Come al solito cerco di anticipare i criteri per “leggere” i risultati delle prossime amministrative,
con l’avvertenza che si tratta di finte amministrative, sia perché, più
che sui sindaci, si vota sul governo (esattamente come fu 5 anni fa,
quando il declino di Berlusconi fu anticipato proprio dalla sconfitta
alle comunali di Milano, Torino, Cagliari, Genova e Napoli), sia perché
sono la prova generale del Referendum dove quello da tenere d’occhio è
il risultato del Pd, sia perché sono l’ultimo appuntamento elettorale di
qualche importanza prima delle politiche.
Questa volta è piuttosto complicato
fissare le asticelle per capire chi avrà vinto e chi no: elezioni
amministrative su molti comuni totalmente disomogenei, forte presenza di
liste civiche, frammentazione del quadro politico, molteplicità di
sfide ecc.
Il riepilogo generale servirà poco a
capire perché si tratta di un campione assolutamente casuale e quindi
non indicativo di tendenze generali, inoltre la presenza delle civiche
(tipo “per tizio sindaco”) “sporca” il risultato rendendolo poco
leggibile e c’è il comportamento anomalo degli elettori del M5s che
votano quel partito alle politiche ma molto meno alle amministrative.
Quindi, questo dato è quasi inservibile a meno di risultati
stratosferici, ad esempio, se il Pd prende un totale del 40% saremmo di
fronte ad una impennata paragonabile alle europee, ma se prendesse il
20% potrebbe non essere il sintomo di una dèbacle perché dovremmo
considerare il risultato delle civiche di fiancheggiamento.
Neppure il totale delle amministrazioni
conquistate, confermate o perse direbbe granché perché ovviamente la
somma di Roccasgurgola, Piovarolo e Poggiosciancato non equivarrebbero a
Napoli o Torino.
Il test serio è quello delle cinque
città principali, dove conta chi prende il sindaco e, per certi versi,
alcuni confronti fra liste rivali. E la partita vede un dato di partenza
di 4 città al Pd (Torino, Milano, Roma e Bologna) ed una ad una civica
(Napoli con De Magistris), nessuna a M5s o alla destra.
Vediamo il quadro partito per partito:
Pd: le aspettative
dicono Napoli persa a favore di De Magistris, Roma fortemente
compromessa, Torino Pd favorito ma non certo, Milano in bilico e Bologna
quasi sicura per il Pd. Per cui, se il Pd perdesse solo a Roma e
Napoli, conquistando le altre tre città potrebbe parlare di vittoria:
Napoli era persa in partenza, Roma, dopo Mafia Capitale e l’ingloriosa
fine di Marino era virtualmente persa, dunque, il partito avrebbe fatto
l’en plein degli obiettivi possibili. Poi, evidentemente, se
conquistasse in più o Roma o Napoli sarebbe un trionfo. Vice versa, se
accanto alle due, perdesse anche Milano, sarebbe sconfitta piena e se ci
si aggiungesse anche Torino, sarebbe una disfatta.
Come si vede, il limite che demarca la
sconfitta dalla vittoria è Milano, non solo perché trasformerebbe un 2 a
3 in un 3 a 2, ma per l’importanza della città (se il Pd perdesse,
sarebbe all’opposizione nelle principali tre città italiane) e per il
valore simbolico di questa sconfitta: Sala è stato voluto personalmente
da Renzi ed i sondaggi di partenza lo davano vincente al primo turno.
Una sconfitta a Milano sarebbe un segnale di allarme rosso anche per il
referendum ed accenderebbe lotte a coltello nel Pd. A proposito, in quel
caso, sono disposto a mettermi fuori della sede del Pd a distribuire
gratuitamente rasoi e vinca il migliore!
M5s: non è un mistero
per nessuno che il M5s punta con decisione a prendere Roma (sostenuto da
sondaggi favorevolissimi) e, se possibile, Torino, mentre a Milano,
Napoli e Bologna ci si attende un risultato mediocre intorno al 15% per
cui, probabilmente, non accederà ai rispettivi ballottaggi. Pertanto, se
prende Roma, va al ballottaggio a Torino, (pur perdendolo) e mantiene
percentuali accettabili fra il 15 ed il 20% nelle altre città, potrà
parlare di vittoria piena; se poi conquista anche Torino avrebbe
stravinto sulle aspettative, mentre un risultato sotto il 15% nelle
altre città ridimensionerebbe un po’ il successo. Ovviamente, se
perdesse a Roma il risultato sarebbe negativo e servirebbe a poco anche
una inaspettata vittoria a Torino. Tutto si gioca a Roma, però anche i
risultati di lista nelle altre città potranno essere un indicatore.
Destra: affronta la
prova nel peggiore dei modi, divisa quasi dappertutto salvo Milano, ha
un trend elettorale non positivo, in compenso non ha amministrazioni
uscenti da difendere, per cui tutto quello che viene è di più. A Roma,
Torino e Napoli si batte per andare al ballottaggio ma con pochissime
speranze di vincere. Di fatto, l’unico risultato che può raggiungere è
Milano dove sembra che ci sarà un testa a testa. Un successo milanese
potrebbe rivitalizzare l’area, dimostrando che “c’è ancora”. Il vero
confronto sembra essere quello interno, fra Lega e Fdi da una parte e Fi
dall’altra. Per Fi sarebbe un successo straordinario piazzare Marchini
al ballottaggio lasciando a terra la Meloni (e detto, per inciso,
Marchini è quello che potrebbe dare più fastidio alla Raggi, anche se
con pochissime probabilità di prevalere), per il resto vedremo il
confronto fra i voti di lista soprattutto a Milano, anche se è probabile
che, nel rimescolamento generale, le civiche
prendano più voti di Fi e forse della stessa Lega.
Sinistra: nonostante i
pasticci combinati a Roma e Milano, potrebbe superare quota 5%, il che
sarebbe una discreta affermazione, mentre a Torino potrebbe aspirare
anche all’8%, questi sarebbero i numeri del successo, mentre dal 4 % in
giù sarebbe sconfitta. Un successo, magari in coincidenza con una
sconfitta del Pd ridarebbe fiato sia al progetto di Si che alla
battaglia del Referendum.
E adesso stiamo a vedere tenendo d’occhio astensioni e referendum.
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