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30/05/2016

Niente scuse, sono Obama

di Michele Paris

Come primo presidente degli Stati Uniti in carica a visitare la città di Hiroshima, in Giappone, Barack Obama ha impartito qualche giorno fa una lezione pubblica di moralità che stride fortemente con la condotta della sua amministrazione in questi anni. Inoltre, il presidente americano non si è prevedibilmente scusato per lo sganciamento della bomba atomica sulla città il 6 agosto 1945 e tre giorni più tardi su Nagasaki.

Obama ha così mostrato di continuare a sposare la tradizionale versione ufficiale del governo americano, cioè che la decisione presa dall’allora presidente Truman fosse giustificata dalla necessità di accelerare la fine della Seconda Guerra Mondiale e di evitare centinaia di migliaia se non milioni di morti in seguito a un’eventuale invasione del Giappone.

In realtà, il crimine commesso a Hiroshima e Nagasaki fu tutt’altro che una necessità, come hanno  dimostrato numerosi documenti storici, e servì sostanzialmente a terrorizzare un intero popolo, nonché soprattutto a mandare un messaggio intimidatorio all’Unione Sovietica.

Già nel 1963, l’ex presidente ed ex comandante durante la guerra, Dwight Eisenhower, aveva affermato in un’intervista che nell’estate del 1945 “i giapponesi erano pronti ad arrendersi” e non era dunque necessario “colpirli in un modo così orribile”.

Allo stesso modo, l’ammiraglio William Leahy, capo di Stato Maggiore durante la presidenza Truman, avrebbe sostenuto che “l’uso di questa arma barbara a Hiroshima e Nagasaki non fu di nessuna utilità pratica per la nostra guerra contro il Giappone”. Infatti, i giapponesi erano già sconfitti e pronti ad arrendersi”, vista “l’efficacia del blocco navale e il successo dei bombardamenti con armi convenzionali”.

Le mancate scuse di Obama a oltre settant’anni dalla fine del secondo conflitto mondiale dipendono d’altra parte anche dal ruolo destabilizzante, e spesso distruttivo, che gli Stati Uniti continuano a svolgere a livello planetario. Chiedere perdono per quei fatti implicherebbe anche mettere in discussione le ragioni del coinvolgimento americano nella guerra contro il nazi-fascismo, spazzando via la rimanente apparenza di legittimità degli USA come modello democratico esportabile in ogni angolo del pianeta.

L’inquilino della Casa Bianca ha così ricordato come il 6 agosto 1945 “la morte cadde dal cielo e il mondo cambiò”. Senza nominare esplicitamente la provenienza della distruzione, le responsabilità di quei fatti Obama le ha attribuite a una sorta di malvagità innata degli esseri umani”. La Seconda Guerra Mondiale, a suo dire, scaturì quindi “dallo stesso istinto di dominazione o conquista che causò i conflitti” tra le tribù più antiche.

Dall’equazione dell’evento che quasi cancellò le due città giapponesi, secondo l’interpretazione di Obama, resta fuori perciò il fattore decisivo, quello dell’imperialismo americano, portatore ancora oggi di morte e distruzione. Da qui l’impossibilità di chiedere scusa da parte di un presidente a capo di un governo responsabile di guerre che hanno fatto complessivamente più vittime delle bombe sul Giappone, dall’Afghanistan all’Iraq, dalla Libia alla Siria, dallo Yemen alla Somalia.

L’altra questione toccata inevitabilmente da Obama a Hiroshima è stata quella della proliferazione di armi nucleari. Sempre in riferimento ai fatti del 1945 e al possesso da parte degli USA di un arsenale nucleare, il presidente ha invitato ad avere “il coraggio di fuggire dalla logica della paura” e di battersi per “un mondo senza [armi atomiche]”. Obama ha poi parlato di una “responsabilità condivisa” affinché si eviti che in futuro venga usato un altro ordigno nucleare.

A questa retorica, come quasi sempre è il caso con Obama, non corrispondono però in nessun modo le azioni dell’amministrazione Democratica. Con Obama, infatti, gli sforzi per la riduzione dell’arsenale nucleare USA sono stati ridimensionati in maniera drastica. Ciò è dovuto in definitiva all’aumento delle tensioni sul piano internazionale, principalmente tra Stati Uniti e Russia e tra Stati Uniti e Cina, dovuto all’impulso al militarismo di Washington per far fronte al declino della propria influenza su scala globale.

Gli USA continuano ad esempio a riservarsi la facoltà di colpire in maniera “preventiva” con armi nucleari non solo i paesi nemici che posseggono anch’essi tali armi ma anche quelli che non ne dispongono.

L’amministrazione Obama, infine, ha annunciato recentemente un colossale piano di modernizzazione dell’arsenale nucleare americano. I progetti erano stati descritti da una lunga esclusiva del New York Times e prevedono lo stanziamento di mille miliardi di dollari nei prossimi trent’anni.

Al di là delle vuote parole di pace pronunciate da Obama sul luogo di uno dei più atroci crimini mai commessi dagli Stati Uniti, la realtà dei fatti indica piuttosto un paese e un governo intento sempre più a perseguire politiche fatte di militarismo, violenza e nuove guerre con effetti potenzialmente devastanti.

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