Pare non sia bastato l’accorato discorso pronunciato ieri da Petro
Porošenko in difesa della “civiltà europea” a evitare il “nein” tedesco
alla eliminazione del visto per l’ingresso dei cittadini ucraini nei
paesi della UE. Eppure Petro ce l’aveva messa tutta ieri, nel giorno in
cui a Kiev si celebrava la “giornata dell’Europa”: “l’Europa è
l’idea nazionale e il futuro dell’Ucraina”, aveva detto; “noi
difendiamo l’Europa da barbarie, tirannia, aggressione, militarismo; noi
siamo la linea avanzata di difesa della civiltà europea”, essendo
chiaro a ogni ascoltatore di buon senso che gli attributi peggiori di
ogni nemico della civilizzazione, della libertà, della difesa del
modello di vita occidentale, del pacifico modo di intendere lo
schieramento di missili, uomini, aerei nelle basi di tutto il mondo,
siano ovviamente prerogativa del grande vicino orientale di Kiev. “Sono
convinto”, aveva continuato Petro “che un bel giorno i migliori
cittadini dell’Ucraina prenderanno posto al Parlamento europeo, alla
Commissione europea, nelle istituzioni europee, allorché l’Ucraina
occuperà il proprio degno posto tra i paesi della UE”.
Ma il Ministro degli interni di Berlino, Thomas de Maizière, forse
più sobrio del presidente ucraino e certamente poco incline a
suggestioni romantiche, ha teutonicamente legato la questione ucraina al
complessivo problema dei migranti e ha detto che è necessario attendere
che il Parlamento europeo approvi il meccanismo della sospensione di
emergenza del regime senza visti con i paesi terzi; tale meccanismo
dovrebbe consentire alla UE di annullare il regime dell’ingresso senza
visti in caso di afflusso di migranti dalla Turchia o in altri paesi.
Certo, da fervente cristian-democratico, de Maizière ha legato la
cosa agli interessi tedeschi: per lui, la “linea avanzata della civiltà
europea” può benissimo continuare a difendere l’Europa da aggressioni e
militarismo, seguitando a bombardare il Donbass (come non ha mancato di
fare anche la notte tra sabato e domenica) e a salvaguardare i valori
occidentali da barbarie e tirannia, continuando a mettere in galera e
assassinare comunisti, oppositori e giornalisti scomodi. Allo scopo, il
sito “Mirotvorets” (“Pacificatore”), in passato famoso per aver
pubblicato nomi, indirizzi e dati anagrafici dei piloti russi impegnati
in Siria, a uso e consumo dei terroristi dell’Isis, ha di nuovo ripreso
la propria attività, dopo un’interruzione di qualche giorno dovuta a
“problemi di immagine” di fronte a UE, Osce e, da non credere,
Dipartimento di stato USA, per aver pubblicato i nomi dei giornalisti
occidentali (BBC, CNN, Bloomberg, oltre a RT, Tass, Kommersant, Amnesty
International, ecc.) accreditati presso le Repubbliche popolari del
Donbass: in questo caso, a uso e consumo dei cecchini baltici, polacchi e
turchi al soldo dei vertici militari di Kiev.
D’altronde, messo di fronte alla “pausa di riflessione” tedesca,
Petro può benissimo tornare a reclamizzare, oggi e domani, il ruolo
civilizzatore e antitirannico dell’Ucraina, durante il summit
“Umanitario mondiale” a … Istanbul! A ragione, l’agenzia Novorosinform,
scriveva oggi che, d’ora in avanti, occorrerà decodificare certe
dichiarazioni e certe sigle, in relazione dalla loro provenienza; al
pari dell’impegno di Kiev contro “aggressione e militarismo”, anche
l’incontro turco del 22 e 23 maggio cui partecipa Porošenko, pare
dedicato nientepopodimeno che al “ruolo delle leadership politiche nella
prevenzione e cessazione dei conflitti”. Incredibile, ma vero: il
comune sentire dei presidenti
turco e ucraino a proposito di croci uncinate, sogni di potenza, guerra
civile interna e bombardamenti esterni, terrorismo interno sostenuto
anche col foraggiamento di quello esterno, espansioni territoriali e
marittime, sembrano davvero intonarsi al loro comune ruolo “nella
prevenzione dei conflitti”, in particolar modo nell’area del mar Nero,
ai confini meridionali della Russia. Un’area in cui la collaborazione
tra Ankara e Kiev
è da tempo all’ordine del giorno e che anche ieri il segretario
generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha indicato come quella in cui
l’Alleanza atlantica è chiamata a rinforzare la propria presenza:
“Stiamo studiando, coi nostri alleati della regione che si affaccia sul
mar Nero, cosa possiamo fare ancora di più; so che sono in corso
colloqui tra Romania, Turchia e Bulgaria su come possano partecipare
all’aumento di presenza nel mar Nero”. E Kiev è lì che attende che la si
inviti a quei colloqui.
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