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27/05/2016

Referendum: Confindustria si schiera per il Si, la Cgil che fa?

La Confindustria, per bocca del suo neo presidente Boccia si è apertamente schierata per il Si alla riforma della Costituzione, in particolare per quel che attiene l’eliminazione del bicameralismo perfetto causa della lentezza decisionale del Parlamento e supporto agli ostruzionismi di minoranza. 

Una presa di posizione perfetta che si allinea pienamente alla filosofia della riforma renziana e ne rende manifesta la natura di classe. Per il padronato, soprattutto in un momento di crisi, serve un centro decisionale perfettamente funzionale alle strategie del sistema economico internazionale e che non abbia l’intralcio della discussione democratica.

Ogni possibile battaglia di opposizione è solo fastidioso ostruzionismo e la centrale del padronato italiano vuole avere un solo interlocutore istituzionale omogeneo ai suoi interessi. E il Parlamento, in questo contesto, non serve più a molto.

Per chi avesse qualche dubbio sul senso del “decisionismo” renziano (decisionismo: non vi ricorda niente questa parola?), direi che le parole di Boccia giungono opportune per dissipare ogni perplessità. Ovviamente schierarsi dalla parte dei padroni è una scelta perfettamente legittima, l’importante è sapere cosa si sta facendo e scegliere consapevolmente.

Detto questo, si pone un problema: ma se questa è la posizione dell’organizzazione padronale, quale è (o dovrebbe essere) la posizione delle organizzazioni dei lavoratori? E, tanto per essere espliciti, cosa pensa la Cgil? Come è noto il maggiore dei sindacati italiani ospita molti funzionari iscritti al Pd, per cui si pone un problema di autonomia sindacale particolarmente stringente nel suo caso.

In questo ultimo quarto di secolo ci sono stati parecchi referendum su questioni come la legge elettorale o disposizioni costituzionali (1991, 1993, 1995, 1999, 2001, 2006) in occasione dei quali la Cgil se l’è cavata con la scelta del “pesce in barile”, invocando il pretesto dell’estraneità del sindacato a questi temi (con quale risultato, sul piano della stessa funzione del sindacato nel sistema, possiamo oggi contemplare). In realtà era solo un modo per evitare diatribe fra le correnti interne o per seguire il partito-guida (Pci prima, poi Pds, Ds e Pd) senza dare troppo nell’occhio, il tutto giustificato da una sorta di ipocrita neutralità del sindacato rispetto alle questioni istituzionali che entrerebbero nel campo delle competizioni interpartitiche.

Ebbene questo comodo alibi è caduto ad opera della dichiarazione di Boccia: se l’organizzazione di categoria degli imprenditori prende posizione sul referendum, non si vede perché non debba farlo l’organizzazione dei lavoratori. Non stiamo parlando del colore delle auto ministeriali o dell’aumento di un punto dell’Iva, ma della qualità della democrazia nel futuro del nostro paese, non è possibile essere neutrali o far finta di nulla.

La Camusso ha avuto toni molto duri con il governo il 1° maggio, ora è il momento di trarre le conclusioni e capire che atti come il jobs act e riforma costituzionale non sono atti slegati ma che appartengono ad una stessa logica.

Maurizio Landini un anno fa ci ha promesso una coalizione sociale di cui, poi, abbiamo sentito parlare assai poco, ma se quel progetto ancora esiste, che coalizione sociale è quella che non si preoccupa degli assetti costituzionali del paese? E lui, che è fra i più qualificati dirigenti della Cgil, di cui si parla come del più papabile alla successione della Camusso, non ritiene di porre la questione alla Cgil sollecitando una pronuncia per il no?

Insomma, direi che sarebbe bene che anche i semplici iscritti alla Cgil inizino a far sentire la loro voce chiedendo una posizione inequivoca del loro sindacato.

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