Un tribunale di Buenos Aires ha inflitto ieri pene comprese tra gli 8 e i 25 anni di reclusione a 15 dei 17 imputati, giudicati colpevoli di aver messo in atto un piano concordato tra le dittature del Sud America per sopprimere gli oppositori. Al momento della lettura della sentenza, durata più di un’ora, l’aula del tribunale era gremita di sopravvissuti alle torture e di familiari delle vittime, molti arrivati anche da altri Paesi latinoamericani. Quando i giudici hanno finito di leggere, il pubblico ha urlato «Presente!».
Si tratta di una sentenza storica. Per la prima volta il verdetto di un tribunale certifica l’esistenza del piano Condor, il progetto criminale messo in atto negli anni settanta nei Paesi del Cono Sur per eliminare fisicamente e con ferocia chiunque si opponesse al fascismo come sistema politico e al neo-liberismo come dogma economico. “Mai prima ci furono condanne così nette e quindi non importa che molti degli imputati siano morti nel frattempo”, afferma alle agenzie di stampa Nora Cortinas, 88 anni, madre de Plaza de Mayo linea fundadora, che dal 30 aprile del ’77 non ha saputo più nulla di suo figlio Carlos Gustavo, inghiottito dal regime militare argentino.
A Buenos Aires, Nora con tanti altri familiari di desaparecidos e associazioni per i diritti umani, ha ascoltato in un’aula silenziosa il lungo elenco dei nomi dei 15 condannati e i reati commessi: gli ex ufficiali Santiago Riveros, Manuel Cordero Piacentini e l’agente della Side Miguel Ángel Furci a 25 anni di prigione, e l’ultimo capo della giunta militare argentina, di origine italiana, Reynaldo Bignone, a 20 anni di carcere. Venticinque anni anche per l’ex colonnello uruguayano Manuel Cordero, responsabile, tra l’altro, della sparizione di Maria Claudia Garcia, nuora incinta del poeta argentino Juan Gelman, che ha cercato instancabilmente sua nipote, strappata al seno della vera madre rapita, torturata e uccisa e cresciuta da un militare e da sua moglie.
“E’ il primo uruguayano condannato per la vicenda di mia mamma, per me è molto significativo”, ha detto a caldo Macarena Gelmans. La sentenza sul Piano Condor è “molto importante per sottolineare che prima del Mercosur economico c’è stato un Mercosur del terrore. La rete repressiva tentava di non lasciare opportunità a quelli che volevano opporsi al terrorismo di Stato”, spiega il ministro plenipotenziario all’ambasciata argentina a Roma, Carlos Cherniak, il quale ritiene che questo verdetto possa costituire un “punto di riferimento per la memoria di quegli anni in tutta la regione, anche in quei Paesi che non hanno potuto fare giustizia”.
Furci, l’unico imputato presente in aula al momento della lettura della sentenza, è stato dichiarato colpevole di 67 sequestri di persona e 62 casi di tortura, per le azioni commesse nella prigione illegale chiamata «Automotores Orletti». Sono stati invece assolti gli ex direttori del liceo militare General Espejo de Mendoza, Carlos Horacio Tragant e Juan Avelino Rodríguez.
La Corte ha proceduto per reati specifici verso persone specifiche che vanno dalla privazione della libertà alle torture ma la novità è che i giudici hanno condannato la maggior parte degli imputati per “associazione illecita nell’ambito del Plan Condor che è consistito materialmente – ha letto il giudice – nel reato di privazione della libertà commesso” da parte di militari che hanno abusato della loro funzione e “reiterato” l’orribile crimine di aver fatto sparire, torturare e uccidere decine e decine di persone tra Argentina, Cile, Uruguay, Paraguay, Bolivia, Brasile, Perù.
Quando il processo è iniziato tre anni fa, nel febbraio 2013, gli accusati erano 25. Solo 17, però, sono rimasti in vita: otto sono deceduti e tra questi il dittatore argentino Jorge Videla (nella foto insieme a Pinochet). L’inchiesta che ha portato al processo è iniziata quando, nel 1992 in Paraguay, furono scoperti quasi per caso gli archivi dettagliati del Piano Condor.
Finora, nonostante i più di 30 anni trascorsi dalla firma del criminale patto, siglato il 28 dicembre del 1975 a Santiago del Cile e trovato appunto in quello che è stato ribattezzato “l’Archivio del Terrore”, nessuna sentenza giudiziaria aveva riconosciuto l’esistenza di questa ‘associazione a delinquere’ formata da tutti i regimi di estrema destra dell’America Latina.
La causa è stata istruita con un lavoro lunghissimo: sono stati ascoltate centinaia di testimonianze di persone appartenenti a tutte le nazionalità dei Paesi coinvolti nel Piano Condor; c’è stato il contributo attivo di associazioni di diritti umani e di organizzazioni internazionali; sono stati esaminati 423 fascicoli della commissione nazionale sulla sparizione di persone; centinaia di documenti delle Forze armate; decine di migliaia di documenti declassificati del Dipartimento di Stato americano, ricorda il Cels (Centro de estudios legales y sociales). D’altronde il Piano Condor fu pensato e attuato grazie al fondamentale sostegno degli Stati Uniti e dei suoi apparati militari e di intelligence, interessati a sostenere regimi fascisti e liberisti in linea con le esigenze politiche e gli interessi economici di Washington.
Le motivazioni della sentenza saranno rese pubbliche il 9 agosto di quest’anno, ha precisato il giudice. “Tra le carte degli archivi del terrore che ho scoperto nel 1992 in Paraguay – racconta il premio Nobel alternativo 2002 e membro dell’associazione dei giuristi americani, Martin Almada, nella prefazione di un libro di Federico Tulli sui “figli rubati” italiani – c’era un documento fondamentale”, datato 25 novembre 1975, e “c’era scritto che si trattava di un’operazione militare organizzata in collaborazione tra le polizie dei sette Paesi del Cono Sur con lo scopo di salvare la civiltà cristiana e occidentale dalla morsa del comunismo”. Un’operazione, ricorda Almada, che si è svolta “sotto l’ala protettrice della Cia statunitense” e che tra “il 1975 e il 1985 portò alla morte per omicidio almeno 100mila persone, l’intera classe pensante dell’America latina”.
La sentenza di ieri in Argentina, sperano in molti, potrebbe avere un effetto domino sul resto del continente dove finora l’impunità per gli aguzzini dei regimi militari degli anni ’70 e ’80 è stata quasi assoluta. In Brasile, ad esempio, dove una legge impedisce ai tribunali di processare i responsabili dei crimini commessi durante la dittatura (1964-1985). Un altro processo contro gli aguzzini del Piano Condor è in corso a Roma, e coinvolge 30 ex militari e civili di Bolivia, Cile, Perù e Uruguay, accusati della sparizione e della morte di 43 oppositori, tra i quali molti di origine italiana.
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