E’ innegabile che nelle Tlc siano in corso vaste operazioni belliche, iniziando dalla fusione tra Wind e 3, che porterà alla costituzione di un gruppo capace di primeggiare per numero di clienti; TIM (Telecom Italia) è passata di mano, entrando nell’orbita della francese Vivendi, la quale è entrato anche nel settore televisivo, grazie alla cessione da parte di Mediaset della piattaforma a pagamento Premium. Nelle infrastrutture, si assiste alla esternalizzazione di segmenti di business ormai ininfluenti dal punto di vista competitivo, come le torri di trasmissione sia nel settore televisivo che nelle comunicazioni mobili, dove sono protagoniste RAI (Raiway), TIM (Inwit) ed Mediaset (EiTower).
Un capitola a parte lo scontro tra TIM ed ENEL OPEN FIBER per la conquista di Metroweb, la società che ha cablato con la banda larga le principali città del Nord Italia. La mossa del neo Ad di Telecom Italia, Flavio Cattaneo, è stata di mettere sul piatto 820 milioni di euro in contanti per Metroweb, mentre la controfferta di Enel è di 806 milioni di euro.
Poiché Metroweb è controllata dalla Cassa depositi e prestiti, un fondo pubblico presieduta da Claudio Costamagna e guidata dall’ad Fabio Gallia, uomini di fiducia del presidente RENZI, quest’ultima diventa di fatto l’ago della bilancia in questo scontro non tanto finanziario ma principalmente politico.
L’aggressività di TIM contro l’ipotesi che ENEL investa in rete magari comprando Metroweb è indicativa del fatto che il progetto viene percepito come una minaccia vitale, calcolato che in questo clima di “guerra” totale, potenzialmente ENEL a pochissimo prezzo aggiuntivo, essendo che deve già passare di casa in casa con i tecnici per sostituire i contatori, porterà una rete più nuova di quella di TIM.
Nondimeno con la creazione di una rete alternativa, magari migliore di quella TIM, diffusa a livello nazionale e sotto il brand (ENEL) di un’azienda che viene percepita come una società ancora “italiana”, ipoteticamente porrebbe in grande crisi il vantaggio competitivo di TIM.
Infatti il principale asset di TIM, quello che la rende “unica” rispetto a tutti gli altri operatori, è appunto la rete; ma se al posto di una rete ce ne sono due e la seconda magari è più “nuova” e magari è persino fatta in ottica di sviluppo del “sistema Italia”, allora il vantaggio competitivo non c’è più oppure è fortemente ridimensionato.
Quindi lo scontro aperto per la conquista di Metroweb, al di là del prezzo da pagare che diventa relativo, è soprattutto per evitare il rischio di una rete concorrente; i benefici strategici superano di gran lunga quelli puramente economici.
In questo quadro, per assurdo si potrebbe verificare, in caso di vittoria di ENEL, la creazione di un semi-monopolio sulla telefonia (TIM/Wind – 3) e un monopolio sulla rete di Internet veloce (ENEL OPEN FIBER).
L’unica certezza è che Telecom (oggi Tim), da 18 anni a questa parte, quando fu privatizzata nell’ormai lontano 1997, è stata teatro delle più grandi battaglie finanziarie europee e le ultime notizie confermano che lo è ancora.
La partita ha tanti giocatori tra i quali il più importante è il governo italiano. Renzi ha messo a disposizione sette miliardi di euro su un totale di dodici, finanziati in gran parte dai fondi europei e ha tirato in ballo anche Enel e la Cassa depositi e prestiti che possiede Metroweb, sull’affare dei prossimi anni in Italia, la costruzione di una rete a banda ultralarga. Ciò rischia di svalutare la rete in rame che rappresenta il principale capitale sulla quale poggia TIM ed è valutata dall’azienda circa 14 miliardi di euro.
Considerato che a Vivendi non interessa l’infrastruttura (anche se non la vuole svendere), ma i servizi e i contenuti. Lo stesso vale per l’altro azionista francese, Xavier Niel. L’obiettivo è la grande convergenza (tra fisso e mobile, tra tv-telefono e computer).
Che cosa diventerà l’ex monopolista telefonico?
Se la nuova rete italiana finisse tutta in mano ai francesi non sarebbe proprio un bel risultato per un’Italia che vuole riconquistare posizioni sullo scacchiere internazionale.
Le TLC, soprattutto nella prospettiva della banda larga, sono destinate ad essere sempre più un infrastruttura centrale del paese, proprio per questo motivo deve tornare ad essere pubblica negli interessi dei cittadini e dei lavoratori.
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