di Michele Paris
Come primo
presidente degli Stati Uniti in carica a visitare la città di Hiroshima,
in Giappone, Barack Obama ha impartito qualche giorno fa una lezione
pubblica di moralità che stride fortemente con la condotta della sua
amministrazione in questi anni. Inoltre, il presidente americano non si è
prevedibilmente scusato per lo sganciamento della bomba atomica sulla
città il 6 agosto 1945 e tre giorni più tardi su Nagasaki.
Obama
ha così mostrato di continuare a sposare la tradizionale versione
ufficiale del governo americano, cioè che la decisione presa dall’allora
presidente Truman fosse giustificata dalla necessità di accelerare la
fine della Seconda Guerra Mondiale e di evitare centinaia di migliaia se
non milioni di morti in seguito a un’eventuale invasione del Giappone.
In
realtà, il crimine commesso a Hiroshima e Nagasaki fu tutt’altro che
una necessità, come hanno dimostrato numerosi documenti storici, e
servì sostanzialmente a terrorizzare un intero popolo, nonché
soprattutto a mandare un messaggio intimidatorio all’Unione Sovietica.
Già
nel 1963, l’ex presidente ed ex comandante durante la guerra, Dwight
Eisenhower, aveva affermato in un’intervista che nell’estate del 1945 “i
giapponesi erano pronti ad arrendersi” e non era dunque necessario
“colpirli in un modo così orribile”.
Allo stesso modo,
l’ammiraglio William Leahy, capo di Stato Maggiore durante la presidenza
Truman, avrebbe sostenuto che “l’uso di questa arma barbara a Hiroshima
e Nagasaki non fu di nessuna utilità pratica per la nostra guerra
contro il Giappone”. Infatti, i giapponesi erano già sconfitti e pronti
ad arrendersi”, vista “l’efficacia del blocco navale e il successo dei
bombardamenti con armi convenzionali”.
Le mancate scuse di Obama a
oltre settant’anni dalla fine del secondo conflitto mondiale dipendono
d’altra parte anche dal ruolo destabilizzante, e spesso distruttivo, che
gli Stati Uniti continuano a svolgere a livello planetario. Chiedere
perdono per quei fatti implicherebbe anche mettere in discussione le
ragioni del coinvolgimento americano nella guerra contro il
nazi-fascismo, spazzando via la rimanente apparenza di legittimità degli
USA come modello democratico esportabile in ogni angolo del pianeta.
L’inquilino
della Casa Bianca ha così ricordato come il 6 agosto 1945 “la morte
cadde dal cielo e il mondo cambiò”. Senza nominare esplicitamente la
provenienza della distruzione, le responsabilità di quei fatti Obama le
ha attribuite a una sorta di malvagità innata degli esseri umani”. La
Seconda Guerra Mondiale, a suo dire, scaturì quindi “dallo stesso
istinto di dominazione o conquista che causò i conflitti” tra le tribù
più antiche.
Dall’equazione
dell’evento che quasi cancellò le due città giapponesi, secondo
l’interpretazione di Obama, resta fuori perciò il fattore decisivo,
quello dell’imperialismo americano, portatore ancora oggi di morte e
distruzione. Da qui l’impossibilità di chiedere scusa da parte di un
presidente a capo di un governo responsabile di guerre che hanno fatto
complessivamente più vittime delle bombe sul Giappone, dall’Afghanistan
all’Iraq, dalla Libia alla Siria, dallo Yemen alla Somalia.
L’altra
questione toccata inevitabilmente da Obama a Hiroshima è stata quella
della proliferazione di armi nucleari. Sempre in riferimento ai fatti
del 1945 e al possesso da parte degli USA di un arsenale nucleare, il
presidente ha invitato ad avere “il coraggio di fuggire dalla logica
della paura” e di battersi per “un mondo senza [armi atomiche]”. Obama
ha poi parlato di una “responsabilità condivisa” affinché si eviti che
in futuro venga usato un altro ordigno nucleare.
A questa
retorica, come quasi sempre è il caso con Obama, non corrispondono però
in nessun modo le azioni dell’amministrazione Democratica. Con Obama,
infatti, gli sforzi per la riduzione dell’arsenale nucleare USA sono
stati ridimensionati in maniera drastica. Ciò è dovuto in definitiva
all’aumento delle tensioni sul piano internazionale, principalmente tra Stati Uniti e Russia e tra Stati Uniti e Cina, dovuto all’impulso al
militarismo di Washington per far fronte al declino della propria
influenza su scala globale.
Gli USA continuano ad esempio a
riservarsi la facoltà di colpire in maniera “preventiva” con armi
nucleari non solo i paesi nemici che posseggono anch’essi tali armi ma
anche quelli che non ne dispongono.
L’amministrazione Obama,
infine, ha annunciato recentemente un colossale piano di modernizzazione
dell’arsenale nucleare americano. I progetti erano stati descritti da
una lunga esclusiva del New York Times e prevedono lo stanziamento di mille miliardi di dollari nei prossimi trent’anni.
Al
di là delle vuote parole di pace pronunciate da Obama sul luogo di uno
dei più atroci crimini mai commessi dagli Stati Uniti, la realtà dei
fatti indica piuttosto un paese e un governo intento sempre più a
perseguire politiche fatte di militarismo, violenza e nuove guerre con
effetti potenzialmente devastanti.
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