Come è noto, il calendario cinese intitola gli anni a degli animali:
l’Anno del Topo, l’Anno del Bue, l’Anno del Serpente, l’Anno del Drago,
ecc. Il 2011 potrebbe essere intitolato come “Anno del Pollo”, anzi del
pollo da spennare, in questo caso l’Italia. All’inizio del 2011 una
cordata di affari costituita dalla britannica BP, dalla francese Total e
dalla americana Goldman Sachs, con il supporto mediatico di Al Jazeera,
emittente del Qatar, lanciò una campagna per strappare la Libia
all’ENI, riuscendo ad assicurarsi il supporto dell’ONU e della NATO.
Goldman Sachs si era unita a quell’operazione per prevenire gli effetti
giudiziari di una sua frode miliardaria perpetrata ai danni del governo
libico. Nell’ottobre di quell’anno l’operazione venne condotta a
termine, culminando nell’assassinio di Gheddafi; un assassinio spacciato
come un linciaggio spontaneo attraverso un falso video. L’Italia venne
così privata di una delle sue principali sponde affaristiche ed
energetiche.
Alla fine dello stesso anno scoppiò la cosiddetta “emergenza spread”,
l’attacco al debito pubblico italiano, che si risolse in un aumento
vertiginoso dei tassi di interesse da corrispondere agli investitori in
titoli di Stato italiani. L’emergenza comportò l’anno dopo l’istituzione
del Meccanismo Europeo di Stabilità, al quale l’Italia ha dovuto
versare centoventicinque miliardi di euro, in gran parte destinati al
salvataggio di banche tedesche. Tutto ciò perché l’Italia sarebbe stata
in “difficoltà finanziaria”. In effetti è proprio l’entità spropositata
del versamento italiano al MES a far comprendere il carattere puramente
ricattatorio ed estorsivo di quella finta emergenza.
In Italia da tempo è iniziata una rilettura “critica”
di quell’annus horribilis, una rilettura nella quale al Buffone di
Arcore, allora ancora Presidente del Consiglio, è riservata la parte
dell’eroe, della vittima e del profeta. La versione dei fatti ci narra
del Buffone critico ed oppositore dell’intervento militare in Libia,
latore di oscuri presagi sulle conseguenze dell’eliminazione di
Gheddafi. La stessa fiaba, rilanciata l’anno scorso in un libro del
giornalista americano Alan Friedman, ci racconta di un Buffone vittima
di un colpo di Stato ordito da poteri stranieri per sostituirlo con il
lobbista delle banche Mario Monti.
Questa narrazione si basa sull’approssimazione della memoria e sulla
omissione di fatti essenziali. Anzitutto l’aggressione alla Libia fu
iniziata senza l’egida NATO da Francia e Gran Bretagna. Si formò poi uno
schieramento di Paesi, sotto la guida statunitense, con la
significativa assenza della Germania, tiratasi fuori dall’operazione.
Che il Buffone, e soprattutto la Lega Nord, fossero riottosi a
impegnarsi nell’aggressione alla Libia e che il presidente Napolitano,
verso la metà di marzo, fece un colpo di mano (o di Stato?) per indurre
lo stesso Buffone a conformarsi, è cosa nota e accertata. Ma sono i
comportamenti successivi del Buffone a risultare incompatibili con la
versione della sua presunta contrarietà alla guerra.
Il presidente francese Sarkozy era contrario ad una direzione NATO,
volendo fare la parte del leader in tutta l’impresa. Senza un comando
NATO il Buffone avrebbe avuto la base giuridica e, soprattutto, la
confusione sul campo, utile a non avallare l’uso delle basi NATO
italiane da parte della coalizione anti-libica. Le basi, ovviamente,
sarebbero state ugualmente utilizzate dalle forze armate USA, poiché dal
1999, grazie al governo D’Alema, i Carabinieri non avevano più il
controllo, ma comunque quell’uso delle basi non avrebbe coinvolto la
responsabilità diretta del governo italiano.
Cosa fece invece il Buffone di Arcore? Incaricò il ministro degli Esteri Frattini di sollecitare la formazione di un comando NATO
dell’aggressione alla Libia. Gli USA non aspettavano altro, e il
governo italiano presentò quel ridimensionamento di Sarkozy come un
proprio successo. Il vincolare l’Italia al quadro NATO, comportava
invece il legarsi le mani alle regole dell’alleanza, e si sa che le
regole valgono solo per il contraente debole, perciò ci si precludeva
ogni possibilità di tirarsi fuori in un secondo momento. Morale della
favola: si posero le basi giuridiche della concessione delle basi e,
nello stesso tempo, del diretto intervento italiano in Libia, con
centinaia di missioni aeree di smaccata ferocia, entusiasticamente
organizzate dal ministro della Difesa, il sanguinario Ignazio La Russa.
La realtà è che il Buffone non fece nulla per ridimensionare l’impegno
italiano nell’aggressione alla Libia e che cercò, al contrario, di
compiacere in tutti i modi il segretario di Stato USA Hillary Clinton,
nota lobbista di Goldman Sachs. La storia reale ci narra non di un
Buffone vittima, eroe e profeta di sventura, semmai di un Buffone
collaborazionista e non solo nella vicenda libica.
Poche settimane prima di essere cacciato dal governo, il Buffone, ancora
una volta, pose le basi politiche per una colonizzazione ulteriore
dell’Italia da parte delle organizzazioni sovranazionali. Nel libro di
Friedman si ripropone la storia di un Buffone oppositore del Fondo
Monetario Internazionale, il quale avrebbe voluto imporre all’Italia un
prestito di ottanta miliardi di dollari, con tutti i vincoli che ciò
avrebbe comportato per l’economia italiana. Il fatto venne a suo tempo
negato dal direttore del FMI, Christine Lagarde; fu confermato invece
dal primo ministro spagnolo Zapatero. Ma che la proposta della Lagarde,
peraltro mai ufficializzata, fosse solo una manovra tattica, è provato
dal fatto che anche Monti, una volta subentrato al Buffone, non
contrasse alcun debito col FMI.
Strano che un presunto “grande uomo d’affari” come il Buffone fosse così
inesperto di trattative da non rendersi conto del fatto che la proposta
della Lagarde fosse solo un’esca per indurlo a concedere ben altro.
Molto più rilevante è infatti la circostanza che nel novembre del 2011
il Buffone accettò, ed addirittura invocò, il ruolo ufficiale del FMI come “certificatore”
del bilancio dello Stato italiano. Quindi, pur senza accettare alcun
prestito, si certificava ugualmente il declassamento dell’Italia a
colonia del FMI, il principale componente della cosiddetta Troika. Anche
in quella circostanza al Buffone venne riservata la parte del pollo,
sempre che la sua vera motivazione non fosse, come sempre, quella di
compiacere i potenti.
Sia il governo Letta che il governo Renzi hanno successivamente
presentato ministri dell’Economia di provenienza FMI. Ma, se è per
questo anche il primo governo del Buffone, nel 1994, annoverava un
ministro dell’Economia di carriera FMI, Lamberto Dini. Ciò a
“certificare” l’indipendenza del Buffone dai poteri sovranazionali, i
quali lo hanno usato, buttato e riciclato a seconda delle convenienze.
L’anno dopo, regnante Monti, fu il presidente della BCE, Mario Draghi, a
prendere sotto tutela il debito pubblico italiano, facendo cessare
l’emergenza spread ed esautorando definitivamente i governi italiani.
Dall’Anno del Pollo all’Anno del Draghi.
Che senso ha proporci oggi il Buffone di Arcore come eroe, vittima e
profeta? Si tratta chiaramente di un’operazione di guerra psicologica
per avvilire ulteriormente il popolo italiano. Come a dirci: il massimo
di opposizione al colonialismo che potete permettervi è il Buffone.
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