Che deve fare Renzi se perde il
referendum? Deve andarsene, punto e basta. In primo luogo perché ha
impegnato la sua parola in questo senso e non possiamo permettere che
possa restare Presidente del Consiglio un Pulcinella del genere, poi per
ragioni di ordine costituzionale che ho già spiegato. Per questo non ho per nulla apprezzato la recente uscita di Luigi Di Maio (“non chiederemo le sue dimissioni”). Uscita inopportuna ed anche assai incauta.
Infatti, non ci vuole molto a capire
che, in caso di vittoria del No, partirà una richiesta di dimissioni di
Renzi a furor di popolo e tanto per cominciare, dal popolo 5 stelle e
lui potrebbe trovarsi costretto a rimangiarsi le parole di oggi.
Non sempre la scelta più moderata è
anche la più prudente ed assennata. So che la maggioranza degli
italiani è molto scettica sulla possibilità che Renzi si dimetta se
vincono i No al Referendum. Io sono di parere opposto e non perché
consideri Renzi uomo di parola (figuriamoci!) o sensibile a
considerazioni di ordine costituzionale (rifiguriamoci!) ma per una
banale questione di rapporti di forza: una sconfitta del genere gli
spezzerebbe le gambe, lui potrebbe anche voler restare, ma i rapporti di
forza non glielo consentirebbero.
In primo luogo, il partito entrerebbe in
ebollizione e lui non avrebbe assolutamente la presa di prima. Non mi
riferisco ad una azione della “sinistra” unita (Bersani + Cuperlo +
Speranza) che pensa solo a prendere un 30% di voti congressuali per
trattare sulla rielezione del maggior numero possibile dei suoi
parlamentari. Penso proprio allo sfascio del correntone renziano. Al di
là della ristretta corte fiorentina, il seguito di Renzi ha aggiunto
molte altre componenti del partito: gli ex veltroniani, gli ex
miglioristi, la maggioranza dei margheritini, ex dalemiani, ma,
soprattutto il corpaccione “doroteo” del partito: gli amministratori
locali, gli affaristi a vario titolo, i parlamentari in cerca di
rielezione eccetera. Tutta questa marmellata (per usare una epressione
gentile) era ed è al seguito del giullare nella convinzione che egli
abbia un “tocco magico”, che rende vincente ogni battaglia di cui si
ponga alla testa. Ma se (magari dopo un risultato negativo alle
amministrative) si aggiungesse una dèbacle referendaria che mette a
rischio la vittoria alle politiche, il magnetismo renziano finisce di
colpo e tutti iniziano a cercarsi altre nicchie in cui inserirsi. Il
tutto, poi, sotto congresso ed in vista delle politiche. Conseguenza: la
frantumazione disciplinare dei gruppi parlamentari che renderebbe
debolissimo il governo.
Il secondo effetto sarebbe sugli
alleati, e su Alfano e Casini piuttosto che Verdini che sarebbe
probabilmente il più fedele. Alfano e Casini già stanno scomodi nella
coalizione per via della questione delle unioni civili e della
prescrizione, la sconfitta del referendum (magari proprio per il voto
determinante dei family day) li metterebbe in una posizione
insostenibile, soprattutto in caso di successo della destra a Milano. Ed
il ritiro di questi dalla coalizione sarebbe la fine del governo.
Anche i sindacati sarebbero invogliati a
tornare a premere sul governo con una ondata di conflitti, proprio
nella speranza di trovare un avversario indebolito e salvare la faccia fin qui assai compromessa dai troppi cedimenti.
Ovviamente, un governo così debole non
servirebbe neppure alla Ue ed alla Bce, dove Renzi, già ora, non conta
troppi amici e, per di più in un momento in cui i rischi di crisi
economica si farebbero più pesanti.
Peraltro, tutti quelli che, per una
ragione o per l’altra, hanno avuto motivi di avversione per il
fiorentino (dagli americani alla Confindustria, ai magistrati ecc.)
troverebbero la via libera per la spallata finale.
In politica c’è una regola fondamentale:
assai importante è non perdere. Magari, potrebbero esserci rilievi
morali, ma la politica italiana non mi pare l’ambiente più adatto a
questi scrupoli. Ecco perché sono convinto che non supererebbe la
sconfitta.
Che scenari per il dopo?
Il primo: Renzi cade, lasciando il
posto ad un governo tecnico (quarto non eletto dagli italiani ed in una
situazione di forte delegittimazione del Parlamento) per il quale
occorrerebbe trovare una maggioranza (cosa per niente scontata) e che
comunque sarebbe solida come un budino. In primo luogo perché Renzi
dovrebbe dimettersi anche da segretario del partito e, come abbiamo
detto il Pd entrerebbe in ebollizione rivoltandosi. Anche le forze di
centro (i deputati ex scelta civica approdati al Nazareno, gli ex
casiniani, alfaniani) partirebbero alla ricerca dei salvagente, prima
che la nave affondi del tutto. Quanto durerebbe questa melassa? Ed,
anche in ogni caso, che effetto farebbe una sentenza sfavorevole della
Corte sull’Italicum?
Lo scenario più probabile è il secondo:
votare nel 2017, ma non si sa bene con che legge elettorale, con il Pd
in pieno marasma e con una destra ancora in via di ristrutturazione. Per
la destra potrebbero esserci chances di salvezza, ma per il Pd, appena
sconfitto, privo di una leadership, travolto dagli scandali sarebbe la
disfatta.
Determinante, in questo senso, sarebbe
la pronuncia della Corte Costituzionale, ma immaginiamo che un esito del
genere renderebbe assai meno popolare il sistema maggioritario fra i
parlamentari di Pd, centro e destra. Vuoi vedere che si guadagnano un
po’ di mesi per rifare la legge elettorale?
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