Ormai mancano due settimane al voto per le amministrative ed il quadro sembra sensibilmente diverso da quello che a gennaio prometteva squillanti vittorie al Pd. Anzi, ad essere precisi, questa storia sembra sempre più quella dei pifferi di montagna, che andarono per suonare e furono suonati. Ma procediamo con ordine.
Ovviamente qui la partita si gioca sulle principali 5 città, delle quali le 4 più grandi d’Italia (Roma, Milano, Napoli, Torino), con l’aggiunta di Bologna. Poi si vota in diverse altre città (come Cagliari) nonché in bel po’ di centri minori, ma, dato che la somma totale sarebbe poco significativa (data la distribuzione del tutto casuale del campione) la gente vedrà solo i risultati più vistosi e li giudicherà come indicativi della tendenza generale.
Pertanto, noi ci occupiamo di queste città. Quattro su cinque sono città che avevano un sindaco espresso da coalizioni con il Pd (Torino, Milano, Roma e Bologna) una sola escludeva il Pd ma a vantaggio di un’altra coalizione di Sinistra (Napoli). A gennaio le aspettative diffuse davano per confermata la candidatura di De Magistris, e per vincente (e con largo margine) le candidature del Pd a Torino, Bologna e, soprattutto Milano. Mentre Roma era data in forte pericolo, ma comunque con un ballottaggio Pd-M5s, mentre del tutto liquidata sembrava la destra, se non nell’improbabile (e poi non verificato caso) di lista comune di tutte le destre a Roma.
La situazione, per ora, sembra confermare più o meno le aspettative per Napoli (dove però non è affatto sicuro che il Pd arrivi al ballottaggio), e tutti i sondaggi (compresi quello più filo-Pd di Repubblica) sono concordi sulla vittoria di De Magistris. Altrettanto dicasi per Bologna, dove alcuni sondaggi (in particolare Repubblica) danno Merola (Pd) ad un soffio dalla vittoria al primo turno ed altri (Messaggero, Corriere) lo danno più distanziato dalla soglia del primo turno, ma comunque vincente al secondo.
Più sfaccettata è la situazione di Torino, dove Fassino (Pd) è in testa ma lontano dalla vittoria al primo turno e dove sembra in ascesa la Appendino del M5s. Quindi ballottaggio Pd-M5s che tutti danno per vinto da Fassino, ma con percentuali variabili, alcune delle quali sono sotto la soglia del margine d’errore.
Le novità riguardano Roma e Milano. A Roma la Raggi è largamente favorita in tutti i sondaggi, mentre non è più scontato che al ballottaggio ci arrivi il Pd, sia perché la Meloni sembra tallonare Giachetti, sia perché ha qualche possibilità di sorpasso sugli altri Marchini che recentemente ha messo a segno un colpo, dicendo che non celebrerà nozze gay, il che significa sottrarre un po’ di voti alla Meloni, quelli che potrebbero bastare a battere anche Giachetti. In sé la cosa non significa molto perché lui stesso ha precisato che non celebrerà le nozze ma nominerà un funzionario del comune o un assessore per sostituirlo. Ma la mossa è ad effetto e lui ha molti rapporti in Curia (la famiglia Marchini ha svolto un ruolo di intermediazione fra Curia papale e Pci sin dal 1945 ed è di casa oltre le mura leonine; lui per qualche tempo è stato l’editore del settimanale di Cl) e la cosa può funzionare, anche se per ora i sondaggi lo danno come ultimo fra i tre sfidanti. Poi è venuta l’uscita su Mussolini, sempre per mettere le mani in tasca alla Meloni. Con Marchini ho avuto l'occasione di parlare per alcune ore e ne ricavai l’impressione di una persona assai disinvolta, simpatica e, come si dice... para, para coso non ricordo. Se per guadagnare tre voti dovesse dichiarare che il miglior otorinolaringoiatra è Dracula, lo farebbe con l’aria più convinta del mondo. I sondaggi avvertono che se c’è uno sfidante pericoloso per la Raggi, al ballottaggio, è Marchini che però ha difficoltà ad arrivare al secondo posto. Quindi sospendiamo il giudizio sul competitore, ma rileviamo come nessun sondaggio dia la Raggi per perdente o Giachetti per vincente. Dunque sin qui, le previsioni medie danno una città alla civica De Magistris (Napoli), una al M5s (Roma) e due al Pd (Torino e Bologna).
Molto più indecisa è la partita milanese, dove a dicembre, Sala sembrava il vincitore indiscutibile, sin dal primo turno, con il 55-60%. Poi le destre sono riuscite a trovare l’unità intorno a un candidato credibile come Parisi, che ha iniziato a lavorare duro sin dal primo giorno ed a risalire nei sondaggi, mentre, parallelamente, le percentuali di Sala sono andate via via calando. La possibilità di vincere al primo turno è ben presto sfumata, poi lo stacco iniziale con Parisi è man mano sceso dai 12 punti iniziali. Unico sondaggio che dà a Sala uno stacco di oltre tre punti (il margine di errore) rispetto a Parisi al primo turno è quello di Repubblica, che dà per vincente Sala al ballottaggio (ed anche al referendum di settembre: un sondaggio che assomiglia stranamente ai sogni di Renzi). Quasi tutti gli altri sondaggi danno stacchi a favore di Sala sia al primo che al secondo turno, ma con margini ridottissimi e tutti inferiori al margine di errore (soprattutto con un 25% di indecisi).
Insomma partita apertissima, e tutt’altro che decisa. Il rinvio dei conti di Expo a dopo le elezioni ha nuociuto e Sala si sta dimostrando un candidato maldestro: litiga con i giovani che lo contestano e perde il controllo, non va agli incontri con tutti gli altri candidati (come è accaduto a Radio Popolare) ed ha uno staff per la campagna che è una vera frana (lo stesso che aveva la Moratti cinque anni fa...).
Insomma, al Pd milanese iniziano ad essere molto nervosi. Fra una manciata di settimane faremo i conti e vedremo quel che resta del passato di Expo.
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