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29/05/2016

Uragano Madia sui bilanci comunali

Con i nuovi decreti, i Comuni sono braccati e costretti a privatizzare, dovendo giustificare perché non affidano al privato i servizi essenziali.


Tra le ultime settimane del 2015 e le prime del 2016 gli enti locali sono stati investiti dal combinato di nuove norme, derivanti dai decreti attuativi Madia e dalle nuove leggi sul bilancio comunale, che sono destinate ad incidere sulla vita economica dei territori. Dunque, di riflesso, sulla vita sociale. Si tratta quindi di entrare nella logica di questo combinato di norme. Spesso infatti si insiste molto, quando si parla di questi temi, sulla citazione della lettera della legge in sé, invece che sulla logica che la muove. Oppure si prende per buono il marketing delle leggi – che le vuole innovative, eque e socialmente progressiste – o, per analizzarle, si importa acriticamente il linguaggio del mondo delle professioni. Come se un linguaggio tecnico fosse, di per sé, non solo neutro ma anche infallibile. Allo stesso tempo si fa spesso l’errore di pensare una legge come qualcosa in grado di incidere in modo coerente sul piano sul quale legifera, di plasmarlo secondo la propria volontà. Non è così, basta ricordarselo per capire dove portano davvero certe leggi. Analizziamo quindi sinteticamente cosa accade, con il testo unico Madia e le nuove leggi sul bilancio comunale, alle partecipate e alle amministrazioni locali.

Panorama

Con gli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, molte essenziali funzioni pubbliche di servizio e di assistenza sono passate dallo stato centrale agli enti locali regionali e territoriali. Lo sviluppo di un sistema di tassazione locale, nello stesso periodo, è stato funzionale proprio a questo passaggio. Come è naturale in questi casi attorno alla crescita, mai organica o coerente, di queste funzioni, si è sviluppata un’economia (di servizi, di fornitori, di consulenze, di vere e proprie esternalizzazioni, di offerta di prodotti finanziari). Funzionalità e disfunzionalità di questi processi erano regolate da una precisa dinamica: quella di una economia locale governata da fondi pubblici e da quelli privati che gli ruotavano attorno. Servizi comunali, rete di istituzioni locali, aziende partecipate, rappresentavano la struttura politico-amministrativa di questo genere di economia. Il modello è entrato in crisi per due fattori: il primo, all’inizio strisciante poi dirompente, è quello della finanziarizzazione dell’economia. Per cui la guida dell’economia, deve passare dalla finanza pubblica a quella privata. Finanza che si crea un ruolo proprio nel declino degli interventi pubblici. Per cui gli enti locali diventano sempre più un’opportunità di privatizzazione e sempre meno questione di servizi da erogare. Il secondo è dovuto alla crisi del 2008 che impone ancora oggi, a livello continentale, di usare i fondi pubblici per stabilizzare le banche togliendo risorse alle istituzioni. E, nel 2011, direttamente nella lettera dei banchieri centrali al governo italiano, sono proprio gli enti locali ad essere indicati come i soggetti da privatizzare. Non è un caso che esca, in quel periodo, il patto di stabilità come definito dalla legge 118/2011, quello che blocca investimenti e spese dei Comuni. Lo scorso anno il sindaco (Pd) di Lido di Camaiore, dalle colonne del Tirreno indicava il corpo di leggi e norme del patto di stabilità come un qualcosa che impediva la funzione fondamentale assegnata ai Comuni dalla Costituzione: indirizzare lo sviluppo dell’economia locale. Senza risorse, in effetti, impossibile dargli torto.

L’economia di gruppo del pubblico e del privato: la logica delle trasformazioni
I decreti Madia, che riguardano la riforma dell’amministrazione nel suo complesso, e le nuove disposizioni sul bilancio (la legge 125 del 2015 ma anche le disposizioni contenute nella legge di stabilità e nel milleproroghe) non sono materia che va intesa come pura misura contabile. Ma come misure che intervengono su una logica che si è consolidata negli anni: espellere l’intervento pubblico nell’economia locale, anche attraverso l’economia generata dall’erogazione dei servizi, quindi contrarre i bilanci. Generando quello che lo stesso Fmi chiamerebbe moltiplicatore fiscale negativo: ovvero una diminuzione del Pil locale maggiore delle risorse economiche “liberate” dai tagli. Ma a quale tipo di economia guardano i decreti Madia e le nuove norme sul bilancio? All’economia di gruppo del pubblico e del privato. Per l’economia di gruppo, già guardando allo storico testo Economia dei gruppi e bilancio consolidato (Marchi-Zavani, Giappichelli, 1998) si capisce la logica che si vuol favorire: l’implementazione del bilancio consolidato, già sperimentale negli anni scorsi, di una amministrazione comunale come gruppo (Comune più partecipate, per capirsi). In modo da tagliare risorse, personale, investimenti nella sinergia delle componenti di tale gruppo. E più si taglia (innumerevoli sono le storie di tagli negli accorpamenti da economia di gruppo), più si deprime l’economia locale. Favorendo però un altro tipo di economia di gruppo: quella privata. Il testo unico Madia sui servizi pubblici, approvato il 26 febbraio, è infatti meno “privatizzante” della bozza entrata nel Consiglio dei Ministri il 20 gennaio ma introduce un principio molto importante. Quello che vuole che il Comune che intenda affidare servizi in house o ad azienda speciale, debba giustificare il mancato ricorso al privato. In poche parole siamo al rovesciamento, e al peggioramento della già privatizzante logica della sussidiarietà: là dove si voleva che il privato intervenisse dove il pubblico non disponeva di risorse, oggi il pubblico deve dimostrare di fare il privato meglio del privato. Altrimenti il servizio deve essere affidato al privato. E il privato in grado di fornire servizi a prezzi concorrenziali è quello pienamente inserito nell’economia dei gruppi: si pensi alle multiutility. Si capisce quindi cosa avviene promuovendo un’economia dei gruppi sui territori: si deprime doppiamente l’economia territoriale, con il pubblico che fa gruppo per risparmiare, con il privato che entra nell’economia delle partecipate con la logica, tipica dell’economia dei gruppi privati, dell’economia di scala che può permettersi il massimo ribasso.

Nuove leggi sul bilancio nella vita dei Comuni e testo unico Madia

A questo punto diventa comprensibile la logica economica delle nuove regole per il bilancio delle amministrazioni comunali, quello definito dall’ultima legge di stabilità. Non a caso il bilancio 2016-2018 è un bilancio consolidato di gruppo e non della semplice amministrazione comunale. In alcuni Comuni, tra cui Livorno, lo era già, in termini sperimentali, da qualche anno. Ma oggi, a differenza del passato, il bilancio di gruppo non è una fotografia di quello che accade ma un documento che vincola l’intero gruppo al pareggio di bilancio complessivo entro il 2018. Le partecipate quindi devono contribuire all’obiettivo di pareggio di bilancio entro quel periodo. A quel punto possono entrare in gioco le leggi Madia: un Comune “inefficiente”, non in grado di fare meglio del privato dovrà alienare alcuni servizi. E così il cerchio si chiude: le nuove leggi di bilancio forzano, quanto possibile, il pareggio di gruppo, il testo unico favorisce le alienazioni dei servizi “inefficienti”. Per i Comuni gli anni difficili saranno dal 2017 in poi visto che, per quest’anno, è previsto l’allentamento del patto di stabilità. Ma già da quest’anno ci sono difficoltà: ci sono già nel 2016 restrizioni alla spesa corrente (stima Legautonomie Toscana), c’è il minor trasferimento di risorse dello Stato centrale, e il limite del 25 per cento alla reintegrazione degli organici pone difficoltà serie di funzionamento agli uffici in servizi sempre più complessi. Senza contare che l’autonomia impositiva dei Comuni viene azzerata. Per cui diviene impossibile prelevare ai più ricchi per redistribuire con una politica di tassazione locale. In questo modo il bilancio di gruppo dei Comuni deve essere per forza restrittivo, come accade nei magazzini dei bus quando l’economia di “gruppo” significa prendere pezzi da un autobus, cannibalizzarlo e fare funzionare i rimanenti. Mentre il privato che ha l’economia di scala a proprio favore, grazie alla finanziarizzazione dell’economia stessa, può intercettare tutti i servizi che ritiene profittevoli. Mentre il Pil locale si deprime. Visto che la contrazione del pubblico sgonfia l’economia locale, mentre il privato che arriva nutre l’economia privata di scala, non quella territoriale. Madia e bilancio sono quindi strumenti tecnici di queste dinamiche. Il resto è per i retori dell’efficienza, della legalità e della “lotta agli sprechi”. Quella che non ammetterà mai la verità: lo spreco, in queste leggi, siamo noi e i servizi ai quali abbiamo diritto.

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