del tutto, mentre due funzionano a regime ridotto e solo altre due, quelle del gruppo statunitense Exxon/Mobil, lavorano normalmente. Intanto lo sciopero nel settore proseguirà almeno fino a giovedì non solo nelle raffinerie ma anche ai terminal petroliferi del grande porto marittimo di Marsiglia e a quello di Le Havre (nel nord). Una trentina di petroliere sono bloccate da ieri al largo del terminal nel sud della Francia a causa della protesta dei lavoratori contro la contestatissima Loi Travail.
Intanto ieri sera è iniziato in tutto il paese lo sciopero a carattere illimitato della Sncf, la società ferroviaria; i lavoratori dei trasporti (ma quelli aderenti al sindacato conservatore Cfdt si sono sfilati dalla protesta), oltre alla cancellazione della legge El Khomri, pretendono anche una diminuzione dei ritmi e degli orari di lavoro recentemente aumentati dal governo. Fermi almeno al 50% anche i treni ad alta velocità e a lunga percorrenza mentre per ora dovrebbe essere esente dallo sciopero la Ratp, la rete ferroviaria urbana parigina, anche se i sindacati del settore chiedono la riapertura immediata dei negoziati sul salario e comunque hanno indetto uno sciopero contro la versione francese del Jobs Act a partire da giovedì.
Per completare il quadro anche tutti i sindacati dell’aviazione civile hanno convocato uno sciopero del trasporto aereo dal 3 al 5 di giugno. Alla protesta contro la legge sul lavoro si sommano anche quelle dei lavoratori dell’Air France – che hanno deciso ben 6 giorni di blocco – contro il taglio dei loro stipendi deciso dall’azienda. Come se non bastasse la capitale francese rischia di essere sommersa dalla spazzatura visto che da questa mattina è bloccato il più grande inceneritore di rifiuti della città mentre ieri i lavoratori della Cgt avevano bloccato la discarica di Ivry-sur-Seine, la più grossa della regione parigina dell’Ile-de-France.
I vari sindacati e le organizzazioni studentesche che da tre mesi protestano contro la norma che precarizza e rende più flessibile il lavoro, concede prevalenza ai contratti aziendali invece che a quelli nazionali di categoria e rende più facili i licenziamenti si preparano ad una nuova giornata di manifestazioni e blocchi. Cgt, Solidaires, Fsu, Unef, Fidl, Sud, e Unl hanno indetto per il 14 giugno la nona giornata di mobilitazione generale contro il governo, quando i campionati europei di calcio saranno già iniziati. Il rilancio degli scioperi e delle manifestazioni, seguito ieri alla decisione da parte del governo e del presidente socialista di continuare diritti per la loro strada nonostante la forte opposizione sociale, politica e sindacale alla Loi Travail, preoccupa molto l’industria turistica, già colpita dalle cancellazioni seguite agli attentati di Parigi di novembre e ora alle prese con un calo drastico degli arrivi dall’estero.
Ieri Manuel Valls ha assicurato di non avere alcuna intenzione di allungare la lista di quei leader politici che hanno dovuto subire una sconfitta a causa delle proteste sociali. “Se soccombessimo alle proteste e alla Cgt ossessionati dalla scadenza elettorale del 2017 (le elezioni legislative) perderemmo tutto” ha affermato il primo ministro.
Ma il governo teme ora che la propria intransigenza porti a quella “convergenza delle lotte” che in parte finora era mancata a causa delle tensioni tra i settori radicali del movimento denominato ‘Nuit Debout’ e le direzioni dei sindacati maggioritari, accusati di non fare abbastanza contro il governo e di aver tollerato negli ultimi anni troppi attacchi nei confronti delle libertà democratiche e dei diritti dei giovani e dei lavoratori. Del resto per varie settimane, dalla fine di febbraio a tutto marzo, la Cgt e Force Ouvriere hanno chiesto non il ritiro della legge ma una modifica di alcuni punti sulla base di un dialogo con le parti sociali, non convocate invece da un governo accusato di ‘voler fare da solo’.
Adesso che i socialisti hanno ribadito il loro no a modifiche sostanziali del testo legislativo – che pure era stato ventilato nei giorni scorsi da alcuni esponenti dell’esecutivo o del gruppo parlamentare socialista – i sindacati difficilmente potranno smobilitare, compresi quelli – come Force Ouvriere – che più volte hanno lasciato intendere anche negli ultimi giorni di essere pronti ad una mediazione con il governo. Lo spettro è quello della convocazione di uno sciopero generale (veramente generale), che finora anche la Cgt ha procrastinato e che potrebbe trascinare con sé settori sociali consistenti finora non particolarmente attivi nella protesta, oltre che provocare una rimonta significativa della partecipazione di quei settori giovanili protagonisti della prima fase della rivolta e poi passati almeno in parte in secondo piano.
Mentre il primo ministro Manuel Valls ha telefonato personalmente sabato a tutti i leader delle varie sigle sindacali, compreso quello della Cgt, il presidente del Medef (la Confindustria francese) Pierre Gattaz accusava platealmente Philippe Martinez di essere alla testa di un sindacato di “teppisti e terroristi” e di essere responsabile di comportamenti da codice penale. Il capo degli industriali francesi minaccia ora addirittura che, se Valls alla fine cederà ai sindacati e riscriverà l’articolo 2, quello che concede priorità agli accordi aziendali invece che ai contratti di categoria, gli imprenditori chiederanno addirittura il ritiro di una legge a quel punto ‘snaturata’ (dal punto di vista padronale, ovviamente).
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