Oops... La crescita è sparita, torna la recessione. Ma come, solo due giorni fa il Fondo Monetario Internazionale aveva benedetto le “riforme” di Renzi prevedendo una crescita per l’anno in corso pari a un (misero, ma gonfiatissimo nei titoli giornalistici) +1,1%…
A quanto pare l’economia non rispetta le previsioni; oppure, cosa ancora più seria, questa economia sta diventando imprevedibile.
I dati dell’Istat, in questo caso, sono “a consuntivo”, ovvero riguardano fenomeni già avvenuti, non “stime” sul prossimo futuro (come quelle del Fmi). E dicono una cosa semplice: a marzo 2016, rispetto al mese precedente, nell’industria si rileva una diminuzione sia per il fatturato (-1,6%), sia per gli ordinativi (-3,3%).
Il fatturato è già alle spalle, così come gli ordinativi. I quali, come dice la parola stessa, sono le commesse certe da mettere in produzione nei prossimi mesi. Se gli ordinativi – ancora più del fatturato – sono in calo, vuole dire che a breve termine le cose andranno peggio.
La contrazione del fatturato – spiega l’Istat – è sintesi della flessione del 2,6% sul mercato interno e di un lieve incremento (+0,1%) su quello estero. Non serve uno scienziato per capire che, con i salari fermi o in arretramento (quelli dei precari, sicuramente) e le pensioni inchiodate i consumi non si possono aumentare neanche a debito (chi te lo fa un prestito se guadagni troppo poco?).
Il calo degli ordinativi, invece, si è verificato sia sul mercato interno (-1,5%), sia su quello estero (-5,8%). Il che vuol dire che la via d’uscita sognata dai mercantilisti alla tedesca (“comprimiamo i salari, aumentiamo le ore di lavoro, così diventiamo più competitivi e guadagnano posizioni nelle esportazioni”) non funziona più. Ammesso che in questo ultimo decennio abbia funzionato per qualcun altro, oltre alla Germania.
E non c’è da nutrire illusioni su qualche particolare settore produttivo. A parte l’energia, infatti, favorita dal perdurante basso prezzo del petrolio e cresciuta del 3,2%, tutti gli altri risultano in calo netto: i beni strumentali, i beni intermedi (-2,5% per entrambi) e i beni di consumo (-0,6%).
Per il fatturato, l’incremento tendenziale più rilevante si registra nella fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (+6,5%, dopo decenni che hanno quasi azzerato il settore), mentre la maggiore diminuzione, limitatamente al comparto manifatturiero, riguarda la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-22,4%).
Se quello di Renzi e Padoan voleva essere un modello “per la ripresa” (traina dalle esportazioni), questi dati segnano la campana a morto. O perlomeno la fine delle chiacchiere e l’ora di preparare le valige.
Il rapporto completo dell’Istat.
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